L’ordinanza del Ministro della Salute Roberto Speranza è arrivata mentre era in volo. Soltanto una volta atterrato a Milano Malpensa il valdostano Dario Joyeusaz ha scoperto che l’Italia aveva stabilito il divieto di ingresso per chi arriva dall’India e dal Bangladesh, rafforzando le misure di isolamento.
“Una brutta sorpresa” racconta Dario. “Sul volo eravamo una trentina di persone, tutti bloccati dalla polizia all’uscita dall’aereo”. Dopo esser stati sottoposti al tampone ed esser risultati negativi , si trovano ora confinati a Malpensa.
“Ci hanno appena comunicato di aver trovato un Covid Hotel, dove dovremo osservare un periodo di quarantena”. “Un incubo” per Dario, molto provato dall’esperienza lavorativa in Bangladesh.

Ingegnere elettrico, da anni Dario, 48 anni di Chatillon, divide la sua vita fra Aosta, dove vivono sua figlia e la sua compagna, Torino e l’estero. Dipendente di un’azienda novarese si occupa, infatti, di avviare in diversi paesi esteri degli impianti automatici nell’ambito alimentare.
L’ultima “missione” a Dacca nella capitale del Bangladesh, dove Dario è arrivato a inizio febbraio per lavorare in un grosso impianto appartenente al secondo gruppo industriale del paese. Qui purtroppo ha incrociato sulla sua strada il Covid-19. “Non so sinceramente come ho fatto a prenderlo, indossavo sempre i dispositivi di protezione forniti dall’azienda. Per lavoro però sono venuto a contatto con molte persone”.
Sportivo e senza alcuna patologia pregressa, il virus “ha picchiato duro” sul valdostano, che è stato costretto ad un ricovero di sei giorni in ospedale. “Non riuscivo più a mangiare e di conseguenza ad alzarmi dal letto” racconta. “Ero debolissimo, la febbre andava e veniva nel giro di poche ore”. Dopo tre giorni trascorsi senza toccare cibo – “il terzo ho iniziato ad avere dei brutti pensieri” – Dario decide di contattare l’ambasciata italiana, che a questo punto invia un’ambulanza nella Guest House dove il valdostano era ospitato.

“In ospedale mi hanno subito fatto delle flebo e imbottito di antibiotici” ricorda. “Avevo il potassio basso ed ero deperito.” Per alimentarsi il valdostano è costretto a chiedere aiuto. “Non potevo alzarmi e ogni giorno venivano a lasciarmi un termos con del cibo. Sono riuscito a trovare un ragazzo del posto, che durante la mia permanenza in ospedale mi forniva, a pagamento, assistenza”. Per fortuna Dario non ha avuto bisogno di ossigeno “che in ospedale, in caso di necessità, era comunque presente”. Dopo sei giorni di ricovero sono arrivate le dimissioni e il trasferimento in una Guest house per concludere il periodo di isolamento in attesa della completa guarigione dal virus. “E’ stata davvero dura. Bisogna davvero prestare attenzione a questo virus, perché quando decide picchia molto duro. In Bangladesh, e in particolare nell’ospedale in cui sono stato ricoverato – l’ambiente sembrava quello di 30 anni fa qua in Italia – i medici erano molto preparati. Ho visto una grande professionalità, anche da parte di dottori molto giovani.” Nonostante la lontananza al valdostano è arrivato il supporto anche dei medici dell’Ospedale regionale Parini di Aosta, il dottor Rodolfo Riva e la dottoressa Annapaola Bocchio.
Sconfitto il virus, a Dario non rimaneva che sottoporsi ad un nuovo tampone molecolare per potersi imbarcare e rientrare in Valle d’Aosta. “Forse anche sull’onda emotiva legata ad alcune immagini provenienti dall’India, il nostro paese ha deciso di adottare misure molto drastiche” costringendo, quindi, Dario a rimandare ancora di qualche giorno l’abbraccio con la propria famiglia. “Dopo 80 giorni di trasferta a mangiare riso bollito non vedevo l’ora di tornare a casa”.