Dallo scorso 7 novembre, data del deposito dell’istanza al Tribunale, per la Procura della Repubblica nulla è cambiato: l’insolvenza del Casinò di Saint-Vincent è conclamata, strutturale ed irreversibile e, pertanto, la società va dichiarata fallita. È nella solidità di tale convincimento che traggono origine gli accertamenti avviati, negli ultimi giorni, dal pubblico ministero Luca Ceccanti, coadiuvato dai militari del Gruppo Aosta della Guardia di finanza.
Attività che, per ora, hanno significato soprattutto la convocazione, al secondo piano di via Ollietti, di varie “persone informate sui fatti”: l’altro ieri, mercoledì 12 dicembre, è toccato all’amministratore unico della Casa da gioco Filippo Rolando, mentre oggi, venerdì 14, è stata la volta di vertici vecchi e nuovi di piazza Deffeyes: il nuovo presidente della Regione Antonio Fosson (Pnv), l’assessore Albert Chatrian (Alpe) e il consigliere Stefano Aggravi (Lega Nord).
Con la sola eccezione dell’esponente leghista, votato al silenzio per vocazione quando si tratta di rapporti con l’autorità giudiziaria (“quando esco da questo palazzo, io non parlo mai” ha detto dopo una cinquantina di minuti in Procura), i politici sentiti dal pm, lasciando palazzo di giustizia, rilanciano comunque propositi ed argomenti di segno opposto al fallimento. Nel dire di aver ricevuto “domande puntuali, alle quali ho risposto in maniera puntuale”, l’attuale titolare della delega all’ambiente Chatrian ha ribadito che “adesso l’obiettivo unico, per quanto ci riguarda, è di trovare una soluzione per non far fallire la casa da gioco”.
Quanto alla natura dei quesiti postigli dagli inquirenti, il già assessore alle finanze nella giunta Marquis (dalla quale venne espresso l’amministratore unico Giulio Di Matteo), rimasto per circa un’ora dal sostituto del procuratore capo Paolo Fortuna, li ha definiti “di attualità, la decisione di questa nuova maggioranza, gli obiettivi e come raggiungere gli obiettivi per salvare quest’azienda”.
Su quest’ultimo aspetto, ancora più esplicito è, dopo essere uscito dall’ufficio del pm, dov’è stato per poco meno di sessanta minuti, il presidente Fosson: “Ho già detto che, per noi, l’unica possibilità che in questo momento abbiamo verificato, e che esiste, e che abbiamo comunicato anche ai sindacati è quella del concordato in continuità”. Una precisazione dovuta anche al ripresentarsi della domanda giornalisti sull’ipotesi, ventilata in un incontro tra esponenti politici, poi trapelato giornalisticamente, di una variazione della procedura concorsuale scelta per la ristrutturazione del Casinò.
“Non c’è stata nessuna riunione”, ha esclamato Fosson. Per il Presidente, si è trattato di “un’audizione di un tecnico a cui hanno partecipato delle persone che io ho convocato, che avevano una competenza su questo. Nessuna riunione segreta, non facciamo riunioni segrete”. Il Capo dell’Esecutivo ha quindi commentato l’audizione dal pm con “abbiamo fatto un dialogo molto positivo sul Casinò”, sulla “gestione del Casinò, soprattutto sul desiderio, che è comune, che il Casinò non chiuda”.
Difficile valutare senza essere a conoscenza delle domande poste dal pm (si tratta di atti ovviamente segreti), ma altrettanto improbo, per la verità, risulta ritenere “comune” a Regione ed inquirenti il desiderio di salvezza della casa da gioco, considerando che il magistrato davanti al quale era seduto il Presidente ha sottoscritto un’istanza fallimentare e che, proprio sull’onda di tale atto, lo ha convocato stamane in Procura.
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I politici l’hanno distrutto il Casinò, spolpato come un osso e senza pietà.