“Sentieri di montagna sempre più pericolosi”. È possibile la convivenza fra mountain bike e chi cammina?

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di una lettrice che spiega: "Negli ultimi anni l'aumento delle mountain bike sui sentieri montani ha portato con sé non solo nuovi appassionati, ma anche rischi crescenti per chi la montagna la vive a piedi".
Mountain bike
I lettori di Aostasera

Gentile redazione,

Negli ultimi anni l’aumento delle mountain bike sui sentieri montani ha portato con sé non solo nuovi appassionati, ma anche rischi crescenti per chi la montagna la vive a piedi. A Courmayeur, come in molte località alpine, numerosi percorsi sono oggi frequentati da ciclisti che, soprattutto in discesa, mantengono velocità sostenute, simili a quelle dei bike park.

Nonostante la presenza di cartelli che invitano alla prudenza, il risultato è spesso un passaggio pericoloso, con pietre che schizzano, freni che fischiano e l’ansia costante per escursionisti e famiglie con bambini.

La mancanza di controllo e di buon senso da parte di alcuni rende questi sentieri insicuri per chi cammina. È legittimo chiedersi: possiamo davvero parlare diconvivenza” quando la velocità e la distrazione mettono a rischio chi nulla ha a che fare con sport estremi?

È giunto il momento di prendere provvedimenti seri: regolamentare con decisione l’uso delle mountain bike, vietando il transito nei percorsi escursionistici non idonei e riservando spazi esclusivi a ciascuna attività. La montagna deve essere accessibile, ma soprattutto sicura.

Cinzia Salamon

103 risposte

  1. Ho letto un articolo dove il capo del soccorso alpino denunciava 83 morti e 5 dispersi in montagna…mhh…bisognerebbe chiedere alla montagna maggior rispetto per l’essere umano!
    Scusate l’ironia.. condivido il rispetto e lo metto in pratica in ogni dove,ma non credo che cartelli o percorsi diversificati possano risolvere il problema,rispetto educazione tolleranza condivisione dovrebbero essere alla base di una crescita umana, stiamo cadendo in un degrado comportamentale e non solo su questo argomento,vedo cartelli “ridicoli” per non dire vergognosi ovunque! Basterebbe usare un pò più la testa e il mondo sarebbe migliore per tutti

    1. Il vero problema è la mancanza di controlli e sanzioni. Su zone miste accessibili a pedoni e ciclisti i ciclisti devono andare per legge a passo d’uomo, o adeguare l’andatura ad una velocità che possa essere sicura e non d’intralcio per i pedoni.
      Servono quindi controlli della forestale con sanzioni sicure. Questo è l’unico metodo per non arrivare all’arancia totale che abbiamo ora.

  2. Amanti della montagna, ma ogni volta che una ruota dentata si blocca in frenata si mangia un pochino di sentiero, rendendolo più imperio e irregolare per una persona a piedi e un canale devastante per la pioggia. A chi cammina viene detto di non camminare fuori dalle tracce esistenti proprio per evitare quei canali, mentre chi usa le biciclette manco ci pensa… Se amasse veramente la montagna….

  3. Come vedete di grandi imbecilli c’è ne sono anche senza mtb…
    “Il danneggiamento per un sentiero sbagliato -Dolomiti al centro dell’estate italiana, non solo per via degli influencer, dei tornelli a pagamento e dell’overtourism dei cosiddetti escursionisti della domenica, ma anche per la “gente senza pazienza”. Questa la definizione usata per denunciare il danneggiamento del Rifugio Franco Cavazza al Pisciadù sul Gruppo del Sella, dal suo storico gestore, Renato Costa, prima su Facebook con tanto di foto e poi a Il Corriere della Sera. “Questo signore, – è lo sfogo via social di Costa, – dopo avergli spiegato quale sentiero prendere per scendere, come sembra ha sbagliato, così per ringraziarci è tornato al rifugio, fuori di sé, e oltre a danneggiare la porta, ci ha anche insultato. Una vergogna. I visitatori non hanno più pazienza”.
    Come ricostruisce Il Corriere della Sera, tutto è successo in pochi minuti. Protagonisti della vicenda la coppia di turisti irlandesi che aveva trascorso la notte proprio in rifugio e che al mattino, su consiglio dello staff, si era incamminata verso valle lungo il sentiero ben segnalato.
    Ma per la nebbia hanno imboccato un altro percorso, più impegnativo. Tornati indietro stanchi e frustrati, l’uomo ha completamente perso il controllo, distruggendo l’ingresso del rifugio e aggredendo un cameriere. “Non ci volevo credere, non è mai successo in 45 anni – ha riferito Costa a Il Corriere. – Quell’uomo era fuori di sé: la coppia ha sbagliato sentiero e se l’è presa con il povero cameriere. E meno male che non era da solo, perché rischiava grosso”.
    Con l’amara conclusione: “Le persone quest’anno non hanno pazienza. Forse non sanno dove vanno: vedono le foto sui social e pensano che sia tutto facilmente accessibile. Ma qui siamo in montagna. Non si arriva in macchina, si sale a piedi”.

  4. fine ottobre dell’anno scorso, stavo andando in bicicletta in paese dal fornaio, mentre costeggiavo la strada un imbecille parcheggiato a filo della riga bianca apre la portiera di colpo, naturalmente senza guardare nello specchietto di sinistra e mi centra in pieno il manubrio sulla mano destra. Risultato: 4 costole rotte e lesione al ginocchio sinistro. Purtroppo gli idioti ci sono in qualsiasi categoria che siano camionisti, automobilisti, motociclisti, ciclisti e pedoni ….. come quelli che camminano sui sentieri che tengono il cane con il guinzaglio estensibile di 3 metri ….. peccato che il cane cammini sul lato sinistro del sentìero e loro su quello destro con il bel risultato di tirare un cavo pericolosissimo di traverso su tutto il sentiero.

  5. Come al solito i ciclisti sono additati come il male del mondo, in strada come in montagna. Questa intolleranza è un problema culturale tutto italiano. Vorrei aver notizia di uno, un solo incidente avvenuto ai danni di un escursionista da parte di un ciclista. Di cosa stiamo parlando? Il problema è la maleducazione, diffusa e trasversale, e allora perché a pagare deve essere una sola categoria? Con i caldeggiati percorsi riservati si va a ledere soltanto quei pochi che ancora praticano sui sentieri alpini la vera mountain bike, fatta di passione, fatica, amore per la montagna e rispetto reciproco, uccidendo definitivamente uno sport già in via di estinzione. Perché non puntare su educazione, informazione e, al limite, regolamentazione (non certo divieto) delle e-bike, che rappresentano il 95% del volume?

    1. Il problema non é solo in montagna dove non si riesce più a camminare sereni, anche per strada sfrecciano senza rispettare le regole, strisce pedonali e marciapiedi. Al lido di Venezia d’estate sembra di essere al tour de France.Gli incidenti purtroppo ci sono, solo che finché non scappa il morto non si interviene. Le regole e le sanzioni servono proprio per contenere la maleducazione, con le automobili é cosi, non ci si affida solo al buonsenso. Poi se uno si sente chiamato in causa é evidente che ha i suoi perché .

    2. Nessuno sta “additando i ciclisti come il male del mondo”. Anzi, molti di noi amano la bicicletta e la montagna, e conoscono bene la passione e il rispetto che animano tanti biker. Ma proprio perché amiamo questi luoghi, dobbiamo anche riconoscere quando la condivisione dei sentieri in condizioni critiche diventa pericolosa per l’incolumità delle persone.
      Non si tratta di intolleranza, né di guerra tra categorie. Si tratta di realismo e responsabilità. In alcune discese strette, con fondo tecnico e forte dislivello, l’incontro tra un biker in discesa (magari su e-bike, quindi più pesante e veloce) e un escursionista può avere conseguenze gravi. Non servono 100 incidenti per preoccuparsi. Basta uno. E se si può prevenire, perché non farlo?

      Chi pratica davvero la mountain bike con rispetto non dovrebbe sentirsi colpito. Al contrario: separare alcuni tratti o regolamentare meglio servirebbe proprio a valorizzare lo sport e a difenderlo da chi lo pratica senza criterio. Non stiamo parlando di divieti totali, ma di soluzioni intelligenti per evitare conflitti e proteggere tutti.

    3. Se si solleva un problema di sicurezza e di corretta condivisione di spazi all’aperto non c’è motivo di gridare subito “intolleranza”.
      Salve code di paglia di chi intollerante per motivi suoi lo è, evidente con provocazioni del tipo “vorrei vedere se …..”
      Di cosa stiamo parlando?
      Stiamo parlando della maleducazione del Signor Ottino, che forse è più prepotenza che maleducazione.

  6. Condivido pienamente. I ciclisti ( anche se vogliono farsi chiamare ” rider” ciclisti restano) che vogliono scendere veloci (fare discesa libera cioé “downhill” secondo gli anglofoni) devono andare nei parchi di bici di cui la Vallée è zeppa (Pila, La Thuile eccetera) e non distruggere i sentieri come hanno fatto con quello che scendeva Becca France! Vietare indiscriminatamente l’uso dei sentieri a tutti i ciclisti mi sembra fascista e comunista!

  7. A proprio parere basterebbe proibire la pratica del downhill. Purtroppo questo sport viene sempre più praticato sui sentieri rendendo doli pericolosi anche per chi fa escursionismo con la mtb oltre che a rovinare i sentieri stessi.. l’ ascursionismo in mtb (che pratico sia con bici muscolare che con e mtb) sono un’altra cosa. Sono rispetto per la natura e un modo come un’altro per godersela. Per il downhill ci sono i parchi attrezzati.

  8. Buongiorno, premetto che sono un appassionato di trekking ma anche di mtb all-mountain (quella che percorre i sentieri di alta quota). A mio avviso il vero fattore differenziale, che vedo anche in altri ambiti (overtourism,ad es.spiagge a numero chiuso) é quello della massa critica. Oggi molta più gente va in giro rispetto al passato. Per quanto riguarda la mtb, vedo 2 aspetti: 1- se prima 1 solo ciclista su 10 raggiungeva sentieri di alta montagna, ora 8 ciclisti su 10 ci arrivano con le moderne e-bike. 2- gli sport estremi, per passione o emulazione, sono molto più diffusi. Ritengo pertanto che, per tornare ad un equilibrio più sano, basterebbe vietare alle e-mtb i sentieri più affollati di pedoni, e vedreste che l’80% dei ciclisti sparirebbe. Occorre anche fare un distinguo, i veri mtbiker pericolosi sono quelli saliti non per conquistare la vetta ma quelli con casco integrale e protezioni da guerra, che salgono non per il piacere di stare in montagna, ma per divertirsi in discesa! Inoltre si potrebbero normare regole chiare: obbligo di fermata o transito a passo d’uomo in caso di incrocio con pedoni, o in caso di curve senza visibilità, imporre un limite di velocità basso in discesa (10-15kmh?). Torniamo alle origini e tutto andrà meglio….

    1. bah, credo che un cretino, lo sia su una muscolare, che su una emtb, quindi cosa cambia se tu ci vai con una muscolare???

    2. Beh, cominciamo ad obbligare la presenza, e l’utilizzo, sulle tutte le biciclette del campanello. Già questo eviterebbe buona parte degli investimenti!!!

    3. Questa è esattamente la soluzione a cui sono arrivati gli Stati Uniti per limitare il problema: vietare le bici elettriche sui sentieri più frequentati.

  9. Regolamentare? Come ha detto anche qualcuno, e come? Vietando alcuni sentieri ai biker? Ma poi per contro altri dovrebbero essere vietati anche al trekking per riservarli alle bici. Ma vediamo a cosa serve questo nelle piste ciclabili, dove i pedoni NON dovrebbero circolare ed invece … Limiti di velocità? Mettiamo i bikevelox (sempre se esistono). Facciamo bene a parlarne, ma la vedo dura

    1. Solo per chiarezza — e per chi pensa sia solo un’esagerazione:
      Le autorità competenti confermano che un sentiero ripido e condiviso tra bikers in discesa veloce e pedoni è incompatibile con la sicurezza delle persone. In caso di incidente, la responsabilità ricade sul ciclista.
      Il problema? Chi scende a tutta velocità è spesso irriconoscibile: casco, occhiali, abbigliamento tecnico. Se qualcuno viene investito, difficilmente potrà identificare il responsabile.
      E in quel caso, ci si ritrova a subire il danno senza alcuna possibilità di tutela, sperando che non si tratti di qualcosa di grave.

  10. Mamma mia quanto stufate non va bene niente la bici la macchina la moto che
    Guardate come lasciate i sentieri che bivaccate e lasciate solo del rudo
    A me va bene tutto e tutti ma abbiate rispetto di ogni cosa e non vivete solo di rabbia
    Leggo tra le righe che qualcuno …ci litiga ? Litigate ??? Nei boschi ???
    Ma fatevi una camomilla e divertitevi
    Pure il camminatore può stare sulle palle soprattutto quando x incoscienza prende un sentiero contro mano con passeggino bimbi cani che corrono ovunque senza controllo
    Amen ce ne faremo una ragione di convivenza se non vi sta bene state a casa

    1. Capisco perfettamente la frustrazione, ma proprio per questo serve rispetto reciproco.
      Nessuna categoria è perfetta, né ciclisti, né escursionisti, né motociclisti, ma generalizzare non aiuta nessuno.

      L’educazione e il buon senso devono valere per tutti, sia per chi cammina, sia per chi va in bici o in moto.
      I boschi sono di tutti, ma non tutto è adatto a tutti, e il rispetto degli spazi comuni e delle regole è la base della convivenza.

      Non servono né rabbia né accuse, ma un po’ di empatia e collaborazione.
      Facciamo ciascuno la nostra parte, e magari ci godiamo davvero la montagna — in pace.

    2. Le persone si lamentano perché i motivi sono seri: salute e sicurezza (ad eccezione di alcuni che lo fanno solo per litigare).
      Cose che a lei sembrano questioni da nulla, per altri sono rischi per la salute.
      Per quanto mi riguarda, per esempio, il rumore delle moto non è solo fastidioso, è (insieme ad altri rumori molesti) un danno per la salute, e ritrovare le moto in luoghi che dovrebbero essere tranquilli e silenziosi, impedisce di vivere in tranquillità e sicurezza (almeno) quei luoghi.
      La stessa cosa vale per bici, pedoni, auto o chiunque prenda le leggi e le norme come cavolate da non rispettare perché Loro devono essere liberi di fare tutto quello che vogliono ovunque, anche se questo poi limita le libertà (legittime) degli altri.

      1. Non si tratta di “sentiero contromano”, ma di percorsi condivisi in entrambi i sensi da biker e da escursionisti, spesso stretti, con curve cieche e dislivelli importanti. In questi casi, la velocità in discesa, unita alla scarsa visibilità, crea un rischio concreto di collisione, soprattutto quando nessuno dei due può prevedere l’arrivo dell’altro.

        Non è un problema “inventato”, né una questione ideologica: è una questione di sicurezza oggettiva, già sollevata anche da chi pratica la mountain bike in modo consapevole

        In presenza di dislivelli ripidi, curve cieche e percorsi frequentati da entrambe le direzioni, la condivisione non è solo inadeguata: è pericolosa. Biker e pedoni non possono avere gli stessi spazi in queste condizioni, perché le velocità sono incompatibili e i tempi di reazione nulli.

        Non si chiede un “divieto ideologico”, ma una regolamentazione basata sul buon senso e sulla sicurezza reale. Se un tratto è oggettivamente rischioso, va separato, come già accade in molte zone alpine più evolute sul tema.

  11. Sono un valtellinese e frequento le montagne da 59 anni. Ho pedalato per 40, prima con una muscolare e da 5 pedalo con una ebike. Bella l’affermazione del recensore il quale sostiene che la montagna debba essere pedalata con la sola muscolare, molto probabilmente non conosce a fondo le dinamiche delle emtb: se vuoi pedalare pedali anche con una ebike da 25 kg e fai un dislivello di quasi 2000 metri con una batteria da 625, ma con la differenza che alla mia età mi diverto e non arrivo sfasciato a casa. Detto questo una domanda: un cretino su una muscolare e un cretino su una ebike che differenza fa? Oppure su un sentiero “trafficato” da orde di chi pratica trekking
    .. una settimana l’anno, senza un minimo di cognizione e rispetto per la montagna: spazzatura ovunque, cacche a bordo sentiero, cani senza guinzaglio e chi più ne ha più ne metta, sono forse migliori dei ciclisti disciplinati? Venendo al nocciolo della questione no, ciclisti e chi pratica trekking non possono convivere.. solo in Italia però, abitando a un passo dalla Svizzera versante Canton Grigioni e pedalando anche da quelle parti, tutto fila liscio come l’olio, infatti i biker muscolosi, quelli meno cioé gli ebikers e i camminatori convivono alla grande. Le multe non servono a niente e poi chi le farebbe? E a chi? A chi va a piedi e sta in mezzo? A chi porta le scarpe da ginnastica in alta montagna? Agli ebiker? Ai ciclisti muscolosi? Alla fine sono sempre gli altri, ma gli altri siamo noi, tutti incivili e prepotenti, questa é la verità.

    1. Gentile “amico valtellinese”,

      grazie per il tuo commento, che dimostra esperienza e passione autentica per la montagna. Condivido molti dei tuoi spunti, a partire dal fatto che l’inciviltà non ha una “categoria” di appartenenza: il rispetto o la maleducazione si trovano ovunque, tra camminatori e ciclisti, ebiker e muscolari.
      Tuttavia, proprio perché la convivenza oggi non funziona (come tu stesso scrivi), non possiamo far finta che il problema non esista. L’esperienza svizzera è interessante, ma richiede regole chiare, percorsi separati o condivisi con criterio, e controlli reali. In Italia, purtroppo, mancano tutti e tre gli elementi.

      Io non ho mai detto che l’ebike sia “il male” o che la montagna debba essere riservata solo a chi ha fiato e muscoli d’acciaio. Tutt’altro: credo nella montagna inclusiva, accessibile anche a chi ha età diverse, difficoltà fisiche o semplicemente voglia di godersi la natura senza competere. Però questo non può giustificare situazioni in cui gli escursionisti si sentono messi in pericolo da mezzi che, in discesa, viaggiano a velocità incompatibili con la presenza di famiglie, bambini, cani (al guinzaglio o meno).

      E se oggi “gli altri siamo noi”, come dici tu, allora serve una responsabilità condivisa, che parta anche da chi – come te – ha anni di esperienza e può contribuire al cambiamento non negando i problemi, ma aiutando a trovare soluzioni reali.

      Non servono multe a pioggia, ma educazione, segnaletica chiara, e sì: anche percorsi dedicati, dove possibile. Altrimenti continueremo a scontrarci invece di convivere.

      Con rispetto

  12. Sono un valtellinese e frequento le montagne da 59 anni. Ho pedalato per 40, prima con una muscolare e da 5 pedalo con una ebike. Bella l’affermazione del recensore il quale sostiene che la montagna debba essere pedalata con la sola muscolare, molto probabilmente non conosce a fondo le dinamiche delle emtb: se vuoi pedalare pedali anche con una ebike da 25 kg e fai un dislivello di quasi 2000 metri con una batteria da 625, ma con la differenza che alla mia età mi diverto e non arrivo sfasciato a casa. Detto questo una domanda: un cretino su una muscolare e un cretino su una ebike che differenza fa? Oppure su un sentiero “trafficato” da orde di chi pratica trekking
    .. una settimana l’anno, senza un minimo di cognizione e rispetto per la montagna: spazzatura ovunque, cacche a bordo sentiero, cani senza guinzaglio e chi più ne ha più ne metta, sono forse migliori dei ciclisti disciplinati? Venendo al nocciolo della questione no, ciclisti e chi pratica trekking non possono convivere.. solo in Italia però, abitando a un passo dalla Svizzera versante Canton Grigioni e pedalando anche da quelle parti, tutto fila liscio come l’olio, infatti i biker muscolosi, quelli meno cioé gli ebikers e i camminatori convivono alla grande. Le multe non servono a niente e poi chi le farebbe? E a chi? A chi va a piedi e sta in mezzo? A chi porta le scarpe da ginnastica in alta montagna? Agli ebiker? Ai ciclisti muscolosi? Alla fine sono sempre gli altri, ma gli altri siamo noi, tutti incivili e prepotenti, questa é la verità.

    1. Grazie per il tuo intervento.
      Hai centrato il punto: non è il mezzo a fare la differenza, ma l’atteggiamento.

      Muscolare, ebike, scarponi o scarpe da ginnastica… cambia poco se manca il rispetto per l’ambiente e per gli altri.
      Il problema è culturale: si tende a scaricare la colpa sugli altri, invece di guardare al proprio comportamento.
      Hai ragione anche sulla Svizzera: lì funziona perché c’è educazione, rispetto delle regole e controllo. Da noi, purtroppo, si urla al “divieto” o alla “multa” solo quando ci si trova il problema sotto al naso.

      La convivenza è possibile, ma richiede più consapevolezza da parte di tutti — non solo dei ciclisti o dei camminatori.

      Alla fine, come dici giustamente: “gli altri siamo noi”. E se ognuno facesse la sua parte, magari ci godremmo la montagna tutti meglio.

  13. Io sono un camminatore ed anche un biker
    Ritengo che le due attività non debbano essere praticate sugli stessi sentieri.
    Alle biciclette devono essere riservati percorsi esclusivi.
    La scelta dei percorsi non può essere affidata semplicemente alla sensibilità del ciclista.
    Si dovrà poi considerare l’enorme consumo dei sentieri causato dal passaggio delle bici.

    1. Pedalo con una e-bike,molto prima con una muscolare…noto che i sentieri sono peggiorati a causa dei violenti temporali,la quantità di acqua caduta ha il potere di dilavarli notevolmente…

    2. Ritengo giustissimo l osservazione del lettore. Anch io pratico sia la camminata che i giri in e-bile sui sentieri e mi rendo conto che talvolta – soprattutto per la maleducazione dei ciclisti – entrambe le attività non collimano, soprattutto in sentiti tortuosi e stretti. La montagna va vissuta con attenzione e rispetto degli altri.

    3. Hai ragione a dire che la scelta dei percorsi non può essere lasciata solo alla sensibilità del singolo ciclista — e questo vale anche per i camminatori.
      La montagna non è una terra “di nessuno”: servono regole chiare e, soprattutto, una visione condivisa sulla sicurezza.

      Personalmente, pratico sia bici che trekking, e proprio per questo vedo bene quando alcuni sentieri condivisi siano inadatti alla convivenza: tratti stretti, ciechi, con forte pendenza o scarsa visibilità mettono a rischio tutti, non solo chi sbaglia.
      È vero, le bici consumano i sentieri più di un paio di scarponi, ma il problema principale resta la sicurezza e la gestione dei flussi, non solo l’erosione.
      La soluzione non sta nel dividere tutto con muri, ma nel progettare meglio: alcuni sentieri possono essere condivisi, altri no. E questo va deciso con criterio, non a caso.

      Alla fine, non è questione di “camminatori contro biker”, ma di responsabilità e convivenza ragionata, nel rispetto delle caratteristiche dei percorsi e delle persone che li frequentano.

  14. Per anni ho usato la Bike in montagna , da quando si chiamava ” rampichino ”
    Ora con l’ elettrico va in montagna chi non ama la montagna . Stop alle bike elettriche solo con le proprie forze.

    1. Vai al mare e fai il bagno , l’ignoranza fa sparare sul gruppo , multare chi fa il matto , non tt lo fanno x sport ma per amore verso la montagna.

      1. Credo che tutte le volte che sia possibile debbano esistere sentieri separati per le due attività. Poiché questo spesso non è possibile, i bikers dovrebbero procedere molto lentamente, ma soprattutto segnalare sempre la propria presenza , proprio perché il loro veicolo è silenzioso: in realtà la segnalazione è purtroppo abbastanza rara. È certamente meglio disturbare una persona che rischiare di farle male. Personalmente ho acquistato un campanello da bici per quattro euro

    2. Capisco la nostalgia per i tempi del “rampichino” — anche io ho iniziato con quelli — ma non è il mezzo che definisce l’amore per la montagna, bensì l’atteggiamento di chi la frequenta.

      L’elettrico ha aperto la montagna a più persone, sì, ma questo non significa che chi lo usa non la rispetti.
      Ci sono ebiker consapevoli e rispettosi, così come c’erano (e ci sono) biker muscolari che rovinano sentieri e passano a tutta velocità.

      Il punto non è “chi ha più gamba”, ma chi ha più rispetto.
      Serve educazione e gestione, non esclusione. La montagna dovrebbe unire, non dividere.

  15. Buongiorno, io sono un biker che ama i sentieri di montagna, mi guadagno a fatica la salita con la mia bici muscolare ed ho pieno rispetto per chi va a piedi, evito i giorni festivi, se trovo qualcuno mi fermo e do la precedenza, mi sono anche dotato di campanello per avvisare il mio passaggio, quando incrocio qualcuno rallento, saluto e vengo ricambiato. Insomma credo che basti aver rispetto e tutti possiamo goderci tutto.

    1. Buongiorno,
      grazie per il tuo commento e per il tono civile con cui ti esprimi: è evidente che sei uno di quelli che davvero rispettano la montagna, le persone e il contesto. E infatti, quando si incontra un biker come te, la convivenza è possibile e perfino piacevole.

      Il problema — e lo sai anche tu — è che non tutti sono come te. Anzi, più cresce il numero di utenti, più diventa evidente che il rispetto individuale non basta.
      C’è chi scende forte anche in tratti condivisi, chi non rallenta, chi non dà la precedenza nemmeno a bambini o persone anziane, chi non sa cosa sia un sentiero escursionistico, chi usa mezzi da discesa in contesti inadatti. E su una traccia unica, anche uno solo di questi può rovinare tutto.

      Tu scegli di evitare i giorni critici, ti doti di campanello, rallenti: lo fai per senso civico.
      Ma senza regole e controlli, questa tua attenzione resta un gesto individuale isolato, che non risolve i problemi sistemici.

      Ecco perché serve regolamentare. Non per punire chi si comporta bene, ma per proteggere tutti — inclusi quelli come te, che vorrebbero solo godersi i sentieri senza diventare i “cattivi” per colpa d’altri.

      Grazie per il tuo contributo. È proprio da qui che può nascere un cambiamento intelligente.

    2. Con la buona educazione ed il buon senso, non si sbaglia mai. . . Sono doti che tutti noi abbiamo ma bisogna usarle.Ottima riflessione Alvise!

  16. Mah sapete, più ci si lamenta peggio si sta, la gente che pratica è di più e basta, quindi è normale trovare più maleducati, esistono anche gli educati,
    C’è chi corre, c’è chi frena a ogni tornante
    C’è chi si lamenta, c’è chi se ne sbatte e sa come sono fatte le persone, quest’ultimi vivono meglio e più a lungo.

    1. Io da anni faccio entrambi, l’educazione è il rispetto DEVONO essere da entrambe le parti, i biker dovrebbero rallentare un po’, e magari farsi sentire per tempo e i trekker non andare in giro tipo mandria oppure con guinzagli kilometri I, o peggio cani sciolti…

      1. Condivido al 100% ls tua opinione io pratico mtb e giustamente cerco fi essere rispettoso alle persone a piedi in particolare se ci sono bambini, purtroppo a volte essere rispettosi con certa gente non sei ricambiato in tale modo

    2. I sentieri sono fatti da sempre da gente che va a piedi e non da bikers totalmente indisciplinati che specialmehte in discesa sono pericolosissimi specie con famiglie con bambini .Io mentre cammino ho diritto di salire o di scendere come voglio e non devo avere la paura di ciclisti che specialmente in discesa scendono come gente irresponsabile!!!

      1. Come i sentieri sono sono oggi percorsi (anche) da personaggi irresponsabili e irrispettosi della natura e del prossimo. Insomma, c è ne è per tutti. Siamo tanti, vari, e amiamo tutti quel che facciamo: meno acidita e piu rispetto nel prossimo

    3. Capisco il tuo punto di vista: certo, più persone ci sono in giro, più è facile trovare chi si comporta male. Ma rassegnarsi non è una soluzione, soprattutto quando si parla di sicurezza nei luoghi pubblici e naturali.

      Dire “è normale” che ci siano i maleducati non significa che dobbiamo tollerare tutto. Anzi, più aumenta la frequentazione dei sentieri, più diventa urgente proteggere gli utenti più vulnerabili — bambini, anziani, escursionisti tranquilli — e definire regole chiare per tutti, perché la convivenza non può dipendere solo dalla fortuna di incontrare “quelli educati”.

      Vivere meglio, per molti, significa poter camminare senza paura che qualcuno li sfiori a 40 all’ora in discesa, o dover scattare da un sentiero stretto per non essere travolti.
      Non è lamentarsi, è chiedere rispetto.

      La montagna è di tutti, ma non tutto è compatibile ovunque.
      Convivenza significa costruire spazi pensati per funzioni diverse, non chiudere gli occhi e sperare che vada bene.

    4. Hai ragione su un punto: la montagna è frequentata da sempre più persone, ed è inevitabile che aumentino anche i comportamenti maleducati.
      Ma proprio per questo non possiamo limitarci a “prendere atto” e lasciar correre.

      Essere consapevoli di come sono fatte le persone non significa accettare tutto con rassegnazione, ma cercare di migliorare la convivenza, anche solo con l’esempio.

      C’è chi si lamenta, è vero — ma c’è anche chi propone, si prende cura dei sentieri, parla di rispetto.
      Forse vivrà meno tranquillo, ma almeno prova a lasciare un posto migliore.

  17. Io ho avuto due brutte esperienze, mentre scendevo da sentirei ripidi,un biker senza avvisare del suo arrivo,mi ha sfiorata,se mi agganciava, facevamo entrambi una brutta fine,e un altra volta,uno che saliva con la bici elettrica in un sentiero ripido e molto stretto,non ha rallentato e ha sorpassato me e i miei tre piccoli nipoti,rischiando di farci cadere tutti,bisogna prendere provvedimenti

    1. Ma e possibile che ce sempre da ridire su chi va in bici si certamente ci sono gli idioti che si buttano giu a capofitto incoscenti del pericolo che potrebbero causare a loro e anche ad altri ma non si puo fare sempre di tutta l erba un solo fasci allora vogliamo parlare degli (escursionist) che si avvrntano in montagna con le ciabatte non conoscono i sentieri e poi tanto chiamano gli elisoccorso perche sono stanchi oppure non sanno dove andare e metto a rischi la vita dei soccoritori a me sembra tutra una scusa come anche quella che si sta sviluppando per fa pagare delle tariife dicono (PER SALVAGUARDARE LA MONTAGNA)e sarei anche pienamete d accordo ma quei soldi dove vanbo a finire?

    2. Grazie per aver condiviso queste esperienze, che purtroppo sono tutt’altro che rare.
      Chi cammina in montagna non dovrebbe mai sentirsi in pericolo solo perché qualcun altro decide di scendere a tutta velocità o di passare senza nemmeno un cenno.

      Il punto è proprio questo: non si tratta di “sfortuna” o casi isolati, ma di una mancanza sistemica di rispetto e regole su molti sentieri.
      Sfrecciare alle spalle di qualcuno senza avvisare, superare famiglie con bambini su un single track in salita… sono comportamenti inaccettabili, che mettono a rischio la sicurezza di tutti, anche dei ciclisti stessi.

      Il problema non è la bici in sé, ma l’assenza di controlli, di educazione e di tracciati distinti, che obbligano utenti troppo diversi a condividere spazi inadatti.
      E finché non si interviene — seriamente e con coraggio — continueremo a contare i “per fortuna non è successo niente”.

      Serve un cambio di passo, non tra cinque anni, ma adesso.

    3. Capisco bene la sua preoccupazione, signora Franca, e mi dispiace per le esperienze che ha vissuto — situazioni così non dovrebbero mai accadere, né a chi cammina né a chi pedala.

      La montagna deve essere un luogo sicuro per tutti, soprattutto per i bambini.
      Il problema, però, non è la bici in sé, ma il comportamento irresponsabile di chi la usa senza rispetto.

      Servono regole più chiare, certo, ma anche più educazione e controllo.
      Alcuni sentieri semplicemente non sono adatti alla condivisione, e vanno gestiti di conseguenza.

      I provvedimenti non devono dividere, ma proteggere e responsabilizzare — perché nessuno deve sentirsi in pericolo nei boschi, a piedi o in sella.

      1. Buongiorno, sono i soliti discorsi all’italiana dove una categoria si scaglia contro l’altra cercando di neutralizzarla e non di trovare delle soluzioni per una quieta convivenza, succede tra amanti del Motorsport e ambientalisti, nell’urbano tra automobilisti e ciclisti, tra escursionisti e ciclisti, tra onnivori e vegetariani ecc ecc…..il mondo è di tutti, tutti abbiamo ragione e tutti sbagliamo nello stesso tempo, quindi quando ci troviamo in queste situazioni prima di dare del coglione agli altri pensiamo ai nostri comportamenti, al cercare di non ostacolare o rendere pericolosa la vita agli altri… sappiamo solo dare la colpa questa è la verità. L’unica cosa che voglio dire è che solo in Italia il pedone ha la convinzione di avere sempre ragione solo perché è una forma mentis tipica italiana, infatti basti vedere nell’ambito urbano, su ciclabili, su attraversamenti a cazz, ecc ….Esempio: provate ad attraversare la strada in olanda sulle ciclabili

  18. Però ragazzi le e-mtb che trovi anche il tizio con la pancia che si vanta di essere a 2000 m , per non parlare della mole di persone che grazie alle e-mtb riescono ad arrivare dove gia solo 10 anni fa non trovavi per davvero nessuno mah… capisco anche chi si trova a camminare in sentieri semplici contornato da ciclisti che scendono sodo , gli può girare le scatole . Io sono alpinista e mtbiker il buon senso e il rispetto verso la montagna ,l’ambiente circostante e le persone é la priorità, purtroppo molti se ne sbattono , non fanno caso a chi e cosa hanno intorno speriamo che le persone si renderanno conto prima o poi

    1. Io devo tenere al guinzaglio il mio cane e e fenomeni scendono a canna !! Poi ora che ci sono quelle assistite fanno ancora più i fighi,che fatica salire in quel modo! Se salissero con la loro esperienza e forza fisica non avrebbero neanche la forza a scendere dalla fatica che hanno fatto per salire!! Fenomeni

    2. Hai detto una cosa verissima:
      il rispetto per la montagna, per l’ambiente e per le persone dovrebbe essere la base di tutto. Ma, come hai giustamente notato, oggi è pieno di gente che “si fa la quota” in e-mtb senza avere né la preparazione né la consapevolezza di dove si trova.

      E non è un problema di forma fisica: è un problema di atteggiamento.

      Un tempo certi luoghi erano silenziosi e quasi sacri. Ora la tecnologia (bellissima, se usata bene) ha reso accessibili posti a chi non sempre è pronto a gestirli — e spesso questo significa anche mettere in pericolo chi cammina, specie su sentieri stretti e condivisi.

      Hai ragione a dire che “gli può girare le scatole”: sì, quando ti senti sfiorare da una ruota lanciata in discesa, o vedi i tuoi figli spaventati, girano eccome. E non si tratta di lamentarsi, ma di chiedere regole chiare per evitare che il rispetto resti solo una speranza.

      Come te, anche io vengo dall’endurance e dalla montagna vissuta con passione: non è odio per la bici, ma amore per la montagna che ci spinge a parlare.
      Sperare non basta: è tempo di agire. Con buon senso, ma anche con strumenti concreti.

      Grazie davvero per il tuo commento lucido.

    3. Il problema non è il mezzo, ma il comportamento di chi lo usa.

      Capisco benissimo il fastidio di trovarsi su un sentiero tranquillo, magari con i bambini o da soli, e venire sorpassati da chi scende a tutta velocità senza nemmeno un cenno. Ma lo stesso vale anche a parti invertite: ci sono camminatori che occupano l’intero sentiero senza guardarsi intorno.

      La differenza la fa sempre il rispetto. E, purtroppo, quello spesso manca — sia tra chi pedala, sia tra chi cammina.

      Sono d’accordo con lei: serve più buon senso, più educazione e più consapevolezza. Perché la montagna può accogliere tutti, ma non tutto va bene ovunque, e saperlo riconoscere è già un atto di responsabilità.

  19. Secondo me sono 2 modi di vivere e frequentare la montagna completamente diversi e totalmente incompatibili. La soluzione? Dei tracciati e dei bike park a loro riservati e divieto di accesso su tutti gli altri sentieri. Oltre la sicurezza degli escursionisti non bisogna assolutamente tralasciare il problema dei danni che le bici, soprattutto quelle elettriche, causano al terreno, dando spesse volte il via a importanti fenomeni di corrosione e dilavamento del terreno…..
    Gino S.

    1. Giusto.
      Poi però in tantissimi comuni, non si fanno problemi per disboscare aree enormi per fate piste da sci.
      Commento non fatto a caso ma da una reale constatazione su diverse aree montane quest’anno.un single track per bici causa dissesto ideologico,un versante di un monte raso dl suolo per fare una pista da sci no.
      Fatemi il favore,è il denaro che decide cosa di può rovinare e cosa no.

    2. Non è una guerra tra utenti, ma un richiamo alla responsabilità verso i luoghi, che non sono infiniti, né sostituibili.

      I bike park, i tracciati dedicati e ben segnalati non sono una limitazione, ma un’opportunità per garantire sicurezza e rispetto per tutti. Chi ama la bici, davvero, lo sa.

      Grazie per averlo detto con chiarezza.

    3. Gentile Gino,
      capisco bene le sue preoccupazioni, soprattutto quando si parla di sicurezza e tutela dell’ambiente. Sono temi centrali, su cui è giusto confrontarsi con serietà.

      Tuttavia, credo che non sia corretto attribuire i danni al terreno solo alle bici elettriche.
      Tutte le MTB — muscolari comprese — se usate su certi fondi e in condizioni critiche (pendenza, umidità, scarsa manutenzione), possono contribuire all’erosione.
      Il punto non è il tipo di bici, ma il tipo di utilizzo. E qui entra in gioco la gestione: tracciati studiati bene, manutenzione costante, educazione degli utenti.

      Lei dice che si tratta di due modi di vivere la montagna “incompatibili” — ma io credo che, con regole chiare e progettazione intelligente, la convivenza sia possibile, come già avviene in molte realtà alpine (penso alla Svizzera o all’Alto Adige, ad esempio).

      Separare tutto per decreto spesso significa spostare il problema altrove, non risolverlo. Serve invece una visione ampia, che parta dal rispetto reciproco, non dalla divisione.

  20. Vivo ad Ortisei da 50 anni e purtroppo l’accesso ai sentieri é cambiato, così la tipologia del turista, sempre più maleducato, sfrontato anche riguardo a beni non suoi ma di libero accesso, come i sentieri di montagna. Molti escono dai sentieri e calpestano i prati dove i contadini negli alpeggi devo falciare l’erba, molti lasciano rifiuti (fazzoletti, brick di succhi di frutta o sacchetti pieni di immondizia, magari all’interno dei boschi, dietro a qualche albero. I ciclisti in quanto all’educazione non sono da meno. Si esige sicuramente una normativa, dove porre dei divieti anche se comunque si troverà sempre il fenomeno che li infrangerà, con l’alibi che difficilmente i sentieri possono essere pattugliati costantemente da guardie forestali. Ci sono tanto di cartelli all’inizio di molti sentieri con tanto di divieto, eppure non basta.

    1. Capisco e condivido molte delle sue osservazioni, soprattutto su come sia cambiato il rapporto tra le persone e la montagna.
      Anche nella mia zona purtroppo si vedono comportamenti assurdi: c’è chi per accedere a poderali toglie fili elettrificati usati per il pascolo e li lascia giù, mettendo in fuga animali e creando problemi concreti ai mandriani. Questo non è turismo, è maleducazione pura, e andrebbe sanzionata.

      Detto questo, però, credo sia importante distinguere tra chi frequenta la montagna con rispetto e chi no, a prescindere dal mezzo usato — a piedi, in bici o con scarponi nuovi fiammanti e zero buon senso.
      Certo, i cartelli da soli non bastano, ma nemmeno la sola logica dei divieti può funzionare. Servono:

      educazione, a partire dalle scuole,

      presenza sul territorio (anche se non sarà mai continua),

      e soprattutto progettazione dei flussi: non tutti i sentieri sono adatti a tutto, e su questo dobbiamo lavorare con realismo, non solo con indignazione.

      Il vero problema, come dice lei, non è la bici o lo zaino, ma la mancanza di cultura del rispetto.
      E per questo, secondo me, bisogna insistere. Non chiudere, ma educare e responsabilizzare.
      Una proposta concreta, soprattutto nei periodi di maggior affluenza, potrebbe essere l’affiancamento di Guide di MTB: figure professionali che conoscano bene il territorio e che, prima di ogni uscita, istruiscano i partecipanti su comportamento, sicurezza e rispetto reciproco.

      Immagino gruppi accompagnati verso rifugi e colli, non lasciati allo sbando, ma guidati da chi sa dove si va e come ci si comporta in montagna.
      Allo stesso modo, servirebbero cartelli ben visibili all’inizio dei sentieri più frequentati, rivolti non solo ai ciclisti, ma anche a chi va a piedi:

      cani legati e sotto controllo,

      direzione di marcia, come sulle strade,

      niente gruppi fermi o sparpagliati in mezzo al sentiero, che rendono difficile il passaggio.

      E come sulle piste da sci, chi non rispetta le regole riceve una sanzione.
      Non per fare la guerra al turista, ma per tutelare chi la montagna la vive davvero, ogni giorno, con attenzione e rispetto.

      I percorsi condivisi? Solo dove è realmente fattibile. Per gli altri, serve una gestione chiara e mirata.

  21. Buongiorno.
    Sono appena rientrata da un soggiorno nella zona di Molveno. Abbiamo rischiato più volte di essere investiti ed aggrediti da cani liberi ( il mio sempre rigorosamente al guinzaglio ed addestrato al passo). A quanto pare il buon senso non và più di moda. Il nonno quasi sordo non sentiva i campanelli delle biciclette che chiedevano il passo e dovevamo sbrigarci a spostare nonno e cane perché non venissero travolti. Una ragazza a momenti viola nel dirupo perché ci siamo incrociati in un punto cieco. È pericoloso per tutti questa situazione. Cosa c’è da correre? Andate in pista!

    1. Buongiorno,
      quello che racconti è purtroppo la fotografia precisa di cosa succede sempre più spesso su sentieri che dovrebbero essere spazi di tranquillità, non di tensione continua.

      Hai fatto tutto secondo le regole: cane al guinzaglio, attenzione agli altri, rispetto dei tempi lenti di chi, come tuo nonno, ha diritto di godersi la montagna senza dover “scappare” da chi arriva a tutta velocità.
      Eppure sei stata costretta a gestire una situazione insicura, imprevedibile e in certi casi perfino aggressiva.

      Il punto non è “bici sì o bici no”: il punto è che su sentieri stretti e condivisi, la velocità e la distrazione mettono a rischio tutti, e la responsabilità non può essere lasciata al caso o al buon cuore di chi pedala.

      Hai ragione a chiederti: “Perché correre qui? Perché non in pista?”
      Esistono spazi dedicati — bike park, tracciati tecnici, itinerari pensati per chi ama la discesa. Ma pretendere di avere tutto, ovunque, a qualsiasi costo, non è libertà: è arroganza.

      Ti ringrazio per aver condiviso la tua esperienza, perché sono queste voci che aiutano a far capire che la montagna non è un luna park: è un luogo da rispettare.
      Un caro saluto

  22. Ci sono anche molti escursionismo a piedi decisamente poco educati e civili che occupano la maggior parte dello spazio dei sentieri camminando in gruppi tipo gregge di pecore , costringendoci a scendere dalla bici o a tentare passaggi difficili . Qualcuno protesta in malo modo se gli chiedi strada .

    1. È chi va veloce che deve dare precedenza a chi cammina,aspetti e lascia passare sennò vai in pista a fare le gare

    2. Il problema non sono quelle rare persone che percorrono il sentiero con la bici tradizionale, ma la massa che lo percorrono con la e-bike, magari facendo l’andata in salita su strada per fare il ritorno in discesa sul sentiero. Tra l’altro la facilità di salita non fa stimare correttamente la difficoltà di affrontare la discesa, prova né è che in discesa si incontrano ciclisti per imprecano spingendo la bici. Le aggiungo che in Trentino vi è il divieto (purtroppo difficilmente rispettato) di circolazione di bici sui sentieri con pendenza maggiore del 20% o più stretti del doppio dell’ ingombro della bicicletta. Sono anche stati creati appositi percorsi ad usi esclusivo delle bici, inoltre ci sono kilometri e kilometri di strade sterrate, che possono essere percorse da bici.

      1. Hai ragione: non si tratta di bici “a caso”, ma spesso di mezzi da discesa pura — full suspended, gomme artigliate, casco integrale e protezioni complete — usati però su sentieri condivisi, frequentati da famiglie, bambini, anziani o persone con il cane.

        Il problema, quindi, non è la bici in sé, né la e-bike come tecnologia:
        è il contesto completamente sbagliato in cui viene utilizzata.

        Stiamo assistendo a un paradosso: persone equipaggiate come in un bike park che sfrecciano su percorsi escursionistici non tecnici, che dovrebbero essere accessibili in sicurezza a chi cammina. Il risultato? Tensione, rischi e situazioni limite. Anche perché — come dici giustamente — la facilità della salita in e-bike spesso inganna sull’effettiva difficoltà della discesa.

        E mentre alcuni territori come il Trentino tentano di regolamentare con divieti (spesso non rispettati) e percorsi esclusivi per bici, altrove si lascia tutto al caso e alla speranza nel buon senso. Ma la montagna, senza regole chiare, diventa pericolosa per tutti.

        Il punto non è fare la guerra alle bici, ma difendere il diritto alla sicurezza di chi si muove a piedi. Per chi pedala con consapevolezza, il rispetto è sempre reciproco. Per tutti gli altri, servono limiti veri.

        Grazie per il tuo commento

    3. Secondo me dovrebbero fare sentieri trekking per chi va a camminare e sentieri per chi come me va in mountain bike, anche perchè ci sono percorsi esclusivamente per mountain bike ma in realtá trovi gente a camminare e viceversa….se dopo una curva cieca un ciclista trova un escursionista lo scontro è inevitabile…

  23. Purtroppo condivido questo pensiero. In zona Les Combes di Introd è oramai consuetudine l’arrivo quasi quotidiano di furgoni carichi di bici e ciclisti (soprattutto stranieri) che vengono scaricati apposta per compiere, bardati di tutto punto, la discesa sul sentiero che scende ad Introd, esattamente come avviene nei bike park. Sentiero utilizzato da famiglie o gente a cavallo, che da un momento all’altro, possono trovarsi di fronte a gruppi di bici a folle velocità.
    È questa a mio avviso la tipologia di biker da regolamentare senza aspettare sempre che succeda qualcosa di spiacevole per far cambiare le cose.

    1. Buongiorno,
      quello che racconti è purtroppo la fotografia precisa di cosa succede sempre più spesso su sentieri che dovrebbero essere spazi di tranquillità, non di tensione continua.

      Hai fatto tutto secondo le regole: cane al guinzaglio, attenzione agli altri, rispetto dei tempi lenti di chi, come tuo nonno, ha diritto di godersi la montagna senza dover “scappare” da chi arriva a tutta velocità.
      Eppure sei stata costretta a gestire una situazione insicura, imprevedibile e in certi casi perfino aggressiva.

      Il punto non è “bici sì o bici no”: il punto è che su sentieri stretti e condivisi, la velocità e la distrazione mettono a rischio tutti, e la responsabilità non può essere lasciata al caso o al buon cuore di chi pedala.

      Hai ragione a chiederti: “Perché correre qui? Perché non in pista?”
      Esistono spazi dedicati — bike park, tracciati tecnici, itinerari pensati per chi ama la discesa. Ma pretendere di avere tutto, ovunque, a qualsiasi costo, non è libertà: è arroganza.

      Ti ringrazio per aver condiviso la tua esperienza, perché sono queste voci che aiutano a far capire che la montagna non è un luna park: è un luogo da rispettare.
      Un caro saluto

  24. Percorro i sentieri in bici 2-3 volte a settimana da diversi anni e le volte in cui ho incontrato altri ciclisti si contano sulle dita di due mani. A me sembra che qualcuno abbia intenzione di vietare le biciclette sui sentieri, soprattutto a Courmayeur, quindi sarei cauto nell’ingigantire un potenziale problema di minore entità basato su alcune email anonime. Detto questo, sono un mountain biker tradizionale e mi piacerebbe vedere vietate le bici elettriche, ma capisco anche che il 90% dei ciclisti oggi sono ebiker e sono loro a contribuire al crescente turismo ciclistico nel VDA. Per quanto riguarda l’erosione dei sentieri… pazienza, mucche, cavalli, motociclette e soprattutto il maltempo causano danni MOLTO peggiori. Negli Stati Uniti, il problema delle biciclette sui sentieri è stato risolto dal Sierra Club e dall’IMBA. Perché non seguire il loro esempio invece di reinventare la ruota?

    A proposito, faccio anche molte escursioni con la mia famiglia e i cani che corrono senza guinzaglio si avvicinano ai miei figli e li spaventano. Se stiamo brandendo il bastone del bando, perché non vietare anche i cani, già che ci siamo?

    1. Aspettarsi da un ciclista un’autocritica di categoria è impresa vana. Siamo in Italia dove tutti fanno quello che vogliono, dai ciclisti che corrono, ai monopattinatisti che in strada vanno dove vogliono,ai bagnanti che raccolgono dal fondale stelle marine,granchi,tutto,e così via. D’altra parte la polizia non può essere ovunque e anche se ferma qualcuno c’è sempre un giudice che lascia perdere. In fondo anche gli assassini,stupratori,spacciatori hanno dei diritti,no? Quindi,alla fine, …. A chi tocca,tocca.

    2. ti ringrazio per aver condiviso la tua esperienza personale. Tuttavia, credo sia importante non confondere la percezione individuale con il quadro complessivo.

      Il problema della sicurezza sui sentieri condivisi non riguarda “l’odio verso le bici” o il voler escludere qualcuno dalla montagna, ma una semplice constatazione: quando su sentieri stretti e tecnici si incrociano escursionisti e biciclette in discesa, il margine di errore è minimo, e i rischi reali.
      Non parliamo di numeri immaginari, ma di esperienze concrete, spesso non denunciate solo per stanchezza o rassegnazione. Non è un attacco alla MTB — io stessa sono stata atleta in entrambe le discipline — ma un appello alla responsabilità, oggi sempre più necessaria.

  25. Buonasera, no, non è così, non è escludendo che si risolve il problema ma educando alla convivenza civile. Pedalo su sterrate e sentieri tutto l’anno, estate e inverno, la maggior parte delle volte non incontro nessuno a piedi, ora non dovrei più poter andare perché qualcuno una domenica di agosto ha avuto un problema con un ciclista? Trovo gente a piedi? Mi fermo, saluto e auguro una buona giornata, non sto facendo una gara e non mi costa nulla.
    Chi porta a spasso il cane senza saperlo gestire non è pericoloso? Quando il suo cane crea il panico tra le mucche al pascolo facendole fuggire è un problema, vietiamo a tutti di passeggiare con i cani sui sentieri? Quelli che fanno nordic walking con le cuffie nelle orecchie , avanti tutta a testa bassa e ti investono anche se ti fermi a bordo strada ( successo davvero) li vietiamo? I cavalli che alzano polvere, possono spaventare così alti e grandi e lasciano ricordi lungo i sentieri li vietiamo? Il signore col trattore che va a far legna e fa rumore lo vietiamo? No signora potete mettere tutte le regole che volete, burocratizzare tutto ma senza l’unica regola fondamentale “educazione e buon senso” ci sarà sempre un diverso pericoloso da escludere.
    Buone passeggiate e buone pedalate a tutti.

    1. Buonasera,
      apprezzo sinceramente il tono pacato e il fatto che lei sia un ciclista attento e rispettoso: è proprio grazie a persone come lei che certi problemi non si trasformano in conflitti insanabili.

      Detto questo, permetta una precisazione: il tema non è l’esclusione, ma la gestione intelligente e responsabile di spazi condivisi, soprattutto quando questi spazi non sono tecnicamente adatti a un uso promiscuo — come succede spesso sui sentieri a traccia unica di montagna.

      L’argomento “allora vietiamo anche i cani, i cavalli, i nordic walker…” purtroppo svia il discorso. È evidente che ogni attività comporti delle criticità, ma quando una bici scende a velocità sostenuta su un sentiero stretto, l’impatto potenziale è molto più pericoloso di quello causato da un passante distratto. E chi cammina — soprattutto bambini, anziani o famiglie — non può difendersi da un impatto improvviso.

      Non chiediamo divieti indiscriminati, ma regole chiare, percorsi differenziati dove possibile e, sì, anche un po’ di “burocrazia” se serve a tutelare chi è più vulnerabile.
      Perché l’educazione e il buon senso sono fondamentali, ma purtroppo non sono mai distribuiti equamente.

      Se bastassero quelli, non ci sarebbero limiti di velocità nemmeno sulle strade.

      Quindi no, nessuno vuole escludere chi ama pedalare. Ma serve riconoscere che il problema esiste, non è un caso isolato, e non si può risolvere solo con la buona volontà di pochi.

      Con rispetto

      1. Buonasera, credo che per comprendere se le MTB in montagna siano effettivamente pericolose, sia necessario trovare il numero di incidenti, rilevati al PS, tra ciclista su MTB e escursionista. Oppure in secondo luogo, il numero di denunce per questo tipo di sinistro. Ha qualche dato a riguardo?
        La sua proposta e’ ragionevole solo se il fenomeno, ovvero gli incidenti, sono effettivamente diffusi, altrimenti è un tentativo di escludere una modalità di fruizione della montagna senza una base razionale.

        1. p.s. ho letto alcuni suoi commenti in risposta ad altri commenti. Se la proposta è quella di limitare le MTB sui single track stretti e ripidi, allora la trovo molto più ragionevole.
          Rimane importante trovare dei dati per chiarire quale sia effettivamente la situazione.
          Saluti

  26. Io appartengo a entrambe le categorie. Non ho mai avuto problemi in MTB perché vado sempre piano e se incontro pedoni mi fermo sempre prima di raggiungerli e li faccio passare prima di ripartire. Andando piano, non faccio rumore e non lascio tracce sui sentieri. Purtroppo, sia da pedone che da MTBiker devo constatare che questo codice di condotta, il minimo indispensabile per il rispetto reciproco e una pacifica convivenza, viene sempre più ignorato. Sappiamo benissimo quali sono le fonti che ahimè fanno scuola, e sappiamo anche che il dilagare delle e-MTB non aiuta, moltiplicando di decine di volte i “bikers” (i veri MTBiker sono pochissimi), e porta in montagna anche gente che ha tutto meno che la conoscenza della natura e dei sentieri. E aggiungo pure che il comportamento da “enduristi” distrugge i sentieri.
    Certo che passare direttamente dalla situazione attuale al divieto, senza nemmeno provare a educare (es. con cartelli) è la meno intelligente delle soluzioni. Infatti si adotterà quella.
    Aggiungo anche che andrebbero un po’ educati anche molti pedoni, che si spaventano a morte lanciandosi fuori dal sentiero nel vedere una bici ferma, e poi attraversano la strada telefonando e senza guardare.

  27. Ciclisti e camminatori, possono benissimo condividere i sentieri, anche in alta montagna, la cosa fondamentale è il buon senso e il rispetto reciproco.

  28. basterebbe solo avere senso civico e un pizzico di cervello.
    on montagna ci corro e ci vado in bici (elettrica e non), a volte pure col cane.

    mai avuto problemi e mai rischiato di far male a qualcuno, se vuoi corre vai sui tracciati dedicati altrimenti devi fare attenzione.

    ma in questo mondo di celebrolesi incapaci e menefreghisti succedono troppi incidenti.
    finirà che sarà vietato andare in bici quasi ovunque nei periodi centrali dell’estate come avviene in tante regioni….
    la stupidità dilaga

  29. Non capisco… Spendiamo già abbastanza denaro pubblico per fare ciclabili in città che hanno un numero di utenti irrisorio.. Ora le vogliamo fare anche i montagna? E sui sentieri si incontrano anche moto da trial… Facciamo una terza corsia anche per loro? 🙄 Oppure facciamo ai giorni alterni ciclisti e pedoni? O vietiamo le poderali ai pedoni? 😱

    1. Capisco la provocazione, ma qui nessuno chiede “terze corsie” o “giorni alterni”. Si chiede qualcosa di molto più semplice e ragionevole: sicurezza e gestione equilibrata dei sentieri di montagna, in particolare di quelli a traccia unica, dove oggi convivono — troppo spesso senza regole — attività molto diverse per velocità, peso e visibilità.

      È evidente che non tutti i sentieri possono essere “ciclabili” o “escursionistici” in senso assoluto, ma ci sono tratti che, per pendenza, larghezza o traffico, diventano oggettivamente pericolosi se non si fa nulla.

      Il problema non è solo teorico, ma vissuto ogni giorno da famiglie, anziani ed escursionisti che si trovano in difficoltà di fronte a discese rapide, curve cieche e mancanza di precedenze.

      Parlare di “spese inutili” non tiene conto del fatto che il turismo outdoor è un settore in crescita — anche in Valle d’Aosta — e merita di essere regolato con intelligenza, proprio per evitare tensioni e proteggere tutti gli utenti, anche i ciclisti più rispettosi.

      Non servono soluzioni estreme, ma percorsi chiari, comunicazione e magari qualche investimento mirato, che eviti il solito scontro tra categorie.

      La montagna deve essere per tutti, ma con regole adatte alla realtà di oggi, non con ironia.

      Cordialmente

  30. Pienamente d’accordo con te, tante volte ci litigo, e poi perché passare anche dove non dovrebbero e soprattutto distruggere i sentieri .

    1. Laura cara
      ti capisco benissimo. Non è una questione di “essere contro” chi va in bici — anzi! — ma di rispetto per i luoghi e per le persone.

      Purtroppo in troppi si comportano come se i sentieri fossero una pista da discesa libera, senza pensare che quei passaggi sono fragili, spesso storici, e vanno condivisi con attenzione, non distrutti o percorsi senza criterio.

      La convivenza è possibile, certo, ma solo quando c’è educazione e regole chiare. Altrimenti a farne le spese sono sempre i più vulnerabili… e i sentieri stessi.

      Un abbraccio e grazie per il tuo messaggio 💚
      Cinzia

  31. Assolutamente d’accordo. Chi va a piede non deve correre rischi per l’mprudenza di chi va in bici. Percorsi diversificati e indicati chiaramente è una soluzione possibile. Nella zona di Cervinia vi sono tratti di sentiero che hanno queste distinzioni. Ma non sono molti.

    1. Hai centrato il punto, Laura.
      Chi cammina non dovrebbe mai trovarsi in una situazione di rischio solo perché qualcun altro interpreta la montagna come una pista da downhill.

      Come dici tu, la differenziazione dei percorsi — dove possibile — è una soluzione intelligente, già adottata in alcune zone (come Cervinia), ma ancora troppo limitata altrove.

      Non si tratta di dividere le persone, ma di organizzare gli spazi in modo più chiaro e sicuro, per tutti: famiglie, ciclisti, escursionisti.

      La montagna è di tutti, ma la sicurezza dev’essere messa al primo posto, non lasciata al caso o al buon senso di pochi.

      Grazie per il tuo contributo concreto 🌿

  32. Condivido anch’io.
    Lo scorso anno,scendendo dal rifugio Grauson, un biker mi ha stampato il copertone anteriore sul polpaccio per una frenata sbagliata….

    1. Mamma mia… capisco benissimo cosa intendi, e mi dispiace davvero per l’episodio.
      Purtroppo questi fatti non sono così rari come qualcuno vuole far credere — sono la prova concreta che la convivenza, così com’è ora, non sempre funziona.

      Un sentiero in discesa, stretto e frequentato anche da famiglie, non può diventare una roulette a ogni curva. Serve buon senso da parte di chi pedala, certo, ma anche regole chiare, separazione dei percorsi dove possibile, e controlli veri.

      Grazie per aver condiviso la tua esperienza: più ne parliamo, meno sarà ignorato il problema.
      Un caro saluto

    1. Hai ragione Renato,
      purtroppo spesso ci si muove solo dopo l’incidente, quando sarebbe bastato ascoltare chi conosce i sentieri e li percorre ogni giorno con attenzione.

      Non stiamo parlando di proibire o penalizzare, ma di prevenire: perché quando si condividono spazi stretti tra utenti diversi, serve lungimiranza, non solo reazione.

      Aspettare che “succeda qualcosa” non è accettabile. La montagna merita più rispetto — e anche chi la vive a piedi.

      Grazie per il tuo sostegno!

      1. Il problema è che anche la montagna sta diventando un parco giochi per sportivi, sportivi improvvisati soprattutto. La montagna è una dimensione spirituale, posto per amare e contemplare la natura, il silenzio, la bellezza senza tempo. Fortunatamente c’è ancora qualche posto selvaggio, poco conosciuto, dove non si incontrano neanche escursionisti per moda

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