Violenze sulla nipotina: cinque anni di carcere per un 26enne

Il giovane ha ammesso i fatti e chiesto scusa, in aula. Gli abusi, iniziati quando la vittima era 12enne, si sarebbero protratti per un paio d’anni. Le indagini erano partite da una confidenza della nipote a un’adulta.
Il Tribunale di Aosta.
Cronaca

Lo scorso 15 giugno, alle porte dell’estate, nemmeno ventiquattr’ore dopo il suo arresto, alla prima occasione per fornire la sua versione era rimasto in silenzio. Dopo quattro mesi trascorsi in cella a Brissogne, in un giorno di autunno con le nuvole tanto basse da non sembrare nemmeno lontane dalle finestre del palazzo di giustizia di Aosta, dinanzi al Gup Davide Paladino ha trovato le parole per ammettere i fatti contestatigli dal pm Luca Ceccanti e scusarsi.

Poco dopo, il 26enne valdostano accusato di violenza sessuale continuata ed aggravata, nei confronti della nipotina, è stato condannato a cinque anni di carcere, dov’è stato riportato subito dopo il giudizio, tenutosi con rito abbreviato nella mattinata di oggi, mercoledì 31 ottobre. Dalle indagini, condotte dai Carabinieri, era trapelato molto poco, se non che le violenze, iniziate quando la vittima era 12enne, ancora una bambina, si sarebbero protratte per un paio d’anni, fino all’autunno 2016.

Teatro degli abusi, secondo quanto ricostruito nell’inchiesta, la casa dell’imputato, che viveva da solo e che la piccola frequentava in ragione della parentela. La vicenda era emersa quasi casualmente, quando la nipotina ne aveva fatto cenno alla madre di un amico. Partendo da quella confidenza, i militari della Compagnia di Aosta avevano ascoltato non solo il suo racconto, ma anche alcuni altri parenti. Il pm Ceccanti aveva chiesto una condanna a sei anni. L’imputato era difeso dall’avvocato Laura Marozzo.

0 risposte

  1. Per due canne foto nome cognome processo e anche la foto in gabbia, per una violenza sessuale su minore non esiste un articolo con nome e cognome di quel perverso ignobile!!!!! L’informazione fa ridere……..

    1. Le generalità non sono state date per non permettere l’identificazione della vittima, per giunta una minorenne.

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