Tra disdette e timori, la disastrosa stagione dei rifugisti di alta montagna

18 Agosto 2022

L’estate 2022 sarà ricordata da molti rifugisti della regione per le numerose e concomitanti problematiche sovrappostesi nell’arco di soli pochi mesi: dalla scarsità idrica che ha costretto molte strutture alla chiusura anticipata ai disagi provocati da rincari di energia elettrica e materie prime, passando per le temperature particolarmente elevate che hanno complicato e talvolta ostacolato le normali condizioni di accesso e fruizione della montagna. Tra i vari gestori delle alte e medie quote, poi, serpeggia il malcontento per la serie di disdette e rimandi di prenotazioni da parte di clienti tanto italiani quanto stranieri intimoriti da episodi e calamità verificatisi in altre regioni montuose e pertanto restii nell’avventurarsi su ghiacciai e pareti giudicati poco sicuri.

L’influenza mediatica

Nonostante i cinque centimetri di neve caduti nella giornata di ieri a Gressoney-La-Trinité, che hanno saputo agevolare le modalità di percorrenza di alcuni dei più complessi tratti alpinistici, gli albergatori del territorio ammettono di non rammentare negli anni passato una caduta verticale così emblematica delle prenotazioni registrate.

“Pur avendo fortunatamente potuto lavorare bene nel mese di luglio, la situazione si è rapidamente fatta drammatica sin dai primi giorni di agosto facendoci constatare un calo del quasi 50% dei soggiorni – commenta Alfredo Favre del rifugio Quintino Sella al Felik, rammaricandosi in modo particolare degli annullamenti addirittura mensili comunicati alla struttura da parte di alcune agenzie preposte all’accoglienza della clientela estera -. Purtroppo, giornali e telegiornali non fanno altro che esagerare condizioni di pericolo che, pur vere, non impediscono le ascese bensì le rendono maggiormente tecniche costringendo molti ad adottare equipaggiamento specifico come i ramponi da ghiaccio e obbligando le nostre guide ad accompagnare un numero inferiore di alpinisti”.

Rifugio Quintino Sella al Felik

Cause concomitanti

Gestore di due diversi rifugi nella Valtournenche, il Teodulo con i suoi circa 3.300 metri e il Guide del Cervino a 3400 metri, Lucio Trucco punta il dito contro l’incidente verificatosi nella zona della Marmolada lo scorso 3 luglio e nel quale hanno perso la vita dieci persone, a seguito del quale persino alcuni gruppi del Club alpino italiano hanno scelto di disdire gli abituali corsi e weekend in montagna.

“Data la peculiare natura del nostro plesso, legato allo sci estivo e alle passeggiate giornaliere su sentieri inconsueti, a infliggerci il colpo di grazia sono stati anche il peggioramento delle condizioni del ghiacciaio e il divieto di praticare a Cervinia proprio l’attività sportiva per noi imprescindibile – lamenta l’uomo, che con rammarico ha dovuto constatare un calo dell’80% del proprio fatturato -. Con la chiusura della stagione oramai alle porte il prossimo 4 di settembre e il vincolo a un’apertura slittata di quasi un mese a causa dell’avvio tardivo delle funivie, posso dire con certezza di aver potuto lavorare bene soltanto tra la settimana e la decina di giorni”.

Rifugio Guide del Cervino
Rifugio Teodulo

 

Le basse quote

La serie di distacchi franosi e decessi occorsa durante l’estate, l’ultimo dei quali ha interessato proprio ieri alcune zone della Marmolada, ha spinto molti dei più tenaci appassionati di escursionismo e alpinismo a optare per altre strutture ubicate più a valle.

“Dopo un mese di agosto con soggiorni tra il 40 e il 50% inferiori rispetto alle medie degli anni passati, davvero non abbiamo idea di come potrà concludersi questa stagione – dichiara Arnoldo Welf, gestore del rifugio Città di Mantova, che a Gressoney-La-Trinité raggiunge i quasi 3.500 metri di altitudine -. Numerosi sono i turisti che, ancorché rinunciare in toto alle proprie vacanze o ai propri fine settimana, preferiscono scendere a quote attorno ai mille metri, ma purtroppo nemmeno i colleghi gestori di strutture site tra i 1600 a 1800 risultano esenti dai danni”.

Rifugio Città di Mantova


Clienti più attenti

Se il problema delle cancellazioni last minute e del timore di crolli e distacchi pare interessare maggiormente i rifugi collocati oltre i 4000 metri di quota andando a intaccare specificatamente il settore alpinistico delle ascensioni, nemmeno il freddo e le precipitazioni dei giorni passati paiono sufficienti a sanare le perdite registrate dalle strutture del trittico di Monte Rosa, Monte Bianco e Gran Paradiso.

“Sarebbe inutile negare che le calamità verificatesi nel corso di questi mesi estivi abbiano di fatto posto un freno al turismo di montagna, riducendo l’accessibilità di molti tracciati e rendendo la percorrenza di specifici tratti molto più difficoltosa e tecnica a causa dell’assenza di innevamento e della presenza invece di ghiaccio duro e crepacci – commenta il presidente del Gruppo gestori rifugi, Andrea Benedetti, negando qualsivoglia tendenza a fare “terrorismo della montagna” -. A salire in rifugio a oggi sono prettamente persone adeguatamente pronte e allenate ad affrontare le condizioni non del tutto ottimali che le attendono, mentre la gente comune e meno preparata preferisce valutare con attenzione la situazione delle vie di accesso e nel caso adottare maggiore precauzione e oculatezza evitando un possibile rischio e puntando invece alla maggiore sicurezza”.

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