Il canalone di Visaille non è difficile da raggiungere, per i freeriders. Si sale verso la Val Veny, con la funivia che va da Courmayeur a Pré-de-Pascal, poi invece di scendere lungo le piste si prosegue nella direzione opposta, tra bosco e rocce. L’emozione, per chi fa fuoripista, è tutta lì e ad inseguirla oggi erano davvero in tanti. Quando la neve, probabilmente di due diversi distacchi, ha invaso il passaggio lungo circa duecento metri, lo stavano attraversando diciotto persone, di quattro gruppi diversi, composti da italiani, belgi, tedeschi e svedesi.
Mancava poco alle 13. Sul luogo sono letteralmente piombati due elicotteri del Soccorso Alpino Valdostano, con guide e medici, oltre agli uomini della Guardia di finanza di Entrèves. Le operazioni di soccorso, facendo la spola con l’hangar a La Palud, sono andate avanti fin dopo le 16. Il bilancio finale è di tre morti: un 35enne di Torino, Federico Mighetto, un belga e un tedesco, di cui non sono state rese note le generalità.
All’ospedale di Aosta ci sono poi tre feriti: un altoatesino (in rianimazione con 30 giorni di prognosi), una ragazza anche lei torinese (che guarirà a sua volta in 30 giorni ed è in chirurgia d’urgenza) e un tedesco in gravi condizioni, essendo ricoverato in prognosi riservata. Due belgi sono, infine, stati dimessi dopo gli accertamenti diagnostici e le cure necessarie.
Sulla dinamica, gli uomini al comando del maresciallo Delfino Viglione non si sbilanciano. Alla stazione di Entrèves del Soccorso Alpino delle Fiamme gialle stanno sfilando superstiti (assistiti anche dal “Nucleo Psicologico d’Emergenza”) e testimoni: le loro parole saranno preziose per ricostruire l’accaduto. Lo scenario che prende corpo è, tuttavia, quello di un doppio distacco: due persone intente a scendere sarebbero state travolte inizialmente e una seconda valanga ha poi investito gli altri freeriders sopraggiunti nel frattempo e fermatisi a verificare quanto successo.
La scena presentatasi a chi ha prestato soccorso ricordava un “campo di battaglia”. Quando gli elicotteri hanno depositato le guide, alcuni sciatori avevano iniziato a scavare nella neve, alla ricerca di altri travolti. “Ci siamo fermati quand’è caduta la prima valanga, – ha raccontato Francesco, un superstite italiano – poi è venuto giù tutto. La neve ha ceduto sotto gli sci, siamo stati trascinati a valle. Quando mi sono rialzato ho subito cercato di trovare i miei amici. C’era tanta confusione, poi sono arrivati i soccorsi”.
Le condizioni meteo, quest’oggi, non erano le più indicate per tale pratica: in zona, la neve è caduta fino a pochi giorni fa e il vento non ha smesso di soffiare. Daniele Ollier, vicebrigadiere della GdF tra i primi ad intervenire mette l’accento su “un rialzo termico significativo, con la neve molto pesante, quella che chiamiamo ‘neve cemento’. I seppellimenti sono risultati importanti, anche di un metro, un metro e mezzo”. Alcuni degli estratti devono la vita all’airbag, tutti avevano comunque l’Artva e risultavano ben equipaggiati.
Il canale della Visaille è noto tra gli appassionati per essere una discesa che richiede esperienza, vista non solo la sua lunghezza, ma anche (e soprattutto) la forma “ad imbuto”. Viglione sottolinea che, scendendo passaggi del genere “sarebbe poi bene avere anche con sé una corda, perché ci sono dei salti di roccia e, negli anni di poca neve come questo, diventa difficile compensare tra la parte alta e quella bassa”. Il comandante del SAGF aggiunge poi che, in giorni come questo, “serve maggiore prudenza”. Quella che difficilmente imbriglia il brivido del freeride e di cui è facile parlare a posteriori, ma che consentirebbe di ricordare come, a 2400 metri di altitudine, non è l’uomo a comandare.