La Veillà torna agli antichi fasti: Aosta vive la sua ‘notte bianca’ tra tradizione e novità

Sono servite due Veillà 'sottotono', ad Aosta, per tornare sui suoi passi. Dopo un paio d'anni di 'stanca' la 'notte bianca' della Fiera di Sant'Orso è tornata a respirare un'aria non inconsueta ma forse recentemente un po' tralasciata, sottovalutata.
La Veillà 2016
Cultura, Società

Sono servite due Veillà ‘sottotono’, ad Aosta, per tornare sui suoi passi.
Dopo un paio d’anni di ‘stanca’, infatti, la ‘notte bianca’ della Fiera di Sant’Orso è tornata a respirare un’aria non inconsueta ma forse recentemente un po’ tralasciata, sottovalutata. Problema atavico quando la tradizione, l’identità, perde il suo significato e diviene invece, semplicemente, una consuetudine, una banale – e banalizzante – abitudine.

La Veillà 2016 invece cambia le carte in tavola, e non solo perché le strade sono invase di gente (fattore non scontato se si pensa al ‘vuoto’ nelle vie laterali al centro del 2015, solamente un anno fa) che ‘aggredisce’ famelicamente le postazioni delle Pro Loco già dall’apertura. Le cambia perché nell’aria qualcosa è diverso, e si sente.
La Veillà torna a respirare, a non essere mero ‘contorno’ della Millenaria ma cuore pulsante e strategico (e non a caso è incastonata tra i due giorni di Fiera, né prima né dopo), e torna a farlo a partire dalle cose che forse, schiavi dell’abitudine, si davano per scontate.
Tornano a respirare aria viva le cantine, non più i club élitari ad invito delle ultime edizioni ma motore caratterizzante della ‘notte bianca’ per eccellenza della Valle d’Aosta. Cantine nelle quali entrano ed escono liberamente persone di ogni estrazione e di ogni provenienza, siano essi autoctoni o turisti. Non una banalità, anzi una cesura decisa rispetto alla deriva settaria – e assai poco ospitale – degli ultimi anni.

La tradizione, poi, per non stancare deve anche avere il coraggio di innovare e innovarsi. E se i ‘punti cardine’ di ogni amante della Veillà sono inattaccabili (la cena negli stand delle Pro Loco, il vin brûlé consumato nelle piazze e nelle vie – di fronte alla chiesa di Sant’Orso in testa – i balli sparpagliati per tutta Aosta con i gruppi folkloristici a consumarsi le dita sugli strumenti fino a tarda ora) ecco che la tradizioni si rinnova con coraggio, senza negare e senza negarsi.
Capita di inerpicarsi sulle scale tortuose di un palazzo in centro per trovare un’altra Veillà, un’altra tradizione, un altro legno.
Una rivisitazione degna di nota, ad esempio, è stata la Veillà all’insegna del design, della performance interattiva, della grafica pubblicitaria, ‘nascosta’ in via De Tillier presso l’atelier ‘Noli Parquet’. Piccola perla – volutamente intima – che spiega come la tradizione, per essere tale ed essere quindi rispettata e condivisa, non possa mai chiudersi a riccio ma debba, semplicemente, avere coraggio. Coraggio relativo ma fondamentale: quello di evolversi e di saper leggere il momento storico nel quali siamo immersi, la contemporaneità.
Avere il coraggio insomma di non essere, meramente, una banale abitudine.  

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