Due anni fa, il terremoto in casa Sitrasb a seguito dell'”assunzione misteriosa”

Della vicenda si è tornati a parlare perché uno dei suoi protagonisti, Paolo Vietti, è stato da poco nominato presidente della Rav. Nel 2016 era stato licenziato dalla società del traforo, ma dalle carte della causa di lavoro emergono elementi inediti.
tunnel gran san bernardo
Cronaca

L’episodio risale a circa due anni fa e aveva fatto discutere non poco, in particolare tra i banchi del Consiglio Valle. Parliamo dell’“assunzione misteriosa” che aveva scosso, come un terremoto, la Sitrasb, società (partecipata al 63.5% dalla Regione) che gestisce la metà italiana del traforo del Gran San Bernardo. In questi giorni se n’è tornato a parlare, perché uno dei suoi protagonisti, Paolo Vietti, è stato da poco nominato dalla Giunta regionale quale presidente della Rav, la concessionaria del tratto di A5 tra Aosta-Ovest e Courmayeur.

All’epoca, il 14 marzo 2016, Vietti aveva ricevuto dalla Sitrasb, di cui da quasi sedici anni era Direttore amministrativo, una lettera di licenziamento, motivata con la gestione “irragionevolmente superficiale dell’assunzione”, a tempo determinato, di una casellante. Iil dirigente si era opposto, intentando causa di lavoro. L’udienza, svoltasi il 3 novembre 2016, era finita con il giudice Eugenio Gramola a sentenziare che il provvedimento era “privo di giusta causa”, ma “assistito di giustificatezza”. 

Un verdetto tradottosi nella condanna della Sitrasb a corrispondere a Vietti poco più di 118mila euro a titolo di indennità di mancato preavviso, ma anche nel rigetto delle ulteriori richieste avanzate dall’ex manager (rappresentate da un importo di poco superiore ai 37mila euro per ferie maturate e non godute, da 210mila euro di indennità supplementare prevista dal contratto dei dirigenti dell’industria e da 125mila euro di risarcimento di danni non patrimoniali patiti). 

Se l’esito della vertenza era noto nella sostanza, la sentenza del giudizio racconta l’aspetto meno emerso sino ad oggi, su cui la politica ha ricamato assai nei dibattiti dedicati alla questione (spesso introdotti da iniziative in aula dei consiglieri ex M5S, Ferrero e Cognetta), cioè la distanza tra le versioni fornite dalle figure chiave della vicenda riguardo alla genesi di quel contratto di lavoro

Un “tourbillon” palese al magistrato pronunciatosi sul caso, tanto da spingerlo a scrivere nelle motivazioni di un “diffuso mendacio che ha permeato tutta l’attività istruttoria” per quel rapporto d’impiego e da rendere paradossalmente impossibile, anche per lui, rispondere alla domanda che, ragionando di un'assunzione, dovrebbe essere la più semplice: chi l'ha ordinata e su che basi?

Il caso esplode

E’ il 18 febbraio 2016 e la Sitrasb, allora presieduta da Omar Vittone (oggi sostituito da Silvano Meroi), contesta a Vietti di “aver sottoscritto, senza averne i poteri”, il contratto di lavoro, della durata di quattro mesi. Per l’azienda, ciò sarebbe avvenuto, tra l’altro, “senza verificare i reali motivi di urgenza per cui ha proceduto all’assunzione immediata” e “senza che sia dato comprendere se e come sia stata selezionata la lavoratrice per la copertura del posto”. Una contestazione sul caso viene inviata anche a Mario Deffeyes, al tempo Direttore di esercizio della società, cui poco prima il presidente Vittone aveva chiesto via e-mail, come a Vietti, “dettagliate spiegazioni” sui fatti.

La presidenza interpella pertanto due posizioni apicali dell'azienda sull’accaduto, ma non è tutto. Il 2 marzo 2016 si apre infatti un terzo procedimento disciplinare. Investe Silvana Baseli, responsabile amministrativo, cui si addebita “di aver omesso, nonostante le reiterate richieste del Presidente, di comunicare allo stesso – avendo predisposto quanto necessario ai fini dell’assunzione” – sia “chi le avesse segnalato il nominativo”, sia chi “le avesse ordinato l’esecuzione dei necessari adempimenti”.

L’inizio del “tourbillon”

Sin dalle prime controdeduzioni, le versioni dei tre coinvolti prendono strade diverse. Mario Deffeyes sostiene di “aver segnalato il nominativo” della lavoratrice, unitamente ad un altro, “alla Baseli e al Vietti e per conoscenza al Presidente stesso già con un’e-mail in data 18 novembre 2015”, proponendo peraltro di assumere anzitutto la seconda figura da lui evidenziata. Al riguardo, il Direttore di esercizio precisa di “non sapere chi avesse poi deciso in modo, tra l’altro, parzialmente difforme”, dando immediatamente lavoro a colei che non rappresentava la sua prima indicazione. 

Silvana Baseli riscontra gli addebiti dichiarando “che era stato lo stesso Presidente” Vittone “a indicarle, in una riunione in data 18 novembre 2015, il nominativo”. Oltre a non concordare tra loro sull’accaduto, poi, “a seguito delle contestazioni disciplinari, sia la Baseli che il Deffeyes rassegnavano le proprie dimissioni”. Due delle tre figure coinvolte nell’assunzione escono quindi di scena volontariamente, quanto improvvisamente.

Per parte sua, Vietti afferma di "non sapere chi avesse materialmente operato la scelta” e di “aver sottoscritto il contratto in via eccezionale, stante l’urgenza, avvalendosi dei poteri attribuitigli dal Consiglio d’Amministrazione”. Scrive, inoltre, a Vittone “non conosco i motivi per i quali sia stata selezionata” la lavoratrice, “né chi ha operato materialmente la scelta. Sono sicuro che il Direttore di esercizio potrà chiarirci la questione…”.

L’azienda lo licenzia il 14 marzo 2016, su deliberazione del Consiglio di Amministrazione. Nella comunicazione speditagli si sottolinea la “carenza dei poteri a procedere”. La Sitrasb mette, inoltre, nero su bianco di non essere riuscita a stabilire “da chi e perché sia stata scelta” l’assunta, né “la reale esistenza di un’urgenza”. E’ il terzo rapporto di lavoro che si chiude nel giro di quindici giorni: il “terremoto” scuote la società del traforo tra Italia e Svizzera.

Le distanze crescono

Nel corso della causa di lavoro, i protagonisti della vicenda hanno reso testimonianze tali non solo da allontanarsi ulteriormente, ma anche da denotare, per il giudice Gramola, “la scarsa trasparenza di tutta la procedura di assunzione”. Silvana Baseli, in udienza, introduce un nuovo elemento: durante la riunione con Vittone del novembre 2015, “ha telefonato a Deffeyes per farsi indicare quale tra i nominativi dei soggetti che avevano presentato domanda” potesse “essere preferibile”.

A suo dire, l’ex Direttore di esercizio le segnala “tre persone” ed esprime alcune valutazioni sui loro trascorsi professionali con l’azienda. Aggiunge quindi di aver riferito a Vittone “quanto mi aveva appena detto il Deffeyes” e che il Presidente “ha ritenuto opportuno assumere” la prima delle tre risorse, visto che la seconda “aveva già lavorato tante volte da noi e quindi per distribuire un po’ il lavoro a favore di un’altra persona”.

Mario Deffeyes invece testimonia che “in effetti la Baseli mi aveva telefonato”, chiedendogli però un parere su tre nomi. Racconta quindi di aver risposto “che si trattava di persone che mi risultavano prive di esperienza e impegnate nello studio o altrimenti”, per poi rilanciare con le due figure già menzionate nella mail iniziale, “in quanto avevano esperienza ed erano brave”.

Le osservazioni del giudice

Analizzando la questione, il Giudice del lavoro rileva anzitutto “che al direttore amministrativo era conferito il potere di “assumere (e licenziare) personale, ma nel rispetto della pianta organica”. Per il magistrato, “l’assunzione eseguita”, trattandosi di un lavoratore stagionale, a copertura di esigenze temporanee, si pone al di fuori degli effettivi e “non poteva dunque essere disposta” dal già Direttore amministrativo.

Un altro elemento appare “incontrovertibile” all’estensore della sentenza: “non è stato il Vittone” a “disporre di assumere” la casellante “e men che meno a delegare il Vietti a firmare il contratto di lavoro tra la società e la donna”. E’ altrettanto “pacifico che la Baseli ha predisposto” la documentazione contrattuale. Uno scenario di fronte al quale “il Vietti non può non aver chiesto alla Baseli chi aveva disposto di redigere” quel documento “e perché lo doveva sottoscrivere in via eccezionale lui stesso, e non il Vicepresidente, pur presente”.

E poiché “la Baseli ha dichiarato che il Presidente le aveva detto di procedere all’assunzione”, evidentemente alla domanda di Vietti avrebbe “necessariamente risposto" in tal senso. Tuttavia, se ciò fosse avvenuto, “il Vietti lo avrebbe certamente scritto” nelle sue deduzioni al procedimento disciplinare. Invece “solo la Baseli ha affermato già in sede di contestazioni” che la scelta proveniva da Vittone.

Le “coperture”

Al giudice pare che Silvana Baseli “abbia voluto coprire qualcuno”, presumibilmente l'ex Direttore amministrativo, “a cui favore anche il Deffeyes ha insensatamente esposto, in sede di risposta alle contestazioni disciplinari”, scrivendo che “il nominativo era stato indicato alla Baseli e non al Vietti”.

In ogni caso, si legge ancora in sentenza, anche la condotta del Presidente Vittone “non può dirsi del tutto trasparente, atteso che la necessità dell’assunzione”, e lo stesso nome, gli erano stati segnalati nel messaggio di posta elettronica di Deffeyes, “sicché non era del tutto privo di elementi” al riguardo. 

Certamente, “ciò che non è tutt’ora dato comprendere”, osserva il giudice Gramola, “è come si sia raggiunta la determinazione finale di assumere” la casellante, “tanto più poi nei tempi diversi rispetto a quanto inizialmente indicato dal Deffeyes”. Al magistrato pare “che certamente il Vietti ha commesso una violazione dei propri doveri di dipendente, sottoscrivendo un contratto di lavoro senza averne i poteri”.

Inoltre – è la conclusione cui giunge la sentenza – Vietti non ha “voluto indicare chi abbia deciso di procedere all'assunzione”, pur “essendone certamente a conoscenza ed essendo, anzi, probabilmente egli stesso ad aver assunto la decisione, verosimilmente in qualche modo unitamente al Deffeyes”.

La fiducia lesa

Tuttavia, per il giudice, “l'assunzione di un casellante, peraltro indicato come capace e particolarmente volenteroso dal Direttore di esercizio in un periodo in cui essa era comunque necessaria”, non è “certo un atto che abbia potuto portare particolare pregiudizio alla società”.

Il rapporto di lavoro dell'ex manager Vietti “avrebbe potuto quindi continuare”, ma l'essersi assunto “un potere a lui non delegato”, e il non aver detto “tutta la verità al proprio datore di lavoro, mantenendo un atteggiamento reticente”, risultano aver “comunque leso lo stretto rapporto di fiducia che deve esservi tra un alto dirigente e la società”. Il licenziamento deliberato dal Consiglio di Amministrazione della Sitrasb è “dunque assistito da giustificatezza”. 

Vengono quindi accolta la richiesta del ricorrente sull'indennità di mancato preavviso e rigettate tutte le altre. Il magistrato del lavoro ritiene poi che “pare provato che la teste Baseli ha mentito al Giudice in udienza”, mentre per gli altri intervenuti, “non risulta raggiunta, né pare possa essere raggiunta, la prova di elementi di reità quanto al reato di falsa testimonianza”. Ne scaturisce, dalla trasmissione degli atti alla Procura, un procedimento penale che si chiude con l’assoluzione, il 30 novembre 2017, di Silvana Baseli, “perché il fatto non sussiste”.

Un epilogo che rende ancora più complessa la lettura della vicenda, in cui gli unici aspetti effettivamente a fuoco appaiono minimi: le tre persone venute a contatto con l'“assunzione misteriosa” oggi, per scelta o per conseguenza disciplinare, non lavorano più alla Sitrasb, Paolo Vietti non aveva titolo a sottoscriverne il contratto della casellante e il Consiglio di Amministrazione non ha compiuto un atto illegittimo licenziandolo. Tutto il resto, è storia non scritta. 

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