Come cittadine italiane e come insegnanti che (nonostante tutto) credono ancora fortemente nei valori della “Res Publica” e della scuola pluralista e democratica, siamo rimaste sconcertate nel leggere la recente notizia di costituzione del “Comitato Insegnanti valdostani per il sì alla riforma costituzionale”.
Ciò che ha destato il nostro interesse non è stata la nascita di un Comitato del Sì, ma il fatto che questo comitato sia rappresentativo degli insegnanti che lavorano attivamente nella scuola pubblica. Forse questi insegnanti hanno dimenticato qual è la reale funzione del docente in una Repubblica Democratica, forse non hanno letto con attenzione le Indicazioni Nazionali per il curricolo della scuola del primo e del secondo ciclo d’istruzione, forse non hanno più partecipato ai corsi di aggiornamento sulla didattica e sull’essere docente nella scuola dell’inclusione, forse hanno mal interpretato gli articoli 33 e 34 della Costituzione, confondendo la libertà di insegnamento con la libertà di indottrinamento.
La scuola pubblica è il caposaldo della società, è il bene comune, ed è il mezzo attraverso cui si formano le giovani menti. La finalità della scuola dell'autonomia (per intenderci quella dei nostri giorni) è far conseguire il successo formativo ad ogni alunno, “con l’originalità del suo percorso individuale e le aperture offerte dalla rete di relazioni che la legano alla famiglia e agli ambiti sociali”. Le Indicazioni Nazionali, inoltre, ricordano al docente che “le strategie educative e didattiche devono sempre tener conto della singolarità e complessità di ogni persona, della sua articolata identità, delle sue aspirazioni, capacità e delle sue fragilità, nelle varie fasi di sviluppo e di formazione”. Quindi il compito è valorizzare l’individuo, accompagnarlo nella crescita di un pensiero libero e indipendente, e non creare un gruppo omogeneo con un unico pensiero.
L’immagine tradizionale dell’insegnante come figura autoritaria che forgiava menti a sua immagine e somiglianza e che utilizzava l’arma della valutazione come strumento per ottenere rispetto e come espressione del suo giudizio è stata soppiantata oramai da decenni.
La nascita di questo Comitato di insegnanti ricorda vecchi, amari, tristi e tragici tempi, in cui la scuola e gli insegnanti erano strumento di un solo uomo al comando, in cui la scuola aveva la funzione di indottrinare, in cui agli insegnanti era ordinato di sposare e diffondere con efficacia le idee di un regime, pena l’esclusione dalla professione. L’istruzione, come diceva Mandela, è l’arma più potente, ma bisogna usarla con coscienza e cautela, perché non diventi un’arma di distruzione di massa. La scuola non è e non deve diventare il luogo di propaganda politica, la scuola deve continuare a essere il luogo in cui vige la libertà di espressione di ogni singolo alunno, in cui i pensieri e le idee si confrontano; la scuola deve educare alla consapevolezza e alla responsabilità, deve educare alla cittadinanza attiva intesa in senso più ampio, deve promuovere la padronanza degli strumenti critici per evitare che la storia e l’educazione alla cittadinanza vengano usate strumentalmente e in modo improprio. Ogni individuo deve formare la sua mente e deve essere libero di pensare autonomamente.
Noi crediamo che questi insegnanti (che stranamente fanno parte tutti di un unico partito) debbano fare un piccolo passo indietro e debbano perciò costituire il neonato Comitato del Sì a loro nome e non a nome di un’intera categoria, che per etica professionale e per amore del proprio lavoro prende le distanze da ogni tipo di imposizione che lede la libertà di pensiero e espressione, diritti inviolabili alla base di uno Stato civile e democratico.
Tania Piras – Docente di Lettere (precaria) della Scuola Secondaria di I grado
Daniela Asaro – Docente di lingua inglese presso ISILT PontSaintMartin