Ora è giunto il momento di comprendere il perché della evidente disparità di reazioni e della totale paura di denunciare e di guardare con coraggio e verità il nostro sistema istituzionale e di vita quotidiana.
Lo stesso giorno dell’arresto di Mio fratello Marco veniva già scritta proclamata la condanna con fotografie accanto a presunti pregiudicati. Conferenze stampa delle forze dell’ordine (carabinieri) con esaltazione delle immagini della Procura il tutto con continua denigrazione e umiliazione di mio fratello all’epoca consigliere Regionale.
E cosi ancora dopo la condanna in primo grado ringraziando un Tribunale di Aosta che aveva finalmente condannato il cancro della società valdostana di natura calabrese lasciando ampi spazi alle belle immagini dei Giudici e dell’aula dove si era inflitto 10 anni e 500 mila euro di risarcimenti dei danni oltre spese legali.
Dopo 4 anni arriva la parola fine di un procedimento devastante distruttivo basato sempre e solo sul Nulla del nulla. Fin dal primo giorno mio fratello ha urlato a chiare lettere la sua innocenza sentendosi – non dimentichiamoci- negare addirittura le attenuanti – perché non si era dissociato e/o aveva mentito su qualcosa di inesistente. Pazzesco si ma purtroppo è scritto anche questo nella sentenza del Tribunale di Aosta che non solo condanna sul nulla ma disprezza denigra la persona. Questo sicuramente non rientra nel ruolo di un Giudice. E non solo.
Sentenza che non considera prove evidenti documenti ed altro il nulla del nulla.
Mi sarei aspettato lo stesso trattamento. Una reazione indirizzata ad analizzare come è possibile che Tre Giudici tra cui il Presidente del Tribunale di Aosta abbiamo commesso un gravissimo spaventoso errore giudiziario. Far capire che dentro quella lettura del dispositivo in tribunale non c’era frettolosamente un fascicolo cartaceo ma una persona umana che già aveva tentato di ammazzarsi e solo con la forza e l’aiuto della famiglia della fede e di tante persone care si e’ salvato. Capire le ragioni e attivarsi in tutte le sedi con verifiche puntuali dettagliate affinché non debba più succedere.
Ma ci rendiamo conto cosa vuol dire 909 giorni di custodia cautelare? 45 giorni di isolamento? 8 mesi di carcere? Stiamo parlando di un innocente incensurato. Una vera vergogna come uccidere annientare una persona. Ricordo che nel nostro sistema giudiziario già solo in presenza di dubbi bisogna assolvere e non condannare. In questo caso oltre a non esserci dubbi erano palesi tutti gli elementi per la totale assoluzione.
Dinnanzi a tutto questo il nulla silenzio paura di divulgare di denunciare di parlare di indignarsi. Il sistema non cambierà se non abbiamo il coraggio di denunciare di divulgare a chiare lettere chi commette dei devastanti errori su vite umane totalmente innocenti.
E non e’ solo questione di responsabilità civile umana ma di operare con scrupolo attenzione e passione soprattutto quando e’ in gioco la vita umana che una volta annientata non potrà più essere ripristinata e l’errore e/o ingiustizia resterà scolpita nel corpo umano in eterno.
Comportamenti come questi danneggiano Giudici e professionisti che ogni giorno con diligenza sacrificio e a volta mettendo a rischio anche la propria vita e dei propri familiari operano ogni istante per rispettare il loro giuramento solenne di adempiere e applicare puntualmente – senza pregiudizi e in assenza di costruzioni di teoremi distruttivi fantasiosi – i sacri principi della nostra carta costituzionale e del nostro ordinamento giuridico.
Bisogna combattere in tutte le sedi istituzionali affinché non compaia più nella nostra vita quotidiana un macigno inaspettato ingiusto incontrollabile di una macchina della giustizia che non applicando i dovuti e corretti freni annienta e distrugge con piena indifferenza superficialità vite umane per sempre.
Non posso che concludere ricordando letteralmente quanto ci ha insegnato e trasmesso Giovanni Falcone il quale con coraggio sacrificio dedizione ribadiva “Chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e chi cammina a testa alta muore una volta sola”.
Avv. Sandro Sorbara