Ricevuta, in mattinata, la relazione del Soccorso Alpino della Guardia di Finanza di Entrèves, la Procura ha iscritto, nel fascicolo aperto a seguito della valanga di sabato al Col Chamolé che ha causato due feriti e due morti, i nomi di sei persone. Si tratta degli istruttori Cai che accompagnavano il gruppo di ventun sciatori e ciaspolatori su cui si è abbattuta l’immane massa di neve: il pm Eugenia Menichetti, titolare dell’inchiesta, procede nei loro confronti per disastro colposo e omicidio colposo plurimo.
Per ora sono stati identificati tutti e sei (due sono i superstiti, ancora in ospedale ad Aosta, Matteo Manuelli, 43enne di Imola, e Giacomo Lippera, 45enne di Rimini). Il settimo istruttore che seguiva i partecipanti era Carlo Dall’Osso, il 52enne di Imola che ha perso la vita. Al momento, il magistrato non ha ancora stabilito se procederà all’autopsia sulla sua salma e su quella dell’altra vittima, Roberto Bucci, 28enne di Faenza. L’esame dei corpi potrebbe non rivelarsi dirimente rispetto a quanto resta da approfondire.
Dalla relazione che il pm ha ricevuto dal comandante del Sagf di Entrèves, il maresciallo Delfino Viglione, prende forma il “film” della vicenda. Il gruppo della scuola Cai “Pietramora” era arrivato ad Aosta già venerdì 6 aprile. Sabato mattina, si sono presentati tra i primi all’ovovia per Pila, attorno alle 8.30. Altrettanto hanno fatto alla seggiovia per Chamolé, una volta giunti alla stazione sciistica. Dopodiché, indossati sia gli sci, sia delle “ciaspole” (usate in particolare da chi frequentava il corso nella versione per snowboarders, come Bucci), si sono mossi verso il rifugio Arbolle, con il quale avevano preso contatti e dove avevano in programma attività didattiche. “Tutti erano attrezzati – sottolinea il pm Menichetti – con Artva, pale e sonde”.
La prima chiamata di soccorso arriva alle 10.48, con la valanga “che non aveva ancora finito la sua corsa”. Ad essere investite sono sei-sette persone. Alcune vengono coinvolte parzialmente e riescono a liberarsi da sole, o aiutate dai compagni. Quattro rimangono sotto il manto nevoso. Sul posto arrivano i primi elicotteri del Soccorso Alpino Valdostano, con le guide e tre medici. I due feriti vengono estratti. Per uno si procede a manovre di rianimazione, grazie alle quali si riprende. Per le due vittime, il destino appare segnato da subito. Una viene estratta senza vita dalla coltre, l’altra è stata trascinata fino al lago Chamolé, ghiacciato, ma il peso ha aperto una voragine e l’acqua l’ha inghiottito.
I soccorritori lo trovano perché il suo Artva emetteva ancora segnale. Per recuperare il corpo ormai senza vita arrivano i sommozzatori dei Vigili del fuoco. Il dettaglio emerso nelle ultime ore è che “aveva anche lo zaino airbag ed è riuscito ad attivarlo, ma c’era troppa neve e troppo pesante”, quindi non è riuscito a “galleggiare” sulla massa che lo ha portato con sé verso valle. A quanto risulta agli inquirenti, “la temperatura, quando sono partiti, non era particolarmente elevata. Era comunque già sopra lo zero. Quello che per il momento si può dire è che delle prove di tenuta, verosimilmente, le hanno fatte”.
Allo stesso modo, il magistrato che coordina le indagini afferma che i partecipanti all’uscita “erano preparati”. Avevano ricevuto “indicazione sulle attrezzature” ed “erano stati avvisati sul percorso”, anche se resta da chiarire se “sapessero solo la destinazione” o se conoscessero esattamente “l’itinerario”. Non sembra, da quanto appurato finora, che giunto alla funivia di Chamolé, il gruppo abbia “avuto dubbi sul continuare” la salita. Ricostruito sostanzialmente l’accaduto, le indagini proseguono. Gli inquirenti devono finire di sentire dei testimoni, “fare ancora accertamenti tecnici sul manto nevoso e capire bene tutte le cautele che sono adottate”.