Il celebre biopic “Amadeus” di Miloš Forman, “Le ali della libertà” di Frank Darabont e “Il discorso del re” di Tom Hooper. “Il buio nella mente” di Claude Chabrol e “Sherlock Holmes: gioco di ombre” di Guy Ritchie. Registi, stili, generi e poetiche diverse, ma legate da un fil rouge chiarissimo: la presenza di Mozart e delle sue note, che rivelano l’impatto del compositore nella storia del cinema e la capacità della sua musica di essere elemento narrativo ed emotivo della settima arte.
Amadeus, 1984
E’ il 1984 quando esce nelle sale “Amadeus” di Miloš Forman, che ripercorre la vita del genio compositore attraverso lo sguardo e la voce del suo rivale Antonio Salieri. La musica del Maestro accompagna tutto lo svolgimento della trama e ampio risalto è dato ad alcune delle sue più celebri opere liriche come “Il ratto del serraglio”, “Le nozze di Figaro”, “Il dissoluto punito ossia Il Don Giovanni”, “Il flauto magico”. Il valore di questo lungometraggio è testimoniato dagli otto premi oscar vinti, tra cui quello per il miglior film.
Ogni rappresentazione teatrale e il precedente sforzo creativo per portarla alla luce, oltre ad avere un valore biografico, aiutano a definire Mozart nei suoi aspetti più intimi e mostrano il legame tra la vita dell’autore e la sua arte. Nella scena in cui viene rappresentato il “Don Giovanni”, la figura del Commendatore, ucciso e poi tornato sotto forma di statua per tormentare il libertino protagonista e portarlo nell’oltretomba, ricorda Leopold Mozart, il padre del compositore, scomparso proprio durante la scrittura di quest’opera. L’idealismo e la passione di Amadeus sono mostrate nel film quando la corte asburgica tenta di dissuaderlo dal mettere in scena “Le nozze di Figaro”, opera considerata sovversiva dal punto di vista sociale. Il compositore difende a spada tratta la pièce, mettendone in risalto il tema fondamentale, ovvero l’amore senza barriere, sia di classe sia d’età, minimizzando l’interpretazione politica.
Intervista col vampiro, 1994
Siamo nel 1791, solo cinque anni dopo la prima rappresentazione de “Le nozze di Figaro” a Vienna. Ci troviamo in America, nella Louisiana spagnola: qui hanno origine le vicende del film “Intervista col vampiro”. Il protagonista di questa storia è Louis de Pointe du Lac (Brad Pitt) che, dopo aver perso la moglie e la figlia, viene morso da Lestat de Lioncourt (Tom Cruise) e trasformato a sua volta in un vampiro. Louis è dilaniato dal rimorso e dai sensi di colpa per la sua bramosia di sangue umano e, nella città infestata dalla peste, incontra Claudia, una bambina rannicchiata al fianco della madre morta. Louis vacilla e tra la sete e la misericordia decide di mordere Claudia. Lestat, che raffigura il libertino senza remore, è compiaciuto dalla piega che hanno preso gli eventi, gioisce e canzona Louis. Tra il raccapriccio e il grottesco, Lestat, che viene dalla vecchia Europa e sicuramente ha frequentato i teatri, balla col cadavere della madre di Claudia e canticchia l’aria “Non più andrai farfallone amoroso” tratta dalle “Nozze di Figaro”.
Proprio come nel film anche nell’opera l’aria è usata per dileggio. Figaro la canta a Cherubino diretto al fronte e lontano dalle sue passioni amorose. La nascita di quest’aria è presente anche in una scena del film “Amadeus” quando Mozart rimaneggia e varia la marcetta che Salieri, compositore della corte, ha scritto come benvenuto al genio austriaco.
Le ali della libertà, 1994
Mozart è da tutti conosciuto come il musicista che meglio ha saputo rappresentare la gioia di vivere, l’amore e la libertà. E quando Andy Dufresne ne “Le ali della libertà” deve scegliere cosa diffondere attraverso gli altoparlanti del carcere di Shawshank, non ha dubbi. Nel momento più buio del film, quando Andy vede sfumare la sua unica opportunità di venire scarcerato, decide di sfidare l’autorità del penitenziario per concedere a sé e a tutti i detenuti un momento di speranza. Si chiude quindi nell’ufficio del direttore e grazie a un giradischi riproduce la “Canzonetta sull’aria” dalle “Nozze di Figaro”.
In questo duettino la contessa d’Almaviva detta a Susanna una lettera indirizzata al Conte nel tentativo di smascherare l’infedeltà del marito. Il legame tra questo brano e Andy è ironico e dimostra la sua forza d’animo di fronte alle avversità: l’uomo è stato incarcerato con l’accusa di aver ucciso la moglie fedifraga. Lui, però, è probabilmente l’unico a intendere il significato delle parole del duetto, avendo ricevuto una buona educazione. Il compagno e amico Red racconta: “Ancora oggi non so cosa dicessero quelle due donne che cantavano, e a dire la verità non lo voglio sapere. Ci sono cose che non devono essere spiegate. Mi piace pensare che l’argomento fosse una cosa così bella da non poter essere espressa con delle semplici parole. Quelle voci si libravano nell’aria a un’altezza che nessuno di noi aveva mai osato sognare. Era come se un uccello meraviglioso fosse volato via dalla grande gabbia in cui eravamo, facendola dissolvere nell’aria, e per un brevissimo istante tutti gli uomini di Shawshank si sentirono liberi.” Musicalmente questo brano è perfetto per elevare gli animi oltre le mura di confine: non uno, ma due soprani – che possono raggiungere le note più alte – ricordano agli uomini che c’è altro oltre quelle recinzioni, in un film dove la presenza femminile è quasi nulla.
Il discorso del re, 2010
“Senza speranza! Senza speranza!” impreca re Giorgio V dopo aver letto un brano di “Amleto” nello studio di Lionel Logue, terapeuta esperto nei problemi del linguaggio. Ma noi, spettatori de “Il discorso del re”, non abbiamo udito le parole del regnante perché una musica le ha coperte, una musica che al contrario sembra urlare: “Speranza!” e segna l’inizio del percorso di riscatto e di una bella amicizia. Si tratta dell’ouverture de “Le nozze di Figaro”.
Sherlock Holmes: Gioco di ombre, 2011
Se Mozart è in grado di materializzare i sentimenti più nobili, può anche liberare quelli che sono gli spettri più oscuri dell’animo umano. “Don Giovanni” è un’opera tenebrosa, ambientata di notte, una notte di coltelli, dove il protagonista incarna il dissoluto che non si pente di nulla e non prova alcun rimorso. Ogni occasione è buona per soddisfare le proprie smanie e gli altri personaggi solo servono ad assecondare il gioco del godimento. Fintanto che non giunge la resa del conti e l’ultraterreno si manifesta nella statua del commendatore. In “Sherlock Holmes” (2009) diretto da Guy Ritchie, Holmes invita Watson all’opera per vedere Mozart. Purtroppo il loro proposito non si avvererà fino al sequel, “Sherlock Holmes: Gioco di ombre” (2011), dove i due non saranno semplici spettatori. ll duo si troverà infatti sul palco durante la scena finale del “Don Giovanni”, intento a sventare l’esplosione di un ordigno.Oltre ad accentuare il tono drammatico, questa scena mostra il parallelo Don Giovanni/Commendatore e Holmes/Moriarty e l’invito a cena nell’opera si traspone nell’invito a proseguire una partita che vedrà un solo vincitore nel film.
La violenza si percepisce nella musica di Mozart tanto quanto è evidente nel libretto di Lorenzo da Ponte. Don Giovanni uccide, mente, abusa. Inoltre, le distinzioni sociali si sfumano. Don Giovanni seduce nobildonne e domestiche e per farlo usa tutto il potere dato dal suo ceto sociale oppure si traverste da Leporello, il suo servitore. Questo spaventava molto le corti europee e mostra lo spirito del tempo. Composta nel 1787 “Don Giovanni” anticipa solo di qualche anno, l’evento che sconvolgera l’Europa e il suo sistema: la rivoluzione francese.
Il buio nella mente, 1995
Tutti questi aspetti confluiscono nel film di Claude Chabrol “Il buio nella mente”. Sophie viene assunta come domestica dalla benestante famiglia Lelievre ed è subito evidente la distanza che separa i personaggi: il ceto basso e quello alto faticano a incontrarsi. La ragazza è analfabeta, questo accentua la sua inadeguatezza e svela il risentimento che si cela nel suo animo verso la famiglia che le dà lavoro disprezzandola. Quando iniziano gli attriti, Sophie si lega intimamente a Jeanne, una donna del paese che non sopporta la classe borghese. Entrambe sono accomunate da un oscuro passato.
Nel finale la coppia di amiche entra in casa Lelievre mentre la famiglia seduta sul divano guarda in televisione una rappresentazione del “Don Giovanni”. Il momento dell’opera è il finale del primo atto, quando Donna Anna, Donna Elvira e Don Ottavio si travestono per entrare alla festa di Don Giovanni e vendicarsi dei suoi misfatti. La villa dei Lelievre ricorda un teatro. Di grande aggressività è il momento in cui Sophie e Jeanne sono affacciate a un balcone del piano superiore (la piccionaia) e guardano padre, madre e i due figli (in platea) con disprezzo. Jeanne addirittura mima uno sputo. Sulle note di “Eh, via Buffone”, il padre George viene ammazzato. L’opera non solo enfatizza le emozioni e aggiunge un sottotesto ricco di suggestioni allo svolgimento della trama, ma è anche risoluzione della storia. La polizia recupera i nastri su cui la figlia dei Lelievre aveva registrato l’audio dell’opera e, inconsapevolmente, anche quello degli omicidi.
Attraverso questi esempi che spaziano dal dramma alla commedia, dalla luce all’ombra, emerge chiaramente l’inestimabile impatto di Wolfgang Amadeus Mozart nel cinema. La sua musica non solo arricchisce le colonne sonore, ma diventa elemento narrativo. Per queste ragioni, la maestosa eredità di Mozart, eterna fonte di ispirazione, continuerà ad accompagnare la settima arte in un rapporto ricco e meraviglioso.
di Riccardo Mollo