“E’ un soggetto insensibile ai procedimenti penali”. Il sovrintendente della Polizia delle comunicazioni di Pesaro comparso oggi al Tribunale di Aosta per testimoniare ha sintetizzato con efficace disillusione, al termine della sua deposizione, recedività e serialità, in fatto di tentativi di truffa, di C. A., una foggiana di 48 anni, residente nelle Marche.
La donna era attesa a processo stamane, dinanzi al giudice monocratico Maurizio D’Abrusco, per rispondere del raggiro perpetrato ai danni di un agenzia di viaggi aostana, nell’aprile 2014. Non si è presentata in aula, dov’è comunque arrivata la sua storia, fatta di episodi che trovano – sul web – decine di conferme e di segnalazioni, sparse un po’ in tutta Italia sin dal 2012, sempre con le medesime modalità, che hanno del paradossale.
In effetti, se le truffe nel settore dei viaggi colpiscono, di solito, aspiranti turisti che scoprono all’ultimo di essere stati vittime di un impostore e non riescono a partire, malgrado i soldi versati, in questo caso la vicenda è a parti inverse. Ad essere presa di mira è stata infatti l’agenzia del capoluogo regionale, che non ha mai ricevuto il corrispettivo del biglietto aereo emesso, per un volo da Lima (in Perù) a Bologna. In totale, 1400 Euro.
L’imputata – come ha ripercorso durante l’udienza il poliziotto chiamato a dettagliare gli accertamenti telematici compiuti per risalire alla donna tramite l’indirizzo e-mail da lei usato nella corrispondenza con il rivenditore aostano e come denunciano vari siti web, tra i quali quello dell’Associazione Italiana Agenti di Viaggio – si pone quale “intermediaria” tra i viaggiatori (quasi sempre, dei cittadini peruviani, per motivi mai emersi) e le agenzie.
Fornisce i dati del passeggero e chiede l’emissione del biglietto, normalmente per un viaggio con scarso preavviso (quindi, con poco tempo a disposizione, sia per le formalità, sia per eventuali controlli). A quel punto, per rassicurare l’agenzia quanto al pagamento, invia tramite e-mail una ricevuta del bonifico fatto, a suo dire, per saldare il titolo di viaggio. Sembra tutto in ordine, ma ciò che molti agenti scoprono tempo dopo (e così è accaduto anche ad Aosta) è che quel documento è falso e l’importo non è mai arrivato sul conto corrente.
Il giudice D’Abrusco, udite le requisitorie dell’accusa (rappresentata dal pubblico ministero Cinzia Virota) e della parte civile (l’agenzia si era costituita nel giudizio, tramite l’avvocato Elena Boschini) nonché l’arringa della difesa (l’avvocato Tony Latini del foro di Aosta), ha sentenziato per la colpevolezza dell’imputata, infliggendole un anno di reclusione e una sanzione pecuniaria.
C. A. dovrà inoltre risarcire il danno (patrimoniale e morale) subito dalla parte civile, per un totale che supera di poco i 3300 Euro. Quindi, dovrà pure accollarsi le spese di costituzione, che ammontano ad appena più di 3400 Euro. Aggiungendo imposte e previdenza, si superano agevolmente in tutto i 7000 euro. Chissà, pescando sempre dal vocabolario del viaggiatore, se questi soldi, viste le numerose condanne già comminate alla donna (per gli atti giudiziari “con recidiva reiterata e specifica”), arriveranno a destinazione.