Enzo Bianchi e il passaggio dall’io al noi come cambiamento e approccio esistenziale

Il fondatore e priore della Comunità monastica di Bose sarà l’animatore al Forte di Bard della serata da titolo “Dall’io al noi. Fraternità e condivisione” che si terrà venerdì 26 giugno al Forte di Bard, dove è co-curatore della mostra “Verso l’Alto”.
Enzo Bianchi
Cultura
Enzo Bianchi, fondatore e priore della Comunità monastica di Bose, scrittore, pubblicista e docente universitario, animerà nella struttura della Piazza d’Armi del Forte di Bard l’incontro dal titolo “Dall’io al noi. Fraternità e condivisione”.
Al Forte di Bard, dove è co-curatore della mostra “Verso l’Alto”, il Priore affronterà con chi interverrà alla serata il tema della condivisione, del passaggio dal io al noi come cambiamento di prospettiva e di approccio esistenziale.
L’appuntamento, in programma venerdì 26 giugno, alle ore 21.00, rappresenta un’occasione da non perdere con uno dei più stimati studiosi di storia della Chiesa, autore di innumerevoli pubblicazioni e di articoli per testate come La Stampa, Repubblica, Avvenire, Famiglia Cristiana, nonché ospite di numerose trasmissioni televisive.
Personalità emblematica e grande comunicatore, Enzo Bianchi è un cristiano che sa farsi ascoltare da tutti. È raro trovare chi non sia stato colpito dalla forza della sua eloquenza, in Italia come all’estero.
Parole e silenzi in Enzo Bianchi hanno la stessa forza. Emblematica fu la vicenda di Eluana Englaro, quando il Priore di Bose scelse di non parlare affatto per poi scrivere sulla Stampa, dopo la morte della giovane, citando il Qohèlet: «C’è un tempo per tacere e un tempo per parlare».

È così anche nel monastero di Bose, che creò nel 1965 quando, in solitudine, decise di essere cristiano in modo diverso (cominciò l’8 dicembre, il giorno che finì il Concilio Vaticano II). Nella comunità è padre, fratello, maestro nelle cose minime: conoscerlo vuol dire anche vederlo nelle sue bellissime cucine, tra lo squisito vasellame plasmato dai confratelli. Mettere le mani in pasta è per lui quello che avviene nell’eucaristia: il pane è fatto di grano impastato dall’uomo, il vino è uva pigiata dall’uomo. Il fare umano s’unisce alla natura e al cielo. Bianchi è completamente immerso nella comunità e però ogni tanto si ritrae, ha sete di immensi ritiri, e allora sale sull’altura dov’è un suo abitacolo e sta solo per giorni. I fratelli gli portano da mangiare. Sul priore scende la luminosa notte d’un distacco silente.

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