Il turismo invernale rappresenta una delle maggiori entrate economiche di molteplici località di montagna. Le Alpi europee, in modo particolare, arrivano a ricoprire il 43% dei soggiorni sciistici mondiali. Tuttavia, un ultimo biennio scarso di precipitazioni nevose e connotato da temperature quasi primaverili ha provocato, secondo le stime dell’Ufficio del turismo nazionale, una perdita del numero di sciatori giornalieri pari all’8%. Purtroppo, nemmeno le pratiche di innevamento artificiale paiono essere sufficienti a salvare gli inverni delle quote più basse poiché eccessivamente dispendiose sia in termini energetici e idrici sia in termini economici.
Passaggi e pernottamenti
Facendo riferimento a un campione di 36 resort di località alpine tra Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige, la recente pubblicazione scritta a quattro mani da Gioia Maria Mariani e Diego Scalise e parte della raccolta “Questioni di economia e finanza” della Banca di Italia denota dal 2001 al 2019 un aumento delle temperature alpine di 3 volte superiore alla media globale. Ciò rischia di generare una sensibile riduzione del numero di passaggi sciistici sulle piste proprio a causa dell’abbassamento della quota neve. In particolare, gli esperti avvertono che il calo mediamente stimato al 40% potrebbe comportare una perdita pari al 7% dei turisti, una percentuale in crescita soprattutto nelle località di scarsa altitudine.
“Tale anomalo caldo invernale si tradurrà in stagioni sciistiche più corte e innalzamenti della naturale quota neve alle altitudini maggiori – spiegano gli studiosi -. Mancanza di precipitazioni, diminuzione del manto, profondità e disponibilità nevose potrebbero comportare un numero inferiore di visitatori nonché di clienti affezionati, generando a sua volta gravi impatti economici nelle destinazioni turistiche alpine dove le comunità locali tendono a essere maggiormente dipendenti dagli introiti del comparto”.
L’innevamento artificiale
Tra le possibili strategie di adattamento ai cambiamenti climatici, la creazione di neve artificiale non pare convincere i ricercatori della Banca di Italia. La presenza o meno nelle zone monitorate di tale tipologia di impianto, infatti, non pare avere ripercussioni sul numero di turisti che le visitano. Inoltre, i costi di produzione e funzionamento non saranno loro malgrado esenti da rincari energetici, aumento delle temperature e dispendio di risorse idriche.
“Le spese legate alla neve artificiale cresceranno in maniera non lineare parallelamente al riscaldamento globale sino a divenire, oltre una certa soglia e specialmente alle basse quote, del tutto impraticabile – decretano i ricercatori -. Come spiegato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, anche se essa è in grado di ridurre le perdite finanziarie derivanti da occasionali inverni carenti di precipitazioni, al contempo non potrà proteggere sul lungo termine da stagioni sempre più calde”.
Allo stesso modo, anche l’articolo curato da Bruno Abegg, Erika Hiltbrunner, Robert Steiger e Maria Vorkauf per l’International Journal of Biometeorology e focalizzato sulla stazione sciistica svizzera di Andermatt-Sedrun-Disentis finisce con il bocciare la neve artificiale. Oltre a essere in grado di prolungare la stagione sciistica su soli 100 giorni escluse le festività natalizie, tali strutture richiedono condizioni meteorologiche secche e fredde riscontrabili unicamente nei comprensori superiori ai 1800 metri di altitudine.
“Le aree coperte da innevamento artificiale sono aumentate esponenzialmente sul territorio alpino, sino a raggiungere in Italia circa il 90% – constatano gli esperti -. Tuttavia, dal 1961 al 2020 il numero di ore fruibili per la produzione è diminuito in media del 26% con riduzioni maggiori tra i 1000 metri e i 1500 metri di quota”.
Anche il dispendio di acqua necessaria alla creazione della neve diverrà sempre maggiore, raggiungendo percentuali tra il 50% e il 110% attraverso tutte le Alpi e andando così a sottrarre preziose risorse idriche a comparti quali agricolo, turistico e idroelettrico.
L’aumento delle temperature sulle Alpi
Le alternative allo sport
Tra i fattori positivi di richiamo che a parere della Banca di Italia spingono i turisti ad allungare i propri periodi di pernottamento figura la vastità dell’offerta complementare al minacciato sport. A fronte degli inevitabili rincari dei prezzi degli skipass provocati dell’aumento delle spese di produzione nevosa artificiale, infatti, sci e sci alpino rischiano di restare alla portata dei soli clienti più ricchi.
Proprio in una ottica di variabilità e adattamento, secondo gli studiosi, dovrebbero essere orientati gli sforzi delle località turistiche valdostane e trentine, chiamate a diversificare le proprie proposte puntando a un turismo destagionalizzato e versato ad attività alternative quali per esempio trail e competizioni non sciistiche, centri benessere e cura della persona, esperienze enologiche o gastronomiche ed eventi artistici e culturali.
“Allo stesso modo, anche il turismo estivo alpino è spesse volte considerato un potenziale vincitore contro i cambiamenti climatici globali che rendono le zone del Mar Mediterraneo eccessivamente calde e pertanto poco attrattive – concludono i ricercatori -. Accanto a tali benefici, tuttavia, perdita dei ghiacciai, scioglimento del permafrost, variazioni ideologiche, flora e fauna e differenti processi geomorfici potrebbero ripercuotersi a diverso titolo e in modo negativo proprio sul turismo”.
Una risposta
Ski resort Andermatt-Sedrun-Disentis nell’articolo tratto da un articolo del Journal of Biometeorology non si traduce con hotel svizzero ma con stazione sciistica!
Ad ogni modo grazie per aver segnalato queste due pubblicazioni.
Buon lavoro!