Secondo i suoi promotori, questa settimana “la Valle d’Aosta si è ufficialmente unita alla rete anti spreco di Too Good To Go”, l’app che promette la possibilità di acquistare, “salvandoli” dal finire invenduti, alimenti ancora freschi ad un terzo del prezzo originale. Per la verità, la possibilità di accedere al sistema, nella nostra regione, esiste da lungo tempo, ma si è trattato di un’ottima occasione per provarlo “sul campo”, verificando non solo se i presupposti descritti sono reali, ma anche come viene gestito dagli esercizi commerciali aderenti.
Come funziona la app
Prima di dire del test, però, è bene spiegare come funziona “Too Good To Go”. Tramite l’applicazione, i negozianti mettono in vendita le cosiddette “magic box”, vale a dire sacchetti a sorpresa contenenti prodotti a fine giornata “troppo buoni per essere buttati”. Installandola sul proprio smartphone (da App Store o Google Play) e accedendo (anche con le credenziali di sistemi collaudati, come Google e Facebook), si vedono da subito le proposte in corso nella propria area.
Per ognuna vengono indicati, oltre all’esercizio commerciale che la effettua (con la distanza da dove ci troviamo), il prezzo e l’orario nel quale andrà effettuato il ritiro della “magic box”. I possibili timori su una scelta magari ristretta, in una città che non è certo una metropoli (la prova è avvenuta ad Aosta), s’infrangono contro la prima “esplorazione”. Supermercati, bar, chioschi di street-food, panetterie e pure una macelleria sono in attesa di vederci arrivare a recuperare il loro invenduto.
Restava un aspetto non indifferente, specie nella terra in cui la “spesa” è un rito: il contenuto della “magic box” non è noto a priori. Certo, l’attività che la offre è indicativa, ma – nel caso, ad esempio, di una panetteria – dei panini integrali potrebbero essere nei nostri gusti, dei grissini alle cipolle no. E’ un terreno soggettivo e ognuno, leggendo, trarrà le sue conclusioni. Rimane da dire che, una volta scelto, si paga anticipatamente online (carta di credito, Paypal o Google Pay). A quel punto, c’è solo da arrivare in orario. Eccoci così arruolati tra i “Waste Warrior”, cioè guerrieri dello spreco alimentare.
Lunedì al supermercato
“Devo ritirare una magic box”. Un briciolo di emozione mista a curiosità, per una frase mai detta dalla nascita, c’è quando lunedì scorso, 26 luglio, spiego al commesso il motivo del mio ingresso in un supermercato di quartiere. Sono le 19 appena passate e ho speso 2.99 euro. Le indicazioni della app sono chiare: il cibo sarà confezionato, ma occorre portare un sacchetto. Ce l’ho, ma quando vedo tornare il ragazzo con una cassetta di plastica capisco che non mi servirà (però, prendetelo sempre con voi).
La varietà è lampante: un melone, un ananas, due confezioni di salsicce piccanti, una vaschetta di carote e due barattoli grandi di yogurt bianco. La proporzione del prezzo appare pacificamente assicurata (l’acquisto “tradizionale” sarebbe costato tranquillamente 9 euro). E la qualità? I prodotti confezionati, essendo a fine corsa, scadevano tra quel giorno e quello dopo. Niente panico: uno yogurt finisce ad un vicino e le salsicce in tavola per cena. La frutta era matura al punto giusto e dolce. Unico neo le carote, troppo “a fine giornata” per l’ insalata, ma anche per essere cotte. Metto comunque, quando la app mi chiede di valutare l’esperienza, tre stelle su cinque. Ampia sufficienza (anche se non stravedo per il cibo piccante).
Martedì, pane e dintorni
Per il “secondo round” da guerriero dello spreco, martedì 27, la scelta cade su una panetteria del centro. Prelevo alle 18 e sono certo del fatto che il negoziante non “bari”, perché assembla la “magic box” sotto i miei occhi, prendendo i prodotti dal bancone. Al prezzo di 1.99 euro, comunicando il codice di ritiro, insacchetto due pagnottine bianche, dei grissini al burro, un trancio di pizza margherita, due pizzette alle olive e una brioche. Parte “corrobora” la cena, altra la colazione dell’indomani. Risparmio del 75% effettivo e gusto e qualità constatati. Stavolta le stelle sono cinque.
Mercoledì, salta un turno!
Parlare del terzo giorno del test implica ragionare sugli orari in cui si rivela “strategico” consultare la app. Parte delle attività aderenti rendono disponibili le box nel corso della giornata, al verificarsi dell’eccedenza. Altre, verosimilmente presupponendola, pubblicano le loro proposte già la sera precedente. Per essere sicuri di non perdersi delle opportunità, conviene quindi “farsi un giro” al mattino presto, ma anche dopo pranzo e a inizio serata.
E’ in quest’ultima occasione che appare, per il giorno dopo, l’inserzione di un bar-ristorante del centro. I colleghi già avvezzi a “Too good to go” lo magnificano da tempo, fatto che lascia pochi dubbi sul prenotare. Ritiro nel pomeriggio, dalle 16.30, ma alle 14.50 gli entusiasmi si spengono. Una notifica e una mail avvertono che il locale “non aveva abbastanza cibo invenduto disponibile, quindi il tuo ordine è stato cancellato”. Soldi resi poco dopo (nonostante fosse spiegato che ci potessero volere fino a 10 giorni) e “guarda il lato positivo: niente sprechi!”. Se l’obiettivo è “salvare” del cibo, il risultato è massimo, per carità.
Giovedì, pizza time
Per l’ultima serata di prova, giovedì 29, la carta giocata è classica come non mai: un chiosco di pizza “al mattone” alle porte della zona pedonale di Aosta. Si ritira dalle 20.40 e, per 2.99 euro, ecco un trancio di Margherita, uno alle olive e uno ai peperoni, assieme a una focaccia prosciutto e formaggio. L’ultimo pasto della giornata è così risolto e la soddisfazione dei commensali è unanime, con voto elevato per l’attività. Non resta che tirare fuori il computer, per iniziare a raccontare i nostri quattro giorni da “Waste Warrior”.
Concludendo…
Certo, quattro giorni non si possono considerare un periodo di test esteso (ma la scelta quotidiana offerta da “Too good to go” colpisce) e sarebbe sbagliato credere che le offerte della app possano diventare un sostitutivo della spesa quotidiana (forse per chi vive da solo di più, ma non poter scegliere, alla lunga, è limitante). Al netto dell’aspetto commerciale – che non abbiamo indagato (i pagamenti online non vanno direttamente ai negozi, ma ad una società, che verosimilmente si occuperà di redistribuirli) – le opportunità esposte sono risultate reali e lo spreco alimentare rappresenta un problema maledettamente serio.
Certo, ragionarci dietro a una scrivania nell’occidente ricco ed opulento (dov’è oggettiva pure la sovralimentazione della popolazione) suona quantomeno dissonante, e fa apparire non proprio prossimo l’obiettivo dichiarato dalla app (“espandere la sua rete e creare un vero e proprio movimento” per “contrastare gli sprechi alimentari per la salvaguardia del pianeta, grazie al risparmio di 2.5 kg di CO2 emesse per ogni ‘magic box’ acquistata”). Però prendendo a prestito le parole di un’autorità in fatto di altruismo, San Francesco di Sales, “un grammo di buon esempio vale più di un quintale di parole”. Nelle attività aostane visitate nei quattro giorni, l’invenduto finirebbe effettivamente nei rifiuti, quindi perché non pensarci?