Cuba e il Che, tra mito e realtà: incontro con la figlia del Comandante

Incontro a Courmayeur con la figlia del Che, Aleida Guevara: portavoce istituzionale di Cuba, ha ricordato la figura del condottiero e commentato la situazione dell'Isola e dell'America Latina.
Aleida Guevara a Courmayeur
Cultura

L’importanza di chiamarsi Ernesto: ieri a Courmayeur la sala era gremita di persone, accorse per incontrare Aleida Guevara, figlia del Che. L’uomo è morto, assassinato nel 1967, ma il mito – transnazionale e transgenerazionale – ha attraversato indenne gli anni 60 per giungere fino ad oggi: il richiamo del suo nome ha riempito il Jardin de l’Ange. Conducevano la serata Enrico Martinet, giornalista valdostano de "La Stampa", e Antonio Vermigli di Rete Rediè Resch, organizzazione di solidarietà internazionale tra i promotori di Rete Lilliput.
Aleida Guevara, pediatra allergologa, attivista per i diritti umani e parte del corpo diplomatico di Cuba, è attualmente in Italia per una “tournée” dedicata alla figura del padre, a Cuba e al blocco imposto dagli Usa, tutt’ora in vigore, perché nonostante l’annuncio di Obama il Congresso statunitense non ha provveduto ad eliminarlo.

Chi è venuto per Che Guevara, comunque è stato accontentato: era veramente presente. Anzi, ce n’erano in sovrabbondanza, ognuno ha portato il suo.
Enrico Martinet ha evocato il pensatore, il teorico e il poeta, costretto a prendere le armi dalla sua stessa logica implacabile – non credendo alla possibilità di una rivoluzione pacifica. “Oggi si ricorda l’icona, ma l’uomo sarà dimenticato” ha esordito. “Purtroppo nell’immaginario collettivo il Che con il mitra ha prevalso sul Che con la penna, ma lui stesso ammoniva, nei suoi scritti: “Io non sono la mia vita”. Bisogna leggerlo, per capire veramente la portata incredibile delle sue idee”.
La stessa esortazione di Aleida Guevara: “leggete i diari del Che, che dai 17 anni in poi ha raccontato tutto ciò che ha vissuto, vi farete un’idea senza filtri ideologici”. L’ospite, assistita da un’interprete, ha accennato brevemente alle esperienze del padre: dal famoso viaggio in moto attraverso l’America Latina, che gli ha permesso di scoprire le condizioni reali della popolazione, alla dura lezione appresa in Guatemala, quando il governo di Arbenz venne rovesciato dalla Cia, secondo una devastante e criminale consuetudine Made in Usa; dalla conoscenza con Fidel Castro al successo della rivoluzione cubana, e infine all’impegno militare internazionale, specialmente in Congo.

Per favore, non vedete il Che come un mito" si è raccomandata Aleida Guevara. "Un mito è distante dalle persone, mentre Ernesto Guevara è stato un uomo. La sua lezione è questa: rispettare tutti, studiare, amare e vivere intensamente. Era incapace di mentire, e per lui pensiero e azione coincidevano sempre”.
Dal ritratto della figlia è emersa la figura di un eroe senza macchia, privo delle stridenti contraddizioni tipiche di ogni essere umano, e specialmente dei grandi condottieri che hanno impresso un forte segno nella storia. Il “santino laico” si è imposto su una versione più umana ed equilibrata di Ernesto Guevara, ma si capisce: a parlarne è la figlia, privata del padre da piccola, cresciuta nel mito del comandante, depositaria della sua eredità morale, fatta di luci scintillanti ma anche di ombre.

Lo stesso filtro rosa, molto più evidente, è stato applicato a Cuba: impossibile evocare la separazione tra Fidel e il Che, tema sollevato da Enrico Martinet, confortato dalla lettura degli stessi scritti di Che Guevara. “I due erano fratelli, erano sempre d’accordo, Cuba rappresenta la massima realizzazione degli ideali di mio padre, e ad asserire il contrario è la propaganda e la disinformazione” ha ribadito Aleida Guevara, menzionando con giusto orgoglio la sanità e l’educazione gratuite, il fatto di essere “padroni di ciò che si produce”, ma tacendo del resto – i dissidenti nascosti sotto il tappeto, la libertà di espressione negata. Addirittura ha lodato i giovani studenti cubani figli dei raccoglitori del caffè di montagna, che hanno scientemente sabotato lo sciopero dichiarato dai loro genitori, prendendo il loro posto come i più classici dei crumiri. Nel paese perfetto lo sciopero non ha ragione di essere.

Ma che ne sarà di Cuba, dopo Castro? Fidel – che Aleida Guevara chiama affettuosamente zio – “è amatissimo dal popolo, ma non abbiamo paura, il socialismo è la via che abbiamo scelto, e proseguiremo in questa direzione”.
Nel frattempo, l’intera America Latina si conferma un affascinante laboratorio politico. “Ecuador, Venezuela e Bolivia stanno imprimendo un cambiamento di rotta, attraverso il controllo delle proprie risorse produttive e economiche e l’elezione di una classe dirigente capace di tenere testa alle pressioni ultraliberiste” ha raccontato Aleida Guevara. “Si occupano dei problemi reali della gente. Questa visione, finalmente, non si limita ai confini nazionali: in futuro l’America Latina potrebbe diventare come l’UE, anzi, ancora meglio, perché siamo accomunati dalla lingua e dalla cultura. Solo l’unione tra i popoli e la solidarietà possono portare al progresso”. Forse è proprio questa auspicata rivoluzione pacifica la migliore eredità lasciata dal pensiero politico del Che.
 

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