Questo mese il protagonista della nostra rubrica “Un, due, tre stella!” non può che essere un pianeta. Quale? Bravi, avete indovinato: ovviamente Marte, che ha conquistato le prime pagine dei media grazie ai recenti avvenimenti di cronaca dell’esplorazione spaziale. Infatti le sonde spaziali partite lo scorso luglio e dirette verso il pianeta rosso, ben tre, sono giunte tutte sane e salve a destinazione. Si tratta della sonda degli Emirati Arabi Uniti Al-Amal, arrivata il 9 febbraio, seguita il giorno dopo dalla sonda della Cina Tianwen-1 e infine dal rover degli Stati Uniti Perseverance, spettacolarmente sceso sul pianeta il 18 febbraio. Il giornalista scientifico Fabio Pagan, amico del nostro centro di ricerca e cultura scientifica, le ha poeticamente paragonate a tre caravelle mandate alla scoperta del Nuovo mondo: non il continente americano, bensì Marte.
Le tre missioni sono state portate avanti dalle agenzie spaziali delle rispettive nazioni, con contributi importanti anche da altri Paesi dal punto di vista delle tecnologie utilizzate e delle operazioni scientifiche programmate. Il successo del terzetto è ancora più significativo se si pensa che dagli anni ’60 del XX secolo a oggi abbiamo inviato circa una cinquantina di missioni verso Marte e all’incirca una sonda su tre non aveva funzionato, perdendosi nello spazio oppure sfracellandosi contro la superficie; inoltre la missione emiratina e cinese rappresentano il debutto assoluto sul palcoscenico marziano per la piccola nazione araba e il colosso asiatico, che al contrario degli Stati Uniti mai avevano esplorato il pianeta. Successo al primo colpo!
La sonda Al-Amal osserverà Marte dall’orbita, concentrandosi sullo studio dell’atmosfera per comprenderne la struttura e determinare i processi che influenzano la meteorologia e il clima marziano. La missione Tianwen-1 è composta da più stadi: un orbiter, che come dice il termine studia il pianeta dall’orbita, ma anche un lander che atterrerà sulla superficie e starà fermo là dove scende, rilasciando però un rover, cioè un robot automatico semovente dotato di ruote che potrà quindi muoversi. I responsabili della missione cinese decideranno la zona dell’atterraggio in funzione delle osservazioni compiute dall’orbita: al momento i tre stadi sono tutti insieme in orbita, quasi a tenersi compagnia e farsi reciprocamente coraggio in questa fase iniziale della nuova avventura.
La grande protagonista indiscussa del febbraio marziano è però la missione statunitense del rover Perseverance. Abbiamo ancora negli occhi l’incredibile filmato, pubblicato lo scorso 22 febbraio dalla NASA, con le riprese dell’ingresso in atmosfera della sonda, la discesa con il paracadute prima e i retrorazzi poi, la gru spaziale che cala lentamente il prezioso carico sulla superficie e vola via, in modo da non cadere addosso al rover. Sentiamo ancora nelle orecchie il delicato fruscio del vento marziano, letteralmente un suono da un altro mondo. Non effetti speciali di un blockbuster hollywoodiano, né simulazioni al computer, ma trasmissioni via radio di suoni e visioni registrati da camere e microfoni a bordo del rover.
O forse dovremmo dire la rover, perché le sonde in inglese sono al femminile, “she/her”, aggiornando alla navigazione spaziale l’antica tradizione marinara di considerare le navi fidate compagne. L’usanza risale almeno al Medioevo, ma è stara resa celebre nella cultura anglosassone in particolare dai capitani della Royal Navy, la Marina militare britannica. Tuttavia, dopo le polemiche di questi giorni sulla convenienza o meno dell’utilizzo del termine “ammartaggio” – per la cronaca, è riconosciuto da decenni in prestigiosi vocabolari, per esempio quello Treccani, ma l’Accademia della Crusca suggerisce di non usarlo e molti commentatori lo trovano semplicemente brutto – non vorremmo aprire un ulteriore fronte di dibattito linguistico.
Parliamo lo stesso, però, di lingua e messaggi che ci giungono da Marte. No, non ci sono alieni che stanno tentando di contattarci da lassù (purtroppo). Si tratta di messaggi che le sonde portano con sé, che gli scienziati coinvolti nelle missioni hanno spedito lontano con i loro veicoli prediletti e che adesso ci tornano indietro, ognuno a modo suo.
Il primo messaggio sono proprio i nomi dati alle sonde. Al-Amal in arabo significa “speranza”, Tianwen può essere tradotta dal cinese come “interrogazione al cielo”, Perseverance in inglese indica la “perseveranza” nel senso della “tenacia”. Si tratta di macchine di silicio e alluminio, ma evocano alcune delle più importanti caratteristiche degli esseri umani: il desiderio di conoscenza, la costanza nello sforzo per indagare la natura, la convinzione che esistano risposte e che siano alla nostra portata – a patto di individuare prima le domande giuste. Oltre che passaggi fondamentali della ricerca scientifica, sono anche tratti specifici dell’umanità quando lavora al suo meglio, che sia sulla Terra o su Marte.
Poi abbiamo messaggi più concreti, scritti proprio sulle sonde, e in questo campo la missione Perseverance è certamente quella che spicca del terzetto. Il rover in particolare è letteralmente uno scrigno di tesori, ora evidenti, ora nascosti.
Già nelle prime immagini inviate è possibile vedere quello che sembra uno strano joystick, montato sulla scocca superiore di questa sorta di fuoristrada marziano. Si tratta in realtà della tavola di calibrazione del sistema di camere Mastcam-Z, considerati i principali ‘occhi’ di Perseverance. La base presenta un circolo di cerchietti colorati: verde, blu, giallo, rosso, nero e tre sfumature di grigio. Al centro c’è una piccola asta. Il sistema serve agli studiosi per verificare che le impostazioni della camera siano corrette dal punto di vista del colore, dei contrasti e dell’illuminazione. L’asta non è un joystick, bensì uno gnomone. Infatti disegna un’ombra che cambia direzione man mano che il Sole sorge e tramonta nel cielo marziano. Così può dare un’idea dell’inclinazione dei raggi come una vera e propria meridiana.
Tra un cerchio e l’altro sono disegnate alcune tappe dei 4 miliardi e mezzo di anni della storia della vita nel Sistema Solare: la formazione del Sole e dei pianeti, la comparsa sulla Terra della molecola del DNA, le prime cellule viventi dei cianobatteri, le piante antiche rappresentate da una felce, i dinosauri, gli esseri umani (con una stilizzazione analoga a quella realizzata per le sonde Pioneer e Voyager degli anni ’70 del XX secolo), un razzo spaziale che sembra uscito da un fumetto. La scritta “Two Worlds, One Beginning”, cioè “Due mondi, il medesimo inizio”, sottolinea che ci sono differenze e allo stesso tempo somiglianze tra la Terra e Marte.
La calibrazione è necessaria anche per la coppia di strumenti situata all’estremità del braccio robotico mobile di Perseverance, lungo tre metri circa. Portano i nomi letterari di SHERLOC (acronomico di Scanning Habitable Environments with Raman & Luminescence for Organics & Chemicals) e WATSON (Wide Angle Topographic Sensor for Operations and eNgineering). Il primo analizza i materiali in funzione di come riflettono la luce emessa da un laser ultravioletto, mentre il secondo è una camera che può scattare immagini molto ravvicinate. Insieme permetteranno lo studio delle proprietà chimico-fisiche dei minerali e delle rocce. Per tarare gli strumenti gli scienziati inquadreranno una specie di tavolozza con dieci campioni, disposti in due file da cinque.
La fila in alto contiene, da sinistra a destra: un composto chimico di azoto, gallio e alluminio; un cristallo di quarzo; una sezione di meteorite marziano; una scheda con inciso un labirinto; un altro composto di azoto, gallio e alluminio con proprietà diverse dal primo. Il labirinto non è un passatempo per gli scienziati, bensì serve per verificare la precisione nel puntamento del laser. Il frammento di meteorite marziano è proprio un pezzo di superficie del pianeta rosso che, in un passato lontano, è stato scagliato nello spazio dall’impatto di un asteroide o di una cometa precipitata su Marte, giungendo molto tempo dopo sulla Terra, dove è stato casualmente ritrovato. Sembrava un viaggio di sola andata, ma grazie a Perseverance è tornato a casa. Dal confronto tra il meteorite e le rocce attualmente su Marte, gli studiosi capiranno come impostare al meglio le analisi di SHERLOC e WATSON.
La fila in basso guarda al futuro dell’esplorazione marziana. Infatti contiene materiali utilizzati per realizzare caschi e tute spaziali. Gli scienziati ne monitoreranno il degrado dovuto all’esposizione alle condizioni presenti sulla superficie del pianeta, in vista di un’ipotetica e futuribile missione umana su Marte. Da sinistra a destra, troviamo prima del policarbonato usato per fare la visiera del casco, poi quattro tipi diversi di tessuto. Sul pezzo di visiera è incisa la scritta “221BBAKER” a ricordare l’indirizzo di Londra del 221B Baker Street, dove lo scrittore britannico Arthur Conan Doyle aveva immaginato si trovasse l’abitazione dei suoi personaggi più noti, il detective Sherlock Holmes e il medico John Watson: un ulteriore omaggio, oltre ai nomi SHERLOC e WATSON, all’investigatore così abile nell’applicare il metodo deduttivo e al suo fidato compagno di casi e avventure.
Un frammento di un altro meteorite marziano, diverso dal precedente, fa parte del sistema di calibrazione di SuperCam. Questo strumento determinerà la composizione chimica del suolo marziano con piccole ablazioni laser superficiali, analizzando il vapore prodotto per vedere quali sostanze contiene. Rispetto a quello di SHERLOC e WATSON, però, questo meteorite è un veterano dello spazio. Oltre ad aver attraversato il cosmo da Marte alla Terra, infatti, anni fa era stato a bordo della Stazione Spaziale Internazionale in orbita attorno al nostro pianeta per un esperimento scientifico, tornando poi nel laboratorio francese al quale appartiene. Il volo con Perseverance è quindi il quarto del piccolo frammento.
Il dramma della pandemia, che ha colpito in modo particolarmente duro gli Stati Uniti, non poteva essere dimenticato. Gli ultimi aggiustamenti del rover prima del lancio, avvenuto nello scorso mese di luglio, sono stati apportati in piena emergenza, con i programmi di lavoro completamente rifatti per tenere conto dell’introduzione di speciali misure volte a garantire la sicurezza di tecnici, scienziati, operatori. Una speciale targa, montata su un lato del rover, testimonia la lotta globale contro il virus, tuttora in corso, e rende omaggio ai sacrifici del personale sanitario che rischia la vita per aiutare i malati. Vi è rappresentato il pianeta Terra sostenuto dal bastone di Asclepio, noto anche come Esculapio, antica divinità greca della medicina e della guarigione. È il simbolo delle farmacie che ben conosciamo, con una bacchetta sulla quale si erge un serpente intrecciato, perché in epoche remote era dal veleno animale che si ricavavano pozioni medicamentose. Spesso è confuso con il caduceo, il bastone di Hermes che ha due serpenti intrecciati e da cui spuntano due ali.
Quasi 11 milioni di persone si sono registrate sul sito web della NASA per mandare il proprio nome su Marte con Perseverance. Con un laser ad altissima precisione, tutti i nomi forniti dagli iscritti sono stati incisi fisicamente, in dimensioni microscopiche, su tre piccole piastre più o meno delle dimensioni di un francobollo. Sulle stesse piastrine sono incisi anche i 155 saggi inviati dalla NASA dagli studenti delle scuole statunitensi che hanno partecipato al concorso per dare il nome al rover e al drone che tenterà di volare su Marte. Hanno vinto Perseverance e Ingenuity, cioè “ingegno”, ma tutte le proposte adesso sono sul pianeta rosso. Le piastrine sono inserite su una placca situata sul retro del rover, dove campeggia un disegno che simboleggia la Terra e Marte illuminati dai raggi solari. Questi appaiono stranamente tratteggiati. Non è un caso: in codice Morse, linea punto linea e così via, compongono la frase “Explore As One”, esploriamo come se fossimo una persona sola. Così i terrestri sospingono il rover nella sua solitaria missione tra i deserti marziani.
Perfino i precedenti rover che nell’ultimo quarto di secolo hanno esplorato Marte tengono compagnia all’ultimo robot arrivato lassù. In un’immagine ripresa da una delle camere per la navigazione (NavCam), scattata per controllare lo stato del rover in preparazione alle sue prime mosse e poi pubblicata sul sito della NASA, appassionati dagli occhi di falco hanno notato che sulla scocca è montata una piastra con l’albero genealogico dei rover marziani. Si vedono infatti il pioniere Soujourner (giunto su Marte nel 1997), i fratelli Spirit e Opportunity (2004), Curiosity (2012) e infine Perseverance con il braccio robotico esteso e il drone Ingenuity in volo. La sequenza ricorda un po’ il classico disegno che rappresenta – in modo notoriamente sbagliato, tra l’altro – l’evoluzione darwiniana, con l’essere umano che discende dalla scimmia.
I responsabili della missione hanno dichiarato che il rover è pieno di sorprese di questo genere. Nemmeno loro le conoscono tutte. Tante delle persone che hanno lavorato alla sonda, infatti, hanno voluto metterci del loro, ovviamente nel rispetto delle specifiche tecniche necessarie per il funzionamento degli strumenti e del rover. Hanno perciò invitato chiunque le noti a segnalarle. L’appello non ha tardato ad essere raccolto.
Diverse camere disposte sui vari stadi che hanno portato il rover sulla superficie hanno ripreso le fasi dell’audace manovra da ogni punto di vista, realizzando lo spettacolare filmato che trovate all’inizio di questo articolo, con una definizione e una dovizia di particolari senza precedenti per l’esplorazione marziana. Il video è stato analizzato in ogni dettaglio. Qualcuno ha concentrato la propria attenzione sui disegni visibili sul paracadute aperto (21 metri di diametro) che ha frenato la caduta della sonda durante la prima fase della discesa nell’atmosfera marziana. Gli spicchi colorati danno un riferimento per studiare movimenti e torsioni del paracadute, utili per testare il sistema (sulla Terra, non essendoci la possibilità di fare le prove su Marte). Ma l’alternanza tra strisce bianche e rosse era talmente asimmetrica da suggerire che potesse avere uno scopo ulteriore.
E così è: associando a ogni tassello di un colore la cifra 0 e all’altro la cifra 1, applicando quindi una formula nemmeno troppo complicata, i numeri risultanti forniscono i valori corrispondenti a certe lettere dell’alfabeto secondo il codice ASCII utilizzato per scrivere testi in formato elettronico. Il risultato è la frase “Dare Mighty Things”, “Osate grandiose imprese”, tratta da un famoso discorso di Theodore Roosevelt, presidente degli Stati Uniti dal 1901 al 1909. Successivamente è divenuta il motto del Jet Propulsion Laboratory (JPL), l’istituto che ha costruito il rover e gestisce la missione per conto della NASA. Il cerchio più esterno riporta addirittura longitudine e latitudine del JPL.
Se volete impegnarvi anche voi nella ricerca di altre sorprese, non vi resta che collegarvi al database costantemente aggiornato che raccoglie le immagini che man mano giungono da Perseverance. Al momento in cui stiamo scrivendo, una settimana dopo l’ammartaggio (ugh!), ospita già 5.614 immagini. Aguzzate la vista, l’ingegno e buona caccia!
Questi “abbellimenti” non servono certo a far funzionare meglio il rover. Ma una missione non si ciba solo di misure, dati e dettagli tecnici. Va avanti grazie, se non soprattutto, alla passione e all’entusiasmo delle decine, centinaia e migliaia di persone coinvolte, dal momento in cui qualcuno ha avuto l’idea a quando è in corso di svolgimento. Il desiderio di firmare il proprio lavoro, di lasciare un segno del proprio contributo in un’impresa così grandiosa come una missione spaziale è ovviamente irresistibile. Anche gli scienziati sono esseri umani, no?
La cosa più incredibile è che questi messaggi non sono rivolti solo a noi. No, non pensate ai marziani. È vero che Perseverance ha l’obiettivo di cercare sostanze organiche su Marte, sperando di individuare eventuali tracce fossili della vita forse esistita in passato sul pianeta; ma parliamo di microrganismi, nella migliore delle ipotesi.
Dopo di noi, i destinatari di questi messaggi sono i nostri discendenti, gli astronauti che da qui a un secolo, più o meno, dovrebbero raggiungere Marte e magari ne avvieranno la colonizzazione. Chissà se si ricorderanno di queste missioni, che appariranno loro remote nel tempo. Se si imbatteranno in Perseverance, potranno leggere un’iscrizione sul bordo della base poligonale della tavola di calibrazione di Mastcam-Z, quella con la meridiana: “Are we alone? We came here to look for signs of life, and to collect samples of Mars for study on Earth. To those who follow, we wish a safe journey and the joy of discovery”. Siamo soli? Giungemmo fin qui alla ricerca di segni di vita e per raccogliere campioni marziani da studiare sulla Terra. A coloro che seguiranno le nostre orme, auguriamo un viaggio sicuro e di vivere la gioia della scoperta. Queste ultime parole, “Joy Of Discovery”, sono scritte anche in cinese mandarino, hindi, arabo e spagnolo.
E alla fine del cammino, dovunque saremo arrivati, lo avremo fatto per provare la gioia della scoperta, quella che tanto gratifica un bimbo quando impara una parola, comprende un concetto, capisce come funziona qualcosa e così via. E i bimbi, si sa, fanno disegnini colorati dappertutto. Anche sul rover marziano più tecnologicamente avanzato mai esistito.
L’articolo è stato realizzato in collaborazione con l’Associazione LOfficina del Planetario che gestisce il Civico Planetario “Ulrico Hoepli” di Milano (lofficina.eu).