Una chitarra che sembra un gioco, ma che invece è serissima, un work in progress lungo 25 anni che Paolo Angeli ha spiegato durante il suo concerto al MAIN, nell’ambito degli appuntamenti estivi che la Maison de l’Artisanat International organizza quest’estate. Quella che lui chiama “semplicemente la mia chitarra”, sembra un gioco, perfetta per la mostra che il MAIN ospita fino al 31 ottobre: ineLUDibile GIOCO.
Il musicista sardo ha portato a Gignod non solo il suo strumento, ma tutto un universo. A suonare non solo la sua chitarra, ma il suo viso, le sue mani mentre calibra suoni e movimenti e i suoi piedi, da cui dirige parte dei suoni e con cui tiene il tempo su una busta di plastica. Piedi scalzi, come in un gioco, come i bambini, con la purezza dei sentimenti che lo guidano quando parla della sua terra, la Sardegna. Lui, di Palau, con l’isola ha litigato, fatto pace, cercato una tregua e poi è ritornato, quest’anno per un periodo più lungo, dovuto alla pandemia, e per la prima volta dopo tanto tempo in inverno. Trasferitosi a Barcellona, ha completato il suo ultimo album Jar’a, lavoro che ha concluso tra l’altopiano di Giara e l’isola della Maddalena e che gli ha permesso di riportare al centro dei suoi suoni un minimalismo ancestrale della musica che si confronta con la deflagrante potenza della natura.
Quella che lui chiama una “semplice chitarra” è in realtà uno strumento molto complesso sia dal punto di vista della costruzione stessa del supporto, sia dal punto di vista del suono: la base, una cassa di chitarra sarda, è arricchita da due livelli di corde (verticali e orizzontali), nella cassa, un sistema di eliche azionato automaticamente, fa vibrare le corde, il cui suono può essere modificato anche attraverso due ponti mobili. Un puntello di violoncello permette di suonare la chitarra in verticale, anche con un archetto di violoncello, che però suona su un ponte piatto e non curvo, mentre un sistema a pianoforte azionato con i piedi permette un ulteriore suono grave; per non farsi mancare nulla dei dispositivi di telefono cellulare in modalità conferenza vibrano e generano suoni impensabili per una “semplice chitarra”. Questo strumento, “la band che ha suonato per voi questa sera”, come scherza l’artista a Gignod è come un gioco e il parallelismo con la mostra esposta al MAIN è immediato. Una parte analogica e una digitale, un modo di suonare che permette di arrivare a toccare e produrre suoni che non esistono, che si creano e si distruggono all’istante, come le onde sarde che Angeli conosce bene e che nelle sue melodie toccano anche i montanari più duri.
Per non farsi mancare nulla, oltre ai brani di Sale Quanto Basta e Su (due lavori da solista), Paolo Angeli ha regalato alla platea anche una cover dei Radiohead, il brano Airbag tratto da Ok Computer, creando qualcosa di unico. Il MAIN si presenta quindi come sede ideale per concerti intimi e diversi dal solito spettacolo, qualcosa che permetta di scoprire nuove frontiere della cultura, così come la mostra esposta, che permette una panoramica incredibile sull’origine del gioco, fino ad arrivare alle consolle di ultima generazione, senza tralasciare la sovraesposizione dei bambini ai giochi e la ludopatia.
La mostra è visitabile fino al 31 ottobre al MAIN di frazione Caravex a Gignod dalle 13 alle 19 (chiuso il lunedì).