Per molti genitori è l’eterno dilemma: affidare il pupo alle cure dei nonni, ovviamente se questi sono ancora in vita e non lavorano, o iscriverlo ad un asilo nido per stimolarne la socializzazione? A risolvere oggi il problema è la crisi economica: i bimbi restano a casa con mamma o papà, disoccupati. Per la prima volta, infatti, quest’anno in Valle d’Aosta si registrano più posti a disposizione nei nidi che domande presentate dalle famiglie. Una situazione che viene definita da tutti “critica”.
Il Comune di Aosta ha già esaurito tutta la graduatoria. I 146 posti a disposizione nei nidi del capoluogo regionale, in teoria, saranno tutti occupati. “In questo momento si stanno svolgendo i colloqui con le famiglie – spiega l’Assessore ai Servizi sociali, Marco Sorbara – aspettiamo quindi la fine di ottobre per capire se chi ha presentato domanda è ancora interessato, o se nel frattempo ha trovato un’altra soluzione. Nel caso in cui dovessimo avere ancora dei posti liberi bisognerà al più presto aprire un ragionamento con tutta l’area della Plaine”.
Va peggio a Saint-Christophe, Hône e Antey dove non solo le graduatorie sono esaurite ma si registrano posti vacanti (7 posti liberi a Saint-Christophe, 4 a Hône e 8 a Antey). “Non è che non sia più ambito il posto al nido – spiega Lea Lugon, Presidente della Cooperativa La Libellula che gestisce il nido di Saint-Christophe – è che il servizio costa e le famiglie non se lo possono più permettere.“ Difficoltà delle famiglie che si riflettono sugli enti gestori dei servizi con strutture e personale da mantenere.
“Bisogna probabilmente diversificare l’offerta – continua Lugon – andando ad offrire una maggiore flessibilità per incontrare le rinnovate esigenze delle famiglie. “ Da mesi l’Assessorato regionale alla Sanità è al lavoro per mappare i servizi ai fini della loro riorganizzazione. Una delibera che arriverà sul tavolo della Giunta nei prossimi mesi dopo la sua necessaria condivisione con gli enti locali interessati. Tra le ipotesi in campo per risparmiare risorse – 1,2 i milioni di euro da tagliare, secondo le cifre illustrate nei giorni scorsi al Celva – quella di aumentare il rapporto bambini educatori, passando dall’attuale 1:6 a 1:8. “La situazione dei servizi alla prima infanzia è in forte sofferenza – spiega il Direttore Gianni Nuti, Direttore delle Politiche sociali dell’Assessorato regionale alla Sanità – possiamo parlare di una débacle. Si tratta ora di trovare delle formule di rilancio partendo da una domanda: la copertura del 33% delle domande potenziali di servizi per i bambini in età prescolare, fissato dal Trattato di Lisbona, è ancora tarato su un’Europa che sta diventando sempre più periferia del mondo?”.
I primi campanelli d’allarme sulla crisi che, in ritardo rispetto al resto d’Italia, si sta abbattendo sulla Valle d’Aosta sono suonati in Bassa Valle.
“La Valle d’Aosta è la prima regione in Italia per qualità e quantità dei servizi – sottolinea Roberto Trapasso della Cooperativa Le Soleil, che gestisce i nidi di Hône e Antey – ma i costi sono oggettivamente più alti (si va da 155 ai 700 euro mensili). Non sono solo le famiglie a non poterseli più permettere, anche i comuni si trovano nella stessa situazione”. Gli enti locali, infatti, che non dispongono di una struttura propria devono convenzionarsi con i comuni limitrofi. Convenzioni che però non sempre riescono a coprire i reali bisogni dei residenti. “E’ anche questo un paradosso – continua Trapasso – perché magari ci sono anche famiglie intenzionate a inserire i bambini al nido ma la convenzione stanzia ad esempio 50mila euro che possono coprire le rette solo di un certo numero di bambini, numero che varia a seconda dell’Isee del nucleo famigliare”. Ovvero più l’Isee della famiglia è basso, maggiore sarà il contributo del Comune nella copertura della retta.
La situazione delle tate familiari
In questo quadro sembrano tenere le garderie che, con soluzioni più flessibili, offrono alle famiglie prezzi più contenuti mentre è crisi anche fra le tate familiari. “Diverse tate hanno posti vuoti, soprattutto su Aosta, una situazione impensabile fino a due anni fa” spiega la Coordinatrice del Servizio Tate, Ingrid Cappellin. Due tate, strozzate dal carico fiscale e in mancanza di utenza, hanno deciso di chiudere mentre altre stanno ragionando in tal senso. “Alcune mi hanno già comunicato – spiega ancora Cappellin – la decisione di accompagnare fino a giugno i bimbi nel passaggio alla materna e poi vedranno se mollare perché la gestione della libera professione è faticosa in questo momento.“ Imprenditrici che per il loro nucleo familiare rappresentano l’unica fonte di reddito. “Se prima le tate andavano a integrare il budget familiare – sottolinea la Coordinatrice – oggi è affidato loro il compito di mantenere marito e figli. Tante donne che hanno deciso di intraprendere il percorso da tate avevamo i mariti che lavoravano ad esempio nei cantieri forestali”.
Gli utenti mancano e quelli che continuano a frequentare il servizio hanno ridotto di molto la loro presenza. “Le famiglie fanno contratti con le tate legati al minimo indispensabile, poche ore e di norma solo il mattino. Inoltre molti chiedono di poter ritirare il bimbo per pranzo o di portare il cibo da casa per risparmiare anche fino a 70 euro al mese. Sono frequenti nell’ultimo periodo anche i casi di genitori che chiedono che venga loro restituito il pranzo non consumato dal bambino. Tutte situazioni che fino a due anni fa nessuno poteva immaginare”. Se enti locali e Regione lavorano alla riforma dei servizi, le tate familiari si sono già riorganizzate. “Prima le tate affittavano un luogo terzo per svolgere la propria attività, ora per risparmiare molte sono tornate a lavorare in casa”.