Dopo il “semaforo verde” del Tribunale, la procedura di esecuzione immobiliare ha fatto il suo corso e ora c’è anche una data. L’asta per la vendita della villetta a Montroz di Cogne, già proprietà di Annamaria Franzoni e teatro dell’omicidio del piccolo Samuele Lorenzi (per cui la donna fu condannata a sedici anni di carcere), si terrà il prossimo 19 febbraio alle 9. Il relativo annuncio è stato pubblicato ieri, lunedì 30 novembre, sul portale autorizzato dal Ministero della Giustizia dedicato alle aste giudiziarie.
Si apprende così che la base d’asta per la “villa bifamiliare (in quanto composta da due unità abitative separate) insistente su un terreno di proprietà di mq 681” è di 835.300 euro, che l’offerta minima ammonta a 626.475 euro e che il rialzo minimo deve essere di 20.882,50 euro. La procedura per la vendita è “senza incanto”, vale a dire che le offerte dovranno pervenire entro le 13 del 18 febbraio e all’appuntamento fissato per l’asta, delegata all’avvocato Nadine Cunéaz (anche custode del bene), verranno aperte le buste eventualmente arrivate, per poi determinare la proposta aggiudicataria.
Resta intonso l’interrogativo sull’esistenza di qualcuno realmente disposto a acquisire un immobile dalla storia tanto impegnativa. Il delitto di Cogne, per quanto ormai lontano diciott’anni, ha segnato la storia del paese ai piedi del Gran Paradiso e ha cambiato il racconto della cronaca, attraverso la sua mediatizzazione massiva. Trattandosi di una vendita immobiliare il bene viene ovviamente descritto in modo asettico, ma l’inserzione rimanda la mente quasi automaticamente alle tante rappresentazioni viste e sentite nei mesi in cui l’Italia si divideva, con foga quasi da tifoseria calcistica, tra innocentisti e colpevolisti.
Difficile non tornare al “plastico” esibito da uno show Rai di seconda serata nel leggere dell’“alloggio autonomo” al primo piano, “costituito da un ingresso, un soggiorno con angolo cucina, una camera da letto, un disimpegno ed un bagno”, della “parte abitativa composta da due camere da letto e un bagno collegata ai piani inferiore e superiore tramite una scala interna”, nonché del “giardino di proprietà esterno di circa 590 mq”. L’asta potrebbe andare comunque deserta anche per altri motivi: secondo un copione già visto quando si tratta di vendite giudiziarie, chi è interessato all’acquisto attende il ribasso della base, che scatta ad ogni indizione successiva.
Il tempo s’incaricherà di dare le risposte del caso. Chi spera nel fatto che la procedura vada a buon fine è, ovviamente, colui che ha esercitato l’azione di esecuzione immobiliare, cioè l’avvocato romano Carlo Taormina, assistito in questa vicenda dal figlio Giorgio. Difese la donna nelle prime battute del processo, ma ha lamentato il mancato pagamento dei suoi onorari e, dalla sua, ha una sentenza civile del Tribunale di Bologna, che ha condannato Franzoni a riconoscergli 275mila euro. Nell’atto di pignoramento, la somma è lievitata fino ad oltre 450mila euro.
La villetta è stata oggetto dell’azione del legale perché Franzoni, stabilitasi dopo la scarcerazione sull’appennino emiliano con il marito Stefano e altri due figli, non avrebbe presentato altri beni aggredibili. La famiglia aveva tentato di bloccare il tentativo dell’avvocato, attraverso una istanza di sospensione dell’esecuzione. Un primo “round” se lo erano aggiudicati proprio i Lorenzi, con una dichiarazione di inefficacia e improcedibilità del procedimento, ma Taormina aveva rinnovato la procedura, riuscendo a superare l’ostacolo. Insomma, ai fantasmi della storia del delitto di Cogne sembrano non riuscire a sfuggire nemmeno i suoi stressi protagonisti.