Raffaele Rocco, coordinatore del Dipartimento programmazione, difesa del suolo e risorse idriche dell’Amministrazione regionale, è stato condannato dalla terza sezione centrale d’appello della Corte dei conti al pagamento di seicentomila euro, per non aver riscosso una sanzione relativa all’estrazione non consentita di 59mila metri cubi di inerti nell’alveo della Dora Baltea, avvenuta nel 2006.
Rispetto al primo grado di giudizio, quando il risarcimento posto dai magistrati contabili a carico del dirigente era stato di 261.175 euro, la condanna è sostanzialmente raddoppiata. Il procedimento era scaturito relativamente ai lavori di sistemazione della Dora, nei millesettecento metri del tratto a valle del ponte a Grand Vert di Donnas, fino alla confluenza del torrente Lys a Pont-Saint-Martin.
In particolare, alla società “Icoval” era stata rilasciata un’autorizzazione, a firma del coordinatore, che prevedeva l’asportazione di quattordicimila metri cubi di materiale inerte, esclusivamente in alcune zone individuate dal progetto. Ogni prelievo in eccedenza avrebbe dovuto essere punito con sanzioni pari a cinque volte il canone dovuto.
Due gli aspetti della vicenda per i quali la Procura regionale aveva chiamato Rocco a giudizio: la mancata riscossione sia dei canoni, sia della sanzione per aver estratto più del consentito. Delle due contestazioni mosse, la sezione giurisdizionale per la Valle d’Aosta della Corte aveva accolto solo la prima: il coordinatore “avrebbe dovuto riscuotere i canoni perché dovevano intervenire prima e non dopo i lavori”.
La richiesta di condanna per l’importo della sanzione non irrogata alla ditta esecutrice dei lavori, invece, era stata respinta dai giudici, “non potendosi ritenere provato se l’estrazione eccedente fosse illecita o meno” rispetto alla quantità autorizzata, “né la consapevolezza [dell’imputato] dell’eventuale illiceità di tale eccedenza”.
Proprio su quest’ultimo aspetto, il Procuratore regionale aveva impugnato la sentenza di primo grado, sostenendo che “certa era l’estrazione di materiale litoide pari a oltre 74.000 metri cubi, per cui era doverosa l’applicazione della sanzione amministrativa, attività vincolata e non discrezionale del dirigente”.
Per i giudici di secondo grado, anzitutto, dall’esame della vicenda emerge “che nessun disciplinare è stato redatto e che nessun pagamento preventivo dei canoni per l’estrazione del materiale è stato fatto”. Inoltre, “nessuna verifica delle quantità e qualità dei materiali estratti è stata fatta in corso d’opera” (e la stessa “incombeva, ovviamente, all’ingegner Rocco”). Infine, “non risulta che il Rocco abbia mai effettuato dei sopralluoghi sui lavori, ancora più necessari tenuto conto della delicatezza delle opere”.
Dopodiché, rispetto alle azioni che il coordinatore avrebbe dovuto intraprendere rispetto all’impresa, “era indubbia l’irrogazione delle sanzioni pari al quintuplo del canone concessorio con riferimento ai volumi di materiale estratto in difformità da quello assentito con la richiamata autorizzazione rilasciata”.
Da qui, la condanna di Raffaele Rocco al risarcimento della sanzione non riscossa, seppur in misura minore rispetto alla richiesta della Procura generale (dell’ammontare di un milione 272mila euro), in ragione “sia del fatto che, comunque, i canoni sono stati pagati”, sia “considerando il comportamento tenuto dall’appellato successivamente ai fatti e alla condanna”, elementi dai quali deriva una "conseguente riduzione del danno globale arrecato alla Regione".