Area megalitica di Saint-Martin, la Regione perde la causa milionaria contro i progettisti

Secondo il giudice è "mancato il coinvolgimento dei progettisti nella deliberazione delle varianti” e inoltre c'erano "profonde incongruenze fra lo stato reale dei luoghi e il rilievo ufficialmente fornito dalla Soprintendenza" per redigere il progetto.
L'Area Megalitica di Saint-Martin-de-Corléans
Cronaca

Il taglio del nastro, lungamente atteso, sta per arrivare ma, a meno di un mese dall’apertura ufficiale dell’area megalitica di Saint-Martin, da Torino arriva una sentenza che rischia di smorzare gli entusiasmi.
La prima sezione del tribunale di Torino ha, infatti respinto, la richiesta di risarcimento danni – oltre 5 milioni di euro – che nel 2010 la Regione avanzò nei confronti dei progettisti dell’opera, l’architetto Vittorio Francesco Valletti e l’ingegnere Giulio Vallacqua, per presunti errori compiuti nella progettazione del parco archeologico che avrebbero comportato una serie di varianti d’opera.

Il Giudice Guglielmo Rende, nella sentenza pubblicata ieri, richiama la consulenza tecnica d’ufficio redatta dall’architetto Marco Isaja che ha ritenuto “non fondati e non sussistenti i singoli errori progettuali” e ha evidenziato “come sia del tutto mancato il coinvolgimento dei progettisti da parte della Direzione lavori e del Responsabile unico del Procedimento nella deliberazione delle varianti”. Proprio il mancato “coinvolgimento e contradditorio dei progettisti” secondo il giudice è “dirimente ai fini di causa”.

Scrive il giudice: “Appare evidente che se non si è provveduto a sentire il progettista non si può poi addebitare ad esso il costo necessario a eliminare i vizi e i difetti conseguenti all’asserita erronea progettazione”.
Secondo la consulenza tecnica, condivisa dal giudice, non può essere poi attribuita all’opera progettuale “la difformità fra il disegno architettonico e archeologico e lo stato reale dei luoghi”.
Il progetto ha preso, infatti, forma, “sulla base dei rilievi forniti dalla Soprintendenza”. Scrive il consulente d’ufficio: “C’era la piena consapevolezza da parte di tutti i soggetti coinvolti delle profonde incongruenze fra lo stato reale dei luoghi e il rilievo ufficialmente fornito dalla Soprintendenza che fu adottato per l’elaborazione definitiva del progetto”.

Chi sono i soggetti che, secondo il consulente d’ufficio erano a conoscenza della situazione? “Il professionista che ha denunciato per iscritto tali discrepanze, la soprintendenza e il responsabile unico del procedimento, la stazione appaltante che ha approvato il progetto esecutivo e che ha rilasciato il 23 novembre 2005 il certificato di buona esecuzione relativo ai servizi attinenti l’ingegneria e l’architettura”.
A confermare tali “discrepanze” fu successivamente anche la società Inarcheck di Milano, incaricata nel 2004 dalla Regione, dopo l’esito negativo della prima gara d’appalto, di verificare il progetto esecutivo del parco archeologico.
“Il progetto – segnalava l’Inarckeck nel verbale dell’ottobre 2004 – mancava di una rappresentazione dello stato di fatto per tutto quanto potesse avere un’influenza sull’appalto ossia un rilievo accurato dell’area con identificazione dei manufatti presenti ed un rilievo dei sottoservizi”. In un successivo verbale la società specificava che a “seguito di ulteriori analisi permaneva a consegna del progetto esecutivo la non conformità”.

Tranchant il consulente d’ufficio nel successivo passaggio: “Sembra lecito chiedersi, alla luce di quanto esposto, se coloro che ne erano a conoscenza avessero in qualche modo informato la Inarcheck dell’esistenza di gravi discrepanze tra lo stato reale e quello progettuale, e se le stesse non si sarebbero potute risolvere con ulteriori e opportune indagini, proprio nell’ambito della validazione stessa, o quantomeno prima di dare inizio ai lavori, per sollevare la Regione da tutte le conseguenti ricadute economiche negative, dal momento che era prevedibile che tale problematica si sarebbe ripresentata durante la fase di realizzazione dell’opera carica di risvolti potenzialmente più complessi”.

Il progetto fu comunque approvato nel 2004 e dopo gara d’appalto i lavori del II lotto vennero aggiudicati nel settembre 2005 al Consorzio cooperative costruzioni per un importo di 14 milioni di euro. Successivamente arrivarono le varianti in corso d’opera per le quali non furono, ribadisce il consulente d’ufficio, “interpellati i progettisti anche se la normativa lo prevede”. Lavori di variante che non hanno “comportato danni all’integrità dell’opera, ma anzi hanno portato ad una sua realizzazione, questa però ha comportato maggiori oneri di esecuzione nonché maggiori spese di riprogettazione che si sarebbero potute evitare se si fossero interpellati i progettisti stessi”.

Argomentazioni condivise dal giudice che ha rigettato le richieste di risarcimento danni condannando la Regione al pagamento della metà delle spese di lite – 19mila euro – per ciascun soggetto chiamato in causa: oltre all’Architetto Valletti, l’ingegnere Giulio Vallacqua, la società Inarcheck e gli assicuratori dei Lloyd’s.

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