Lo Charaban è tornato. La pausa forzata del Covid non ha fermato la “benda” dello storico teatro popolare, anzi, sembra aver portato consapevolezza all’interno della compagnia che, in questi anni, si è rimessa al lavoro per recuperare il divario tra finzione e realtà, cercando di plasmare le pièce sulla contemporaneità, esercizio tra i più delicati e difficili affrontati negli anni dal teatro valdostano.
Lo Charaban è tornato e a dimostrarlo non solo le serate, tutte sold out, e il ritorno affettuoso del pubblico di una volta (tra cui tantissimi giovani già alla prima serata di mercoledì 23 novembre n.d.r.), ma anche la solidità degli attori. Elena Martinetto porta ancora una volta sulle sue spalle tutta la benda, trascinando lo spettatore nel suo mondo fatto di gestualità e dialettica esagerate, condite da quel patois cognein così lontano dal resto della regione da farlo sembrare quasi esotico, ma, questa volta, è in ottima compagnia e non solo per il neo direttore Michel Celesia, perfettamente a suo agio da solo sul palco durante gli intermezzi, così come nei panni dei vari personaggi che gli vengono richiesti, o Fabrizio Jacquin che, dalla Coumba Freida, porta tutta l’esagerazione e la comicità del dialetto valdostano, ma anche per i giovani componenti della compagine. Se Christian Brunod può considerarsi ormai un habitué del palco, a dimostrarlo la facilità con cui cambia personaggi, segno della maturità ormai acquisita, non sono da meno gli altri giovani attori: il sangue dei Danna non perdona e Pierre André Avoyer, il figlio di Rosanna (anche lei in grado di trasformarsi in maniera davvero credibile da baby influencer a governante nel giro di una pièce), e nipote di Mile, dimostra che il futuro della compagnia è già qui ed è in ottima salute. Accanto al nipote prodigio, però, anche Manuel Baravex, da alcuni anni nel gruppo, ma finalmente sotto i riflettori come merita: vengono affidate a lui e a Michel Celesia gli intermezzi pre pièce conditi da rimandi a due grandi esempi di comicità italiana come Aldo,Giovanni e Giacomo (lo sketch del cane al guinzaglio) e Ale&Franz il cui omaggio è indiscutibile.
Gli attori riescono nell’impresa di portare a casa un buon Charaban anche grazie alle pièce, quest’anno scritte con continui rimandi precisi e puntuali al mondo contemporaneo, alle sue pazzie e alla sua frenesia, oltre che alla visione valdostana di determinati cambiamenti e innovazioni (suprema Elena Martinetto nei panni di Gina n.d.r.). La pièce più tradizionale è a cura di Mile Danna, che diventa quest’anno mimo e tramamoublo, in grado di far sorridere senza nemmeno parlare, ma che regala alla benda il riadattamento ironico e completamente alla rovescia di un’opera teatrale italiana; mentre lato scenografie la sicurezza di trovarsi di fronte alla meraviglia del teatro non manca mai di stupire lo spettatore. Segno di innovazione e voglia di diventare sempre più contemporanei anche il cambio di scenografia a sipario aperto con i tramamoublo sotto i riflettori e l’orchestra nella buca tra brani di diverse epoche riadattati in maniera semplicemente perfetta.
Lo Charaban è tornato e il 2022 potrebbe essere un nuovo anno 0 per il teatro popolare valdostano, un anno da incorniciare come un nuovo inizio.