Spett.le Redazione Aostasera,
in relazione alla lettera di un Vostro lettore pubblicata ieri, 17 novembre 2022, in cui racconta nel dettaglio le proprie vicende di salute e lamenta disservizi in merito al ricovero ospedaliero, ci sembra opportuno, prima di tutto, ringraziarlo per le parole di apprezzamento e di elogio all’indirizzo del personale del pronto soccorso, personale a cui questa direzione non manca di manifestare la propria riconoscenza, ma che al tempo stesso è prova che l’organizzazione non è poi così deficitaria come può sembrare da quanto esposto nel lungo scritto pubblicato.
Il vostro lettore sottolinea i tempi di attesa in Pronto soccorso. Si tratta di una situazione critica ma purtroppo inevitabile in alcuni momenti, e comune a tutte le strutture analoghe. Si tratta peraltro di tempi ridotti, rispetto ad analoghe strutture extra regionali come gli organi di stampa stanno evidenziando proprio in questi giorni.
Ancora una volta, nostro malgrado, siamo a sottolineare che le criticità a cui stiamo facendo fronte sono certo evidenti ma comuni a tutte le realtà sul territorio nazionale e spesso anche all’estero. Non bisogna dimenticare che tutta la sanità nazionale sta faticosamente uscendo da un periodo lungo e difficile, quello dell’emergenza pandemica.
Tutta la nostra Organizzazione, sta facendo di tutto per garantire il miglior servizio possibile nell’emergenza ma al tempo stesso per lavorare sulle altre prestazioni non urgenti onde riassorbire le liste delle prestazioni accumulate durante le ondate COVID, attraverso l’aumento delle sale operatorie, l’apertura di più ambulatori, il recupero di posti letto nei reparti. Il tutto con le difficoltà di organico conseguenti alla scarsa disponibilità di medici ed infermieri sul mercato del lavoro.
All’impegno di tutto il personale, finalizzato all’obiettivo comune di ridurre i disagi ai pazienti in tutti i reparti ospedalieri e a garantire l’erogazione dei servizi e delle attività, si affianca quindi lo sforzo organizzativo nella ricerca e nell’assunzione di professionisti della sanità, figure di cui è ormai chiara la carenza in tutta Europa.
In questo senso non corrisponde al vero l’affermazione secondo cui viene “bocciato” ai concorsi il 50% dei partecipanti. Il dato è assolutamente privo di alcun fondamento e fornisce un’informazione non corretta.
Nel corso degli ultimi mesi di quest’anno inoltre sono stati banditi più di 23 concorsi (che si aggiungono alle decine dei mesi precedenti) ed altri sono in programma.
Per alcune specialità finalmente c’è stata una buona risposta, per altre continuano le criticità. Questo richiede un ulteriore sforzo da parte di tutti e la volontà di individuare nuovi strumenti per rendere la nostra regione più attrattiva rispetto alle altre, riconoscendo però i meriti laddove vi sono e sono evidenti ed apprezzati e cercando di fare, fra tutti gli interlocutori, sistema.
Auspicando di aver risposto alle domande di maggiore pertinenza, restando a disposizione del vostro lettore per eventuali ulteriori informazioni ed augurandogli una pronta e rapida guarigione, porgiamo cordiali saluti.
La direzione dell’Azienda USL della Valle d’Aosta
Due giorni per un letto in ospedale: “La politica intervenga ora”
Penso sia capitato ad ognuno di noi di vedere nei vari telegiornali le immagini che mostravano l’assurda situazione della sanità pubblica nell’ospedale Cardarelli di Napoli: com’è mai possibile, mi chiedo, che ancora nel 2022 ci possa essere una situazione del genere? Com’è possibile che le persone che chiedono assistenza in ospedale e al Pronto soccorso passino ore, se non giorni, buttati sulle barelle o ancor peggio sulle sedie a rotelle nelle sale d’attesa o lungo i corridoi?
Dentro di me dicevo che era solo un problema circoscritto, di mancata organizzazione, di “cattiva sanità” (come la chiamava il telecronista di turno) e che in fondo io ero fortunato a vivere in Valle D’Aosta, una regione di 125.000 persone e non di oltre 3 milioni di abitanti. L’ospedale di Aosta non è recentissimo, è vero, ultimamente sui giornali avevo letto di difficoltà organizzative e mancanza di personale, ma ero tutto sommato abbastanza tranquillo.
Fortunatamente erano diversi anni che non usufruivo della loro ospitalità, ma poi succede l’inatteso e vengo colpito da una colica dovuta a dei calcoli biliari alla cistifellea. Dopo aver passato un sabato e quasi tutta la domenica con forti dolori decido di recarmi al Pronto soccorso del Parini.
Il mio ingresso in pronto soccorso avviene alle ore 19.45 circa. Al triage, accertato il mio dolore, mi viene messo un braccialetto verde, quindi non urgente.
Inizia la mia attesa e dopo un’ora chiedo gentilmente se è possibile avere un antidolorifico in quanto il dolore stava diventando insopportabile, ma mi viene risposto che essendo ancora in attesa della visita chirurgica non è possibile somministrarmi nulla. Mi risiedo quindi sulla panchina e attendo il mio turno.
Alle ore 22.30 circa vengo chiamato e visitato dalla dottoressa di turno (gentilissima) che richiede il consulto del chirurgo e nel frattempo vengo posizionato su un barella, non sapendo ancora che sarebbe diventata la mia compagna di viaggio. Dopo un prelievo di sangue mi viene somministrato il primo antidolorifico, che, ahimè, non ha alleviato il mio dolore.
Dopo quel primo antidolorifico me ne vengono somministrati altri, ma con scarsi risultati, purtroppo il dolore diminuisce poco. Malgrado l’impegno dei medici e delle infermiere il mio dolore persiste e quindi si decide di rifare gli esami del sangue a distanza di qualche ora, per rivalutare la situazione. Viene anche fissata un’ecografia alle ore 08:00 del giorno successivo visto che in quel momento non era presente il tecnico di laboratorio. Dopo la visita, il chirurgo decide di ricoverarmi e mi comunica che appena possibile verrò trasferito in reparto. Per fortuna viene anche individuato un antidolorifico efficace che però ha affetto solo per qualche ora.
Le ore passano e nel frattempo le sale d’attesa all’interno del PS si riempiono. Vi sono pazienti dappertutto, le barelle vanno presto esaurite e le persone, per la maggior parte anziani, vengono posizionati sulle sedie a rotelle. Vi sono pazienti di chirurgia, di oncologia, di cardiologia, ormai siamo ammassati uno accanto all’altro, a 2 metri da me vi sono due stanze più piccole, dove vengono ricoverati i pazienti Covid in attesa anche loro di essere trasferiti.
In un attimo mi sembra di rivivere quelle immagini dell’ospedale di Napoli trasmesse dai notiziari: il via vai non molla, anzi aumenta e la situazione è sempre più critica.
Le infermiere e i dottori corrono da tutte le parti senza sosta, instancabili, sempre con un sorriso e sempre disponibili, la vera forza per noi in attesa.
Qualcuno viene trasferito, ma siamo ancora in molti, i posti liberi vengono presto occupati da altri pazienti e il caos persiste.
Arriva la mattina, penso che dopo un’intera nottata finalmente verrò trasferito in reparto dopo l’ecografia e tutto si sistemerà. Niente di più sbagliato! Dopo l’ecografia vengo riportato in PS in attesa di trovare un letto nella struttura, non obbligatoriamente in chirurgia, ma in un qualsiasi reparto.
Vengo presto informato della chiusura di 3 reparti (ovvero quasi 100 posti letto inutilizzati) per mancanza di personale. Quindi gli altri reparti sono in difficoltà. Mi informo circa le principali cause della mancanza del personale, parlo con diversi operatori e scopro che quest’anno circa 40 operatori sanitari sono andati a lavorare nella vicina Svizzera, altri invece hanno proprio lasciato il lavoro non solo per questioni economiche, ma anche e soprattutto a causa della cattiva gestione del personale. Le persone che si sono allontanate per svariati motivi dall’ospedale dicono che ora lavorano meglio, lavorano meno, vengono loro accettate le varie richieste di ferie o riposi e non devono “obbligatoriamente” fare 10-12 ore al giorno con un conseguente aumento di stress emotivo.
Mi trovo sempre sdraiato sulla mia amica barella vestito come sono entrato e a digiuno, ma visto il dolore che provo, questo è il problema minore. Aspetto che mi venga comunicato il trasferimento, intanto le ore passano e nessuno dice niente o meglio non sa niente. Il caos in PS è sempre presente, siamo circa 14/15 persone in attesa ancora su barelle o sedia a rotelle.
Arriva il tardo pomeriggio e ci viene comunicato che non vi sono posti letto e che dovremo passare la seconda notte in PS, chi sulla barella chi sulla sedia a rotelle. La mia pazienza, anche a causa del dolore, è quasi esaurita e chiedo di parlare con la direzione sanitaria. Faccio presente la mia situazione e delle altre persone chiedendo la motivazione e soprattutto una soluzione per evitare la seconda notte in PS su una barella. La risposta lapidaria non tarda ad arrivare: non ci sono posti letto, dovete stare in PS.
Faccio presente il disservizio che stiamo subendo non per causa nostra o direttamente del personale sanitario, ma a causa delle incapacità dirigenziali e politiche. Chiedo di trovare una soluzione e per favore di non abbandonarci così. Mi viene detto che malgrado il mio disappunto fosse condiviso, purtroppo la situazione attuale era questa e che non c’erano posti disponibili.
Nel malcontento, la cosa bella è stata vedere tutto il personale del PS adoperarsi per allestire un reparto inesistente: infermieri e personale sanitario vanno nei reparti chiusi e portano via i letti per poterci dare un po’ di sollievo e passare una notte in un letto, anche se pur sempre nel via vai di un PS. A loro posso soltanto esprimere la mia gratitudine, credo anche a nome delle persone che hanno condiviso con me questo momento, siete state meravigliose e la dirigenza e la politica dovrebbero inchinarsi davanti a voi.
Nel pomeriggio di martedì, quindi quasi 48 ore dopo, mi viene comunicato che verrò trasferito in ortopedia in quanto presso la chirurgia non vi sono ancora posti liberi. Finalmente finisce un incubo! Quando arrivo in reparto, io sono quello dei due giorni in ps, ma sono contento, posso finalmente lavarmi e cambiarmi e mettermi tranquillo. Anche qui il personale è impeccabile, gentile sempre col sorriso in volto e disponibile. Mi viene anche comunicata la data dell’intervento, venerdì 28 nel primo pomeriggio.
Poteva andare tutto bene, per quello che ha passato due giorni in PS? No! Nel pomeriggio di venerdì è già tutto pronto per andare in sala, ma mi viene comunicato che l’intervento è stato spostato a giovedì 3 per un’urgenza. Nel frattempo vengo nuovamente spostato di reparto, in chirurgia si è liberato un posto e vengo preso in consegna da loro.
Il giovedì arriva e scendo finalmente in sala operatoria, e malgrado alcune complicanze l’intervento viene svolto con successo grazie all’impegno del Prof. Millo e della sua équipe. Grazie di cuore.
Ora però delle riflessioni sulla sanità valdostana vanno fatte.
Com’è possibile che una regione con 125.000 persone non sia in grado di dare un servizio sanitario adeguato, anche se si dovrebbe pretendere l’eccellenza proprio visti i numeri?
Com’è possibile che il personale scappi per le condizioni di lavoro precarie e con continue pressioni? Com’è possibile accettare un ambiente di lavoro così?
Com’è possibile che la dirigenza e la politica non siano in grado di risolvere i problemi alla radice?
Come si è arrivati a distruggere così il reparto sanitario valdostano, malgrado all’interno vi siano persone eccezionali, qualificate, capaci, che stanno facendo miracoli per portarlo avanti?
Ora da cittadino chiedo che la politica intervenga ORA, perché domani è già troppo tardi.
Chiedo che quello che è successo a me non succeda mai più a nessuno.
Chiedo soluzioni rapide e definitive.
Chiedo di non essere presi per i fondelli con le solite scuse.
Chiedo che vengano fatti concorsi idonei perché se vengono bocciati la metà qualcosa non funziona nel concorso.
Mentre fate l’ennesimo scambio poltrone, chiedo che vengano date delle risposte chiare, non solo a me ma a tutta la popolazione, questo ce lo dovete.
Infine ringrazio tutto il personale sanitario, il Pronto Soccorso, l’Ortopedia e la Chirurgia che mi ospitato e curato con grande professionalità e che fanno dei miracoli vista la situazione in cui si trovano.
Luca Lattanzi
6 risposte
Concordo con il sig. Lattanzi sul fatto che sia sproporzionato il disservizio in rapporto al numero di abitanti. Penso che la politica debba meglio intervenire nel rimuovere le motivazioni che rendono poco attraente lavorare per la sanità valdostana, gli sforzi fatti sino ad ora si sono rivelati inadeguati alla prova dei fatti , occorre fare di più e percorrere altre vie.
Per sapere, è ancora in uso lo sbarramento di francese, che in passato ha allontanato spesso bravi dottori modesti in lingua e viceversa?
Ormai non è più emergenza.
Il Covid è stato l’ottima occasione per far emergere la mala organizzazione della sanità italiana.
Garantire ad infermieri e medici un salario corretto, orari, strumenti e condizioni di lavoro dignitose… l’emergenza COVID è finita, a loro abbiamo chiesto tanto, riconosciuto poco e non possono continuare a lavorare così. Parliamo di quanti operatori sanitari si sono licenziati negli ultimi tempi? Ridiamo valore a queste professioni.
Mi associo per tutto e in tutto per quanto raccontato perché e dico purtroppo che la stessa emergenza l’ho vissuta all’incirca due mesi fa,due giorni al p.s. 5 giorni in medicina e in fine al reparto di competenza che era la cardiologia,reparto molto competente dai medici che infermieristico tranne per il cibo letteralmente non idoneo da portare ha persone ammalate,e penso ha degli animali del canile,che sicuramente non avrebbero accettato
Ho letto purtroppo è tutto vero. I politici e i vari responsabili della Sanità Valdostana dovrebbero vergognarsi ma purtroppo non hanno la faccia per farlo. Pensano alle poltrone e chi se ne frega se qualcuno puo aver bisogno!! Però se siete benestanti il servizio privato è molto efficiente. Della sanità pubblica chi se ne frega questo è quello che in pratica succede mi viene da pensare che questa sia la politica che dovremo digerire. Del resto quei politici sono stati votati da qualcuno solo a fare danni e che forse ha anche qualche interesse che le cose vadano cosi, E poi se proprio andassimo a vedere avete mai visto la RAI accendere i riflettori come in altre regioni si fa ?? Qui la Bataille de reines è molto piu importante e poi perchè fare inchieste sulla sanità Valdostana ?? Alla Rai stanno tutti bene è meglio non scaldarsi tanto nel fare qualche servizio serio su quello che sta succedendo nella Sanità regionale. Una cosa comunque va detta c’è nonostante tutto un grande impegno da parte di tutto il personale Medico e Infermieristico al quale va il mio grande ringraziamento.
Un tempo si pensava che la malasanità fosse prerogativa degli ospedali del sud Italia, e invece…..