Gentile Sr Olivotto,
Non ho letto la lettera che lei ha commentato, ma mi permetto di fare altrettanto con la sua, a prescindere da ciò che avevano scritto i miei colleghi.
Già, sono una prof anche io, insegno nella scuola media valdostana da solo 6 anni, ma ho accumulato qualche esperienza all’estero; il tutto mi porta a controbattere ciò che dice con tanta ironia. Infatti, sarò stata fortunata?, in questi 6 anni ho avuto ed ho colleghi di ruolo e precari che non rientrano proprio nell’abito che lei ha cucito (salvo le dovute, ma minime, le assicuro, eccezioni, riconosciute da chi ne capisce più di me).
1- I programmi non esistono da tempo, ma al loro posto ci sono indicazioni nazionali, quindi curricula istituzionali, comunque prescrittivi, ma adattabili secondo il criterio migliore: ho una classe di tot bambini, che hanno tali caratteristiche e posso accompagnarli all’anno successivo muovendomi entro tali direttive nel modo didatticamente più opportuno, guardando allo sviluppo del singolo bambino, ai suoi bisogni, normali o speciali che siano, alle sue modalità di apprendimento, stimolandolo in modi diversi alla partecipazione attiva. Certo, pretendo, e lo ripeto, pretendo che loro a casa rivedano e riflettano su ciò che è stato svolto in classe, magari eseguendo alcuni esercizi significativi per comprendere e utilizzare le nozioni imparate (non insegnate) la mattina. E ben venga la ripetizione in classe di parte di quelle nozioni, quel tanto che permetta ai ragazzi di poterle usare, maneggiare, manipolare per renderle utili ed efficaci nella vita fuori dalla scuola. E i miei colleghi fanno lo stesso, lo posso dire perché si lavora insieme, fianco a fianco. Per cosa? Per mettere voti e finire il programma? No, caro signore, per aiutare a crescere ragazzi che in alcuni casi sono lasciati soli in questa parte del loro difficile cammino per diventare autonomi da famiglie che per vicende personali, lavorative e sociali non hanno gli strumenti, il tempo, a volte la voglia di faticare dietro ai figli (deve farlo la scuola,no?) i quali d’altra parte il più delle volte credono che imparare debba essere per forza esilarante, intrattenitivo, breve, senza rischi, come un film o un videogame. Ma imparare è anche fatica, perché induce a cambiare i propri schemi mentali, le proprie abitudini, l’idea di efficacia ed efficienza di ogni ragazzino che a quell’età (12-14 anni) vuole essere adulto, ma ha bisogno di essere bambino e viceversa, a seconda del momento e del pubblico; che è arrabbiato ma non sa definire con chi e perché, che ti tratta come nemico solo perché sei un adulto che impone dei limiti che gli vanno stretti, perché imparare a con-vivere al di fuori della famiglia e del gruppo di amici non è semplice.
2-Gli insegnanti che conosco io e sono fiera di lavorare con loro, sono persone non scribacchini, sono accoglienti, non menefreghisti, sono professionali, non raffazzonati, sono docenti, non indecenti! Perfetti no, perché tutti hanno la possibilità e il dovere morale di migliorare e lo facciamo ogni giorno, mettendoci in discussione con la e nella collaborazione tra docenti, coi genitori, talvolta nel conflitto, che di per sé non è necessariamente negativo, ma con l’intenzione di avere dei ragazzi preparati. Sì, preparati ma alla vita, quella in cui se non vali e non dai il massimo non c’è posto, quella in cui "i nodi vengono al pettine", quella che se non meriti non ottieni, quella che se non sai contare, leggere, ascoltare ed esprimerti ti isola o ti fa sentire isolato, quella in cui devi sapere vivere e lavorare insieme agli altri attraverso la competenza e l’educazione, non il bullismo e l’ignoranza.
No, signore, non è il paradiso, perché la scuola è un "work in progress" costante, è una palestra che insegna ed impara ad essere cittadini, consapevoli e volenterosi di migliorare ogni giorno, perché il mondo ci richiede questo a gran voce: consapevolezza, onestà e impegno.
Il programma? Uno strumento, come la ripetizione, lo studio, a volte mnemonico, a volte pratico, la manipolazione del sapere, il pensiero divergente, la cooperazione, l’espressione dei propri sentimenti e delle proprie idee, lo scontro CIVILE e non sguaiato di opinioni. Questo è crescere, questo è scuola. Non è facile, bisogna essere preparati e prepararsi, bisogna essere fermi e accoglienti, bisogna essere motivati e motivare, farsi rispettare e rispettare: questa è la mia scuola, quasi sempre (lascio il quasi perché momenti di défaillance capitano). E’ una scuola che studia, che svecchia ma non butta via, che cambia ma ricorda, che si analizza e si modella perché per alcuni ragazzi è rifugio, è trampolino, è ostacolo, è amicizia, è fatica, è rabbia, è soddisfazione, è……..non tutto, ma tanto!
Ne vuole parlare? Mi contatti. Chi ha delle idee per migliorare, e ha voglia di condividerle con educazione e rispetto dell’interlocutore, troverà la porta aperta.
Cordiali saluti
Prof.ssa Patacchini Gabriella
Istituzione Scolastica E.Lexert
Aosta