La scelta della Regione – operata attraverso la legge n. 8 del 2022 – di prevedere l’assunzione di due risorse all’Arer attraverso “modalità semplificate di svolgimento” della selezione, cioè solo sulla base dei titoli e con una prova orale, non è incostituzionale. Lo è però l’aver limitato, con la stessa norma regionale, la pubblicazione dei bandi all’albo e al sito istituzionale dell’Agenzia Regionale per l’Edilizia Residenziale.
Sono le conclusioni cui giunge la Corte costituzionale, nella sentenza (depositata ieri, martedì 11 luglio), in cui si pronuncia sul ricorso dello Stato a proposito di due commi di un articolo delle disposizioni approvate dal Consiglio Valle, nel maggio 2022, “in materia di interventi di riqualificazione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica”. La Consulta ha accolto solo una delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Presidente del Consiglio dei ministri.
In particolare, ha ritenuto infondate quelle sulla disciplina del meccanismo concorsuale. Per lo Stato, prevedere la selezione dei candidati (i posti erano per personale non dirigenziale a tempo determinato, da assegnare a una struttura di progetto, legata all’attuazione di specifici interventi nel settore dell’erp) senza almeno una prova scritta, si poneva in contrasto con le norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.
Secondo la Regione, costituitasi nel giudizio, essendo l’Arer soggetta alla disciplina degli enti pubblici del comparto unico, le norme oggetto di impugnazione costituivano esercizio della competenza legislativa residuale in materia di ordinamento e organizzazione amministrativa regionale, che non può esser vincolata dalla legge statale. Inoltre, la procedura semplificata non avrebbe compromesso la verifica delle attitudini professionali dei candidati, giacché la selezione assicurava la comparazione tra gli stessi (valutando i titoli e svolgendo la prova orale).
Fondata è stata però ritenuta la questione relativa alla divulgazione dei bandi. Lo Stato ha eccepito che non aver previsto, quantomeno, la pubblicazione di un avviso di concorso sul Bollettino Ufficiale della Regione confliggesse sia con il principio della “adeguata pubblicità della selezione”, sia con il regolamento di accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi (che stabilisce la pubblicazione dei bandi sulla Gazzetta ufficiale).
Per i giudici, “la modalità di pubblicazione stabilita” dalla legge regionale oggetto d’impugnazione “non assicura” una “idonea diffusione dei bandi e si pone dunque in contrasto con” le norme costituzionali di buon andamento e della parità di accesso alle cariche pubbliche. In particolare, la sola pubblicazione su albo notiziario e sito dell’Arer “mina, infatti, la possibilità, per il quivis de populo, di venire a conoscenza delle procedure in parola e restringe eccessivamente l’accessibilità delle stesse da parte dei potenziali candidati”.
La pubblicazione nel bollettino ufficiale della Regione (edito settimanalmente), per la Consulta avrebbe consentito “tempi ragionevolmente compatibili anche con l’esigenza della tempestività delle assunzioni”. Di conseguenza, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma relativo alla pubblicità delle selezioni. Il personale individuato attraverso quella procedura è impiegato da circa un anno. Gli uffici regionali, venuti a conoscenza della sentenza, stanno approfondendo le sue possibili ricadute.