Il complesso, infatti, è il risultato di un’evoluzione iniziata nel 1100 – con una struttura semplice costituita da due muri di cinta, il donjon (la torre più alta del castello) e una primitiva cappella – e terminata, con l’aggiunta di diversi edifici, fino ad arrivare al1 700. Con la storia del castello si ripercorre anche la storia valdostana. L’evoluzione della struttura testimonia, infatti, i cambiamenti politici e sociali del territorio. Così il castello abbandona la sua iniziale funzione difensiva e si adegua alle necessità dei Signori di Porta Sancti Ursi, che qui si insediano abbandonando Aosta, diventando così i Signori di Quart. Il complesso fu abitato fino alla metà del ‘900, per cui gli interni presentano elementi moderni che complicano gli interventi di restauro: le strutture si sovrappongono e incrociano, rendendo difficile l’orientamento.
All’interno del “donjon” gli interventi di restauro procedono spediti. Le impalcature coprono parte degli affreschi del 1200 che man mano vengono riportati alla luce e puliti. Un procedimento delicato che utilizza il laser. I temi pittorici che si ritrovano all’interno della struttura riguardano i 12 mesi dell’anno, rappresentati dai lavori agricoli, Sansone che sconfigge il leone, ma quello che desta maggiore interesse è l’affresco che ripercorre alcune scene tratte dalla vita di Alessandro Magno, tra cui il viaggio in India e la leggenda dell’incontro con l’albero parlante. Il progetto di restauro del donjon, alla luce degli studi di fattibilità e ricerche, andrà in appalto nei prossimi giorni.
La prossima tappa di “Chateaux ouverts” sarà in autunno al Castello di Aymavilles.
Guarda la galleria fotografica della visita qui a fianco.