Il rogo di Antey una “tragica fatalità”: pm chiede archiviazione

Sulla base degli accertamenti e sentiti i due superstiti dell’incendio in cui morì la 21enne Mihaela Cheli di Cavi di Lavagna, la Procura individua “cause accidentali” per le fiamme ed esclude altre responsabilità.
incendio antey
Cronaca

Quanto accaduto ad Antey-Saint-André, attorno alle 5 del mattino dello scorso 23 febbraio, quando un rogo divampò nella mansarda di un’abitazione in frazione Grand Moulin occupata da tre ragazzi liguri, va “ascritto ad una tragica fatalità”. Lo scrive il pm Carlo Introvigne, nella richiesta al Gip del Tribunale di archiviare il fascicolo aperto al riguardo, contro ignoti, per omicidio e incendio colposi. Nei tragici fatti perse la vita la 21enne Mihaela Cheli di Cavi di Lavagna (Genova) e rimasero feriti il suo compagno, il 24enne Matteo Tugnoli, e l’amico 22enne Leonardo Bertucci, rispettivamente di Chiavari e Cicagna.

Il probabile corto circuito

Secondo le relazioni dei Vigili del fuoco intervenuti, osserva il pubblico ministero, “non è possibile stabilire con certezza la causa d’innesco del vasto incendio, che ha completamente distrutto l’abitazione”. Tuttavia, “con ogni probabilità il fuoco è divampato per cause accidentali legate ad un corto circuito elettrico, verificatosi nella ‘zona giorno’ dell’appartamento”. Una conclusione raggiunta dal momento che – attraverso gli approfondimenti dei pompieri – “è possibile escludere” che il rogo “si sia sprigionato dalla caldaia o dal camino, regolarmente funzionanti e rinvenuti in condizioni tali da far supporre che il punto d’innesco sia da individuarsi altrove”.

La vacanza in Valle

Quanto alla ricostruzione degli eventi, visti gli accertamenti dei Carabinieri di Châtillon/Saint-Vincent e sentiti dalla Procura i due superstiti ed altri testimoni, dalla richiesta di archiviazione emerge che i tre ragazzi fossero in Valle da mercoledì 20, per un periodo di vacanza. La mansarda è proprietà di una parente di Tugnoli, che vi aveva trascorso dei periodi fin da bambino. Il giorno prima delle fiamme, i tre erano stati alle terme di Pré-Saint-Didier, avevano cenato a Saint-Vincent e trascorso la serata al Casinò, per fare ritorno ad Antey attorno a mezzanotte. A quel punto, “Mihaela andava subito a dormire”, mentre “Matteo e Leonardo si intrattenevano a giocare a carte”.

Preclusa ogni via di fuga

Verso le 5 del mattino di sabato 23, la ragazza “avvertiva il calore e l’odore delle fiamme”. Svegliava dunque il fidanzato e “assieme allertavano Leonardo, che dormiva in una camera a fianco”. Matteo “tentava di recarsi nella ‘zona giorno’ per valutare una via di fuga dalla porta dell’abitazione, ma subito si rendeva conto dell’impossibilità” di riuscirvi. Tugnoli e la giovane “aprivano allora la finestra della loro stanza da letto, unica via d’aria rimasta, ed iniziavano ad urlare per chiedere aiuto”. L’unica possibilità rimastagli, perché “i tre cellulari erano stati messi in carica nella ‘zona giorno’”, quindi “da un lato irraggiungibili e dall’altro ragionevolmente già combusti”.

Matteo “provvedeva a rompere la finestra anche dell’adiacente camera occupata da Leonardo, che a causa del fumo che aveva invaso la stanza non poteva avvicinarsi alla luce né vederla” (ragione dell’“intossicazione da anidride carbonica in politrauma” da lui riportata, per la quale è stato trattato in una camera iperbarica nel novarese). Nel frattempo, la densa coltre e le fiamme erano state notate da un vigile del fuoco volontario di passaggio in strada, “che subito entrava nella palazzina per svegliarne gli occupanti” e poi “tentava senza successo di sfondare la porta della mansarda occupata dai ragazzi”, con l’aiuto del proprietario del piano sottostante.

La “difficile scelta” di lanciarsi

Secondo quanto riferito da Tugnoli e Bertucci, “prima dell’arrivo dei Vigili del fuoco professionali”, giunti verso le 5.40, “le fiamme sono arrivati a lambirli, costringendoli alla difficile scelta di lanciarsi dalla finestra”. “Con un gesto estremamente atletico”, scrive il pm Introvigne, i due giovani “riuscivano dapprima ad appendersi al cornicione della finestra dalla quale erano usciti – rimanendo dunque a penzoloni sul vuoto – ed indi a darsi una spinta con le braccia sufficiente ad atterrare sul balcone dell’appartamento del piano di sotto”, posto “alla loro sinistra e sfortunatamente non in asse con l’unica via di fuga dall’appartamento in fiamme”.

Analogo tentativo veniva compiuto “senza successo” da Mihaela, che purtroppo “precipitava nel vuoto da un’altezza di circa dieci metri”. La ragazza, trasportata al “Parini” in condizioni disperate dal 118, morirà nella notte successiva, nel reparto di rianimazione. Matteo verrà dimesso nel pomeriggio di sabato, dopo aver ricevuto per l’intera giornata supporto psicologico, mentre Leonardo, rientrato sabato sera ad Aosta da Fara Novarese, lascerà l’ospedale all’inizio della settimana successiva.

L’esclusione di responsabilità

Nel rileggere i fatti, il pm annota come la proprietaria dell’alloggio “curava con attenzione la manutenzione dell’appartamento” e le condizioni del camino, escluso come punto d’innesco, ma dal “buono stato di manutenzione e pulizia per quanto riguarda la canna fumaria” ne offrono “un riscontro”. Non risulta inoltre, all’ufficio inquirente diretto da Paolo Fortuna, che i “ragazzi abbiano dato origine con un comportamento negligente all’innesco dell’incendio” e nemmeno sono emersi elementi circa “un loro stato di grave alterazione”. Anzi, esistono “indizi in senso opposto”, quali “l’arrivo in sicurezza ad Antey-Saint-André in macchina da Saint-Vincent, il comportamento razionale al divampare dell’incendio, il notevole gesto atletico compiuto, la lucidità delle dichiarazioni rilasciate ai Carabinieri” a poche ore dai fatti.

Con un ultimo sguardo sugli eventi, al pubblico ministero “non risulta che i tre giovani avessero alternative al salto nel vuoto, che anzi sembrano aver rimandato fino all’ultimo momento utile nell’attesa dei soccorsi” e “non vi sono elementi che facciano supporre un colpevole ritardo dei Vigili del fuoco nel giungere sul luogo dei fatti una volta ricevuta la chiamata”. In due parole, una “tragica fatalità”, per quanto difficile da accettare per chi l’ha vissuta e per chi, parente ed amico, si trova a fare i conti con la morte di una ragazza appena 21enne.

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