Giudizio immediato. Lo ha chiesto la Procura per Agan Ramic, il 56enne dalla cittadinanza bosniaca e francese arrestato al traforo del Monte Bianco lo scorso 13 aprile, dopo essere stato trovato alla guida di un furgone sul quale erano celati due chili e 400 grammi di tritolo, oltre a due detonatori elettrici.
Chiuse le indagini, il pm Luca Ceccanti (che si era anche recato alla frontiera, assieme al procuratore capo Paolo Fortuna, nel giorno in cui il mezzo è stato fermato e perquisito) accusa l’uomo di aver violato la legge sul controllo delle armi (che punisce l’introduzione nello Stato e la detenzione illegale di materiale esplodente), nonché le norme sull’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento (si tratta, in quest’ultimo caso, del primo addebito di sempre per gli inquirenti aostani).
Ognuna delle due contestazioni prevede pene dai tre ai dodici anni di carcere. L’arrestato, difeso dall’avvocato Laura Marozzo, si trova, dal giorno dell’arresto, operato dalla Polizia, in una cella del carcere di Brissogne. In occasione dell’interrogatorio di garanzia aveva dichiarato al Gip di essere “vittima dell’accaduto”, sostenendo che l’esplosivo fosse stato “collocato da terzi sul veicolo” in un precedente spostamento, per creargli “delle difficoltà”.
Sul Mercedes Sprinter condotto dal 56enne, presidente di un’associazione umanitaria che si occupa di trasportare ex profughi e materiali per loro dalla Francia alla Bosnia, viaggiavano tre uomini e una donna, tutti bosniaci, risultati poi estranei ai fatti. L’esplosivo era nascosto in un vano dietro l’autoradio, suddiviso in quindici panetti. I detonatori erano altrove nel mezzo, che aveva iniziato il viaggio verso la Repubblica dell’ex Jugoslavia da Annecy.
A detta di Ramic, a celare il tritolo sul suo mezzo sarebbero state persone legate a situazioni da lui “ben più volte denunciate e che riguardano la criminalità dell’est”. Uno scenario cui il sostituto procuratore Ceccanti non sembra aver trovato particolari riscontri: il giudizio immediato è un procedimento speciale, in cui si salta la fase dell’udienza preliminare, che il pm sceglie quando ritiene di aver raggiunto l’evidenza della prova. È ora atteso il pronunciamento del Gip del Tribunale sull’istanza della Procura.