E’ il giorno dello sciopero di medici e infermieri. “La misura è colma”

Le condizioni economiche, ma anche la qualità del lavoro e di conseguenza della vita fra le ragioni alla base della protesta. Manca personale, ma mancano anche i servizi di conciliazione e percorsi istituzionali per facilitare chi dall'estero vuole rientrare o arrivare a lavorare in Italia.
presidio sciopero medici e infermieri
Sanità

“In 32 anni è la prima volta che sciopero. Lo faccio perché la misura è colma”. A parlare è Andrea Molino, specialista di nefrologia all’Ospedale Parini di Aosta, che assieme a tanti suoi colleghi questa mattina ha deciso di incrociare la braccia. Dalle 9 di questa mattina medici e infermieri in sciopero presidiano un banchetto nella “piastra” del nosocomio regionale per spiegare le ragioni della protesta ai cittadini, i primi a subire il progressivo smantellamento della sanità pubblica a favore di quella privata. Per conoscere i dati sull’adesione e le prestazioni saltate bisognerà attendere la fine della giornata, ma le prime sensazioni raccolte parlano di una massiccia astensione dal lavoro.
La classica goccia che ha fatto traboccare il vaso è però la norma contenuta nell’ultima Manovra finanziaria del Governo che va a toccare le pensioni.  “Siamo stati definiti eroi e ora veniamo depredati dei nostri diritti”.

Per la prima volta lo sciopero vede fianco a fianco medici ed infermieri. Quest’ultimi sempre più attratti dalla sirene della vicina Svizzera. “Offre posti di lavoro e uno  stipendio nettamente superiore, ma c’è anche un riconoscimento della professionalità nettamente superiore, con grossi investimenti nella formazione. Cose che in Italia si possono scordare” racconta Gianluca Brienza. Chi rimane lo fa con enormi sacrifici e perché vede all’orizzonte l’agognata pensione. Persone che una volta fuoriuscite dal sistema sanitario regionale difficilmente verranno sostituite dai neolaureati, in numero insufficiente e che spesso intraprendono il percorso di studi con l’obiettivo di andare all’estero a lavorare. “Non si muovono i governi, ma si muovono gli infermieri che vanno a lavorare all’estero alla ricerca di condizioni migliori, una vita migliore, anche fuori dal posto di lavoro”.

La sanità negli ultimi anni è sempre più femminile. Secondo i dati Agenas nel 2021 il personale dipendente del Servizio sanitario nazionale ammontava a 670.566 unità di cui 68,7% donne e 31,3% uomini. Eppure i bisogni delle donne non vengono presi in considerazione. Nicole Pagani è rientrata dall’Inghilterra per lavorare nel reparto di Malattie infettive. “Dal punto di vista della gestione familiare non c’è supporto per i dipendenti ad inserire i bambini nel nido aziendale, se uno prende servizio ad esempio nel corso dell’anno”. Il servizio è riservato, infatti, a chi ha un contratto a tempo indeterminato. “Se una dottoressa dovesse arrivare in Valle d’Aosta e non avere ancora un contratto a tempo indeterminato il bambino non avrà vantaggi per accedere al nido aziendale” fa eco Irene Pelloni “e quindi magari non si fermerà o tornerà nel paese di provenienza. Molte persone vengono qui pensando di meglio conciliare lavoro e vita privata, è sicuramente più facile in una città piccola come la nostra, però si può fare di più sul welfare aziendale”.
Mancano anche percorsi istituzionali per facilitare il trasferimento di personale straniero o proveniente dall’estero. “Sarebbe utile avere un supporto – evidenzia Pagani – perché nella mia esperienza sono problemi che prendono tanto tempo, energia e spesso bisogna fare affidamento sull’aiuto dei colleghi”.

A incidere sulla qualità del lavoro e della vita in generale è la cronica carenza di personale. Pensionamenti, licenziamenti, concorsi deserti.
“A Malattie infettive siamo in quattro a fare il lavoro di sei persone. C’è un concorso per il prossimo anno speriamo si presenti qualcuno. Ma i concorsi vengono indetti in tutta Italia, le persone si iscrivono, ma poi non partecipano neppure perché ottengono qualcosa da altre parti ” racconta Pagani.

“A Medicina interna siamo sotto di due unità, però ci saranno dei pensionamenti a breve termine e non abbiamo garanzie che verranno reintegrati” spiega Pelloni.
“Nefrologia non è messa malissimo, ma lo sarà nei prossimi mesi in quanto ci saranno pensionamenti e ad oggi non c’è notizia di concorsi” aggiunge Molino.

“Alla politica chiediamo di capire quali siano le ragioni di questo sciopero, prendere provvedimenti, incrementare le assunzioni per migliorare la qualità del lavoro, migliorare i finanziamenti e di riflettere sulla decurtazione delle pensioni”.

Il 5 dicembre medici e infermieri in sciopero

30 novembre 2023

I rappresentanti sindacali di medici e infermieri
I rappresentanti sindacali di medici e infermieri

“Se devono risparmiare vadano su altri capitoli di spesa, non sulle pensioni degli operatori della sanità, che svolgono con dedizione e enormi sacrifici il proprio lavoro togliendo tempo alle proprie famiglie”. E’ il coro dei sindacati dei medici e degli infermieri pronti il 5 dicembre a scioperare contro la manovra di governo, che all’articolo 33 interviene sulle pensioni di medici e infermieri, una perdita stimabile fra il 5% e il 25% dell’assegno pensionistico annuale.

Il 5 dicembre una rappresentanza dei sindacati valdostani scenderà in piazza Torino, mentre altri manifesteranno all’ingresso dell’ospedale. 
“Tutti speravamo nella manovra di bilancio in maggiori risorse per il servizio sanitario regionale” sottolinea Marcello Giudice, segretario regionale Cimo. “Invece ci siamo trovati la ciliegina sulla torta”.

I sindacati ricordano gli 80 miliardi di evasione fiscale in Italia e i 10 miliardi destinati alla medicina difensiva, chiedendo allo Stato di recuperare lì le risorse.
“Assieme alla Polonia e al Messico siamo gli unici a considerare l’errore medico un reato penale” ricorda Carlo Poti, segretario regionale Anpo Vda. “Per questo chiediamo la depenalizzazione dell’errore medico”.

I tagli alle pensioni colpiranno 740mila dipendenti pubblici. “Per la prima volta medici e infermieri scioperano insieme” evidenzia Riccardo Brachel Contul. “La situazione è grave. Cercano di destrutturare la sanità pubblica, tagliandole i fondi e aumentando quelli per il privato accreditato. Non siamo ancora arrivati al fondo del barile, ma solo perché chi rimane tiene botta. Nel frattempo prosegue la fuga presso il privato e nel caso della Valle d’Aosta verso la Svizzera”. 

“Giocano sulla pelle delle persone” aggiunge Claudio Delli Carri di Nursing Up, auspicando che le parole della Premier Meloni, che si è detta disponibile a modificare il testo, diventino fatti.

Accanto alla battaglia delle pensioni, i sindacati il 5 dicembre porteranno in piazza “turni lavorativi sottopagati”, “contratti collettivi scaduti e inadeguati” e ancora “la carenza di personale” con “condizioni lavorative sempre più pesanti”.

In Valle d’Aosta qualcosa, dicono i sindacati, è stato recepito, ma la rotta non si è ancora invertita. Sull’indennità di attrattività, ad esempio, i sindacati chiedono maggiori risorse. “Se sono sempre spiccioli la gente non viene”. A dimostrazione citano gli avanzi sull’iniziale stanziamento di bilancio, ma anche i concorsi andati deserti. “Se ti danno un piatto di pasta e ne rimane la metà quella pasta non era così buona”.

I numeri sulla carenza di personale snocciolati dai sindacati sono impietosi.
“Nel reparto di neurologia, sono rimasti solo due medici, gli altri sono a gettone. Un medico che aveva vinto l’ultimo concorso ha scelto di andare in Germania”. Gravi carenze si registrano anche nel reparto di pneumologia. “All’ultimo concorso si sono presentati in sei, ma nessuno ha scelto di lavorare qui, in quello di chirurgia generale su dieci domande, in tre si sono presentati alle prove”.

Situazione critica anche al pronto soccorso, specialità in cui da alcuni anni non si registrano iscritti, come pure in Chirurgia. “Sono rimasti in quattro gettonisti e sono sottorganico di quattro unità, con la probabile partenza di altre due persone. In geriatria erano dodici e sono rimasti in sei, anche qui hanno fatto un concorso ma nessuno si è presentato e il concorso ribandito non ha avuto più domande.”

Carenze anche in psichiatria e in pediatria, “dove in tre si sono licenziati e altri due andranno via”.

Un 30% circa in meno il personale medico, un centinaio invece gli infermieri mancanti, dove per la prima volta nelle università si registra un 10% in meno di iscritti. 

“E’ anche una questione di soldi, ma è soprattutto una questione di qualità della vita” ricorda Giovanni Donati, vice segretario Cimo. “Se siamo sempre meno alla fine scoppiamo”.

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