Lavoro: cresce l’occupazione femminile in Valle, anche se i “gap” con gli uomini restano

“Il mercato del lavoro della Valle d’Aosta – spiega Dario Ceccarelli, Capo dell’Osservatorio economico e sociale della Regione – è uno dei più femminilizzati d’Italia, affermandosi tra il primo ed il secondo posto. L’Italia, però, occupa uno degli ultimi posti in Europa”.
Economia

Oggi, 8 marzo, nella giornata dedicata alle donne, è inevitabile “fare un po’ di conto” sulla situazione lavorativa femminile in Valle d’Aosta, nella quale si inseriscono tutta una serie di elementi che fanno intrinsecamente parte della “Festa”, da quelli economici e politici, a quelli purtroppo ancora legati alle discriminazioni.

Valle d’Aosta, i primi tra gli ultimi

Il dato confortante, come spiega Dario Ceccarelli, Capo dell’Osservatorio economico e sociale della Regione, è che la situazione in Valle – stando ai dati del 2017, per quelli più freschi occorrerà aspettare ancora una settimana – è tra le migliori in Italia.

Il che, più che far sorridere potrebbe essere comunque un problema: “Il mercato del lavoro della Valle d’Aosta – ha spiegato – è uno dei più femminilizzati d’Italia, affermandosi tra il primo ed il secondo posto. Bisogna però calcolare che l’Italia, invece, occupa uno degli ultimi posti in Europa”.

Ceccarelli che, nella sua “Nota socioeconomica 2017”, scriveva infatti che: “continua il trend di crescita della femminilizzazione della partecipazione al lavoro, in quanto il tasso di femminilizzazione delle forze di lavoro è arrivato nel 2017 al 46,5% (46,2% nel 2016), proseguendo peraltro una crescita che si protrae pressoché ininterrottamente dal 2007”.

Ma non solo, nel report si legge anche che “anche il tasso di femminilizzazione dell’occupazione registra un ulteriore aumento, attestandosi nell’ultimo anno al 46,6% contro il 46,3% dell’anno precedente, e anch’esso è caratterizzato da una dinamica di crescita quasi costante dal 2007”.

Crisi e disoccupazione, le donne “tengono” meglio

A questi dati, prosegue Ceccarelli nella sua disamina, si aggiunge il discorso della disoccupazione, anche se tanto resta da fare quando si parla di parità: “Il paradosso sta nel fatto che la crisi, che ha colpito soprattutto il piano industriale (-12,3% complessivo) e le costruzioni (-39,4%), ha aumentato la femminilizzazione del mercato e ridotto il gap tra donne e uomini. Ad esempio, prima della crisi le donne rappresentavano la componente più importante della disoccupazione mentre ora sono gli uomini. Certo i gap generali sono ancora importanti: i tassi di occupazione per gli uomini sono ancora superiori e sulle ‘posizioni apicaliil numero di donne è inferiore”.

Uno dei fattori principali di tenuta femminile è insita, anzitutto, nella concentrazione in uno dei settori che – sebbene naturalmente toccato anch’esso dalla crisi – ha retto meglio degli altri.

Anche se, pure in questo caso, delle criticità persistono: “Otto donne su dieci lavorano nel Settore Terziario – prosegue Ceccarelli –, con una fortissima ‘concentrazione orizzontale’. Da un lato un fattore positivo, perché le ha salvaguardate nel settore che ha tenuto di più. C’è comunque una forte presenza di donne in settori in cui prima c’erano molto meno, anche se di media, sono tendenzialmente più precarie e lavorano più con orari part-time. La crisi, c’è da dire, ha aumentato molto il part-time anche per gli uomini”.

Nello specifico, spiega il report: “circa un lavoratore dipendente su cinque ha un’occupazione a orario ridotto – si legge –, questo rapporto sale nel caso della componente femminile al 33,6%, mentre per gli uomini si attesta al 7,5%. Va tuttavia evidenziato che rispetto al periodo pre-crisi gli uomini occupati part-time sono più che raddoppiati, mentre le donne in analoga posizione sono cresciute del 41%”.

Cresce l’occupazione, con il volto delle donne

Riguardo il primo trimestre del 2018 invece, si legge ancora nel report: “l’occupazione risulta in linea tendenziale in crescita (1,9%) e un aumento, sebbene più contenuto, interesserebbe anche le forze di lavoro (+0,2%), a fronte di un sensibile calo della disoccupazione (-18,6%). Ne consegue che il tasso di attività si incrementa di sei decimi di punto, il tasso di occupazione cresce di 1,7 punti e il tasso di disoccupazione si contrae di oltre 1,5 punti percentuali. Queste dinamiche interessano entrambe le componenti, ma in misura maggiore quella femminile”.

O, ad essere più precisi: “la crescita dell’occupazione interessa principalmente la componente femminile (+1%), mentre quella maschile è pressoché stazionaria (+0,1%); d’altro canto, le occupate donne spiegano quasi completamente la crescita occupazionale totale. Peraltro, il calo della partecipazione è determinato esclusivamente dagli uomini, considerato che le forze lavoro maschili si riducono dello -0,9%, mentre quelle femminili sono sostanzialmente stabili (+0,1%). Queste dinamiche hanno pertanto prodotto nel corso dell’ultimo anno una più elevata riduzione degli uomini in cerca di occupazione (-11,2%) e una contrazione più contenuta della disoccupazione femminile (-9,7%)”.

Variazioni che si riflettono su tutti li indicatori, dal momento che il tasso di attività maschile si riduce (da 78,1% a 77,7%), mentre quello femminile cresce (da 67,6% a 67,9%), ed il tasso di occupazione delle donne, passando dal 61,8% al 62,7%, aumenta in misura maggiore di quello degli uomini, che si incrementa invece di quattro decimi di punto percentuale.

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