Sei mesi e addio. Sembrava una rivoluzione impossibile in Italia e invece è in vigore dal 26 maggio il divorzio breve. La nuova normativa ha ridotto fino a 6 mesi (se è consensuale) i tempi dalla separazione al divorzio. Il provvedimento, approvato in via definitiva dalla Camera il 23 aprile scorso, è stato pubblicato in Gazzetta il 6 maggio.
Fino a oggi lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio poteva essere chiesto da uno dei coniugi non prima di tre anni di separazione.
Con il divorzio breve il termine scende a 12 mesi per la separazione giudiziale e a 6 mesi per quella consensuale, indipendentemente dalla presenza o meno di figli.
Ci sono novità anche sulla comunione dei beni che si scioglie quando il giudice autorizza i coniugi a vivere separati o al momento di sottoscrivere la separazione consensuale; prima si realizzava solo con il passaggio in giudicato della sentenza di separazione.
Infine c’è l’applicazione immediata: il divorzio breve sarà operativo anche per i procedimenti in corso.
Non è stato facile arrivare a questa riforma, si deve partire dalla seconda metà degli anni Sessanta del secolo scorso, per l’avvio della battaglia in nome del divorzio: con il progetto di legge del socialista Loris Fortuna, le manifestazioni dei radicali, la Lega italiana per l’istituzione del divorzio.
Nel dicembre del 1970, radicali, socialisti, comunisti, liberali e repubblicani approvarono la legge sul divorzio; contrari la Dc e il Msi.
L’Italia cattolica, antidivorzista, chiese il referendum: il 12 maggio 1974, l’87,7% degli italiani andò al voto per scegliere se abrogare o meno la legge Fortuna-Baslini; grazie a quasi il 60% dei no, restò in vigore.
Arriva, poi, la prima forma di divorzio breve, con la riforma nel 1987 e con i tempi del divorzio che passano dai 5 ai 3 anni. Oggi l’ulteriore grande passo, in attesa del divorzio immediato, stralciato dal Ddl, e del riconoscimento degli altri diritti civili che l’Italia ancora aspetta.