Per inquadrare Tricky, il 'folletto di Bristol', al secolo Adrian Thaws, che ieri sera allo Splendor ha aperto il programma della Saison Culturelle 2016/17, bisogna fare un salto indietro di 21 anni.
Nel 1995, infatti, uscì nelle sale cinematografiche 'Strange Days' di Kathryn Bigelow, perla di narrazione distopica ambientato nel 'proto-futuro', inquietante e noir, di una Los Angeles che aspetta fremente la mezzanotte a cavallo tra il 1999 ed il 2000. Un'attesa che si consuma tra violenze, locali underground e lo spaccio del 'filo-viaggio', una tecnologia illegale – fondamentalmente di realtà virtuale – che abbraccia tutta la sfera sensoriale delle persone guidandole alla scoperta delle esperienze altrui. Esperienze in soggettiva, dal sesso alle rapine alla riconquista del riavere le gambe perse, ad esempio.
E non a caso, nella colonna sonora della pellicola di Bigelow, figurava 'Overcome' di Tricky, la sua canzone ceduta ai compaesani Massive Attack e divenuta la celeberrima 'Karmacoma'.
C'è quel vuoto, in Tricky, e ci sono quelle macerie di una civiltà lontana e fredda ma pericolosamente vicina, dietro l'angolo, ad orologeria. E ci sono canzoni decostruite – letteralmente scomposte –, ci sono testi/mantra ripetuti ipnoticamente, c'è quel downtempo farcito di ultra bassi che riempe le orecchie, ritmato da una batteria spesso scarna, ma che gira volentieri in un incedere martellante.
Se i Massive Attack sono il 'cuore oscuro' della musica di Bristol (frettolosamente) battezzata 'Trip hop', e se i Portishead ne sono invece l'anima raffinata e cristallina, nel loro tormento; Tricky (anch'egli uscito da quel 'The Wild Bunch', collettivo di artisti e dj underground della città inglese a ridosso del Galles) sta nel mezzo, in quella inquietudine un po' post-apocalittica e tribale che mixa i generi e dilata i tempi.
Immerso nella sua musica, nelle basi elettroniche, nella batteria e nella chitarra – sempre cupa, satura ed oscura – che lo accompagnano, c'è lui, Tricky, che ipnotizza lo Splendor ondeggiando e contorcendosi sul palco, giocando a duettare con le voci femminili (anch'esse in base), o con il suo stesso cantato campionato, farcito di delay, a volte sussurrato e a volte graffiato, trasformando il teatro in un covo underground fatto di luci al neon e tubature che corrono lungo i muri.
Quando le luci si riaccendono invece, dopo circa un'ora e tre quarti rette in gran parte dal ritmo fitto e serrato delle canzoni del suo nuovo album 'Skilled Mechanics' uscito a gennaio, si scopre di essere in uno Splendor neanche riempito in ogni ordine di posto – fattore preoccupante per un artista del genere, sebbene le 4 date in 4 giorni al nord Italia (oggi al Leoncavallo di Milano, domani a Firenze, dopodomani in provincia di Treviso) – ma comunque entusiasta. Forse l'unico vero difetto di questo concerto con le sedie del teatro che sono diventate, per molti spettatori, delle piccole 'prigioni' che rendevano impossibile la fruizione che Tricky merita: diretta, ravvicinata, immersiva, fisica. Laddove il contatto, il sudore, l'ondeggiare in piedi e ad occhi chiusi l'uno vicino all'altro è invece necessario. Ed è lo stesso folletto nero di Bristol a chiederlo, sembra, nella sua nuova e cupa 'Here my Dear': “Here my dear, bring you near, won’t complain, contain my fear”.