Il questionario sottoposto da Confcommercio-Fipe VdA alle aziende valdostane evidenzia un grande punto interrogativo sulla possibile ripresa ed un calo di fatturato e di liquidità. I mesi di isolamento hanno lasciato ferite profonde, anche se per le aziende del terziario è stata l’occasione per accelerare un cambiamento che finora avevano affrontato solo in parte. La paura della crisi infinita potrebbe essere fatale per molte aziende, per altre invece è un incentivo per sfruttare tutte le possibilità offerte dal digitale al fine di riuscire a sopravvivere.
“Si tratta dei primi dati concreti sulle conseguenze dei DPCM messi in campo per affrontare il Covid 19 che illuminano lo stato d’animo dei nostri imprenditori”, sottolinea Adriano Valieri, Direttore Generale Confcommercio VdA.
Al sondaggio hanno risposto 350 aziende di cui il 38% delle ditte individuali, il 17% delle società di capitali ed il 45% delle società di persone, delle quali il 61% non intercetta la domanda turistica. Altro dato significativo è dato dall’88% degli intervistati che si rivolge prevalentemente a una clientela nazionale. Il 61% non vende sui mercati esteri i propri prodotti o servizi a dimostrazione che la maggior parte delle aziende attive nel terziario realizzano il proprio fatturato in Italia.
“Come dimostrano i dati del sondaggio”, evidenzia Graziano Dominidiato, Presidente di Confcommercio-Fipe VdA, “le nostre aziende operano prevalentemente al servizio della comunità valdostana ed in questo senso un ruolo sociale di grande importanza lo svolgono i negozi di prossimità; i bar ed i ristoranti di paese ma soprattutto il sondaggio infatti mette anche in luce la valenza sociale dell’operato degli imprenditori che hanno dimostrato una grande attenzione nei confronti dei propri dipendenti”.
Infatti tra le azioni svolte dagli imprenditori che hanno aderito al questionario rispondendo alla domanda: “la situazione di emergenza che impatto avrà sulla gestione dei dipendenti” solo il 23% ha detto di ipotizzare la possibilità di licenziare, mentre il 30% pensa ad una riduzione dell’orario di lavoro; il 35% ha fatto o farà ricorso alla cassa integrazione guadagni ed il 12% ipotizza soluzioni diverse.
Tutto questo con la consapevolezza che la ripresa dell’attività a pieno regime o in regime parziale non saprà quando potrà avvenire (69%) mentre il 31% manifesta l’ipotesi di tornare alla normalità nei primi mesi del 2021.
Sul piano economico finanziario le risposte al questionario dimostrano il calo di fatturato e la carenza di liquidità. Spiega ancora Valieri: “Il 38% degli intervistati lamenta di aver registrato un mancato fatturato superiore al 50%, un altro 38% ha perso tra il 30% ed il 50%, il 17% tra il 20 ed il 30%. Inoltre il 76% ha già fatto ricorso al credito bancario. Ciò significa che tutte le aziende non sono in grado di ripartire se non c’è un massiccio intervento finanziario della Regione o dello Stato. Dobbiamo ricordare ed aver presente che la perdita di fatturato significa carenza di liquidità che equivale all’’impossibilità di pagare fornitori ed acquisti creando un circolo vizioso pericoloso il cui sbocco significa la messa in liquidazione o la chiusura di centinaia di aziende e ridurre sul lastrico migliaia di famiglie”. La perdita di fatturato è data dall’83% dalla riduzione delle vendite, il 5% dalla mancanza di fiere e manifestazioni commerciali o congressuali, il 12% dalle cancellazioni degli ordini.
Per far fronte alla crisi di liquidità il 55% degli aderenti al questionario ha detto di avere la necessità di finanziamenti variabili dai 25.000 ai 100.000 euro, il 16% avrebbe bisogno dai 100.000 a 500.000 € per proseguire l’attività; il 4% oltre 500.000 euro. Solo il 15% ha detto di aver una necessità inferiore a 25.000 euro. Inoltre il 76% dichiara di aver già usufruito di prestiti bancari.
Il questionario ha messo anche in evidenza le preoccupazioni per la ripresa dell’attività nel rispetto delle norme di sicurezza per evitare i contagi Covid. Il 75% prevede di dover ridurre il numero di clienti che potranno essere serviti contemporaneamente. Per questo l’11% degli intervistati sostiene di star progettando una piattaforma di vendita on line, mentre il 26% ne ha già una. Il 57% non usufruisce né pensa ad eventuali servizi on line.
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massiccio intervento calma…..io vi aiuterei in base a quanto avete pagato in tasse gli altri anni.
Non è che bisogna dare soldi a qualcuno che ha fatto nero a go go …….vedasi bar parrucchiere etc
io poi il questionario lo rivolgerei ai dipendenti per confermare o meno l’attenzione dei loro datori di lavoro..che io sappia poche aziende hanno anticipato la cassa