Bruno Maggiora, scomparso la settimana scorsa a ottantasette anni, era noto soprattutto per la “Barchetta” della Fiat, lo spider che la Casa torinese lanciò a metà anni novanta dopo la “Coupé”. Una vettura che riportò Fiat a competere nel mercato delle “a cielo aperto”, dopo un lungo periodo.
Era compatta, con dimensioni 3.916 metri, 1.640 e 1.265 rispettivamente per lunghezza, larghezza e altezza, adatta ad un pubblico giovane e spensierato – sì, era ancora il tempo delle mele, che apprezziamo solo nella temperie di oggi – ideata dal greco Andreas Zapatinas che poi lasciò il testimone a Alessandro Cavazza.
Il propulsore a quattro cilindri esprimeva una potenza di 130 cavalli per una coppia motrice che si attestava a 158 Nm a 4.300 giri. Velocità massima 200 chilometri orari e accelerazione da 0 a 100 chilometri orari in 8”9. La “Barchetta” fu una macchina iconica, anche al di là del dato commerciale, comunque ragguardevole (si parla di quasi sessantamila unità prodotte).
Bene, la Carrozzeria Maggiora la interpretò in ben tre versioni: “Coupé”, “Trofeo” e “RHD”. La “Carrozzeria Maggiora” nasce nel 1925. Per la precisione si tratta della “Martelleria Maggiora” fondatore Arturo Maggiora. La sede è a Moncalieri.
Passa il conflitto mondiale e nel 1951 Fiat e altre Case affidano alle cure della “Carrozzeria” vetture come la “Fiat 2300 S Coupé”, la “Cisitalia Abarth”, la “Maserati Mistral”, le “De Tomaso Mangusta” e “Pantera”, le “Lancia B20”, “Flaminia Touring”, “Kappa Coupé”, “Thema allungata” e “Delta Integrale”, la “Alfa Romeo 2000 Touring”, le “Van” “Panda” e “Uno”, un concept, una “Renault Espace” Pick Up.
E su tutte, la “Fiat Scia”, che Bruno Maggiora, nel frattempo coadiuvato dalla figlia Gianna, amava in modo particolare, una concept car presentata al Salone dell’Auto di Torino nel 1993, una prefigurazione della “Barchetta” che, a nostro giudizio, superava il modello definitivo che approdò al pubblico.
La linea, frutto della penna di Joh Kinsey e di Darren Caddesl, appariva filante, il parabrezza appena accennato, la calandra sottile con il logo Fiat al centro avanti di trent’anni: volendo, la zona posteriore ricordava un po’ troppo un’imbarcazione, ma l’insieme era gradevole e avveniristico.
Maggiora si era innamorato del progetto, tanto da dedicarvisi direttamente, quasi in team con i tecnici. Innamorato non è un’iperbole, perché Bruno Maggiora metteva tutto se stesso nel suo lavoro, irrompeva con la passionalità verace, appunto, dell’innamorato – il dialetto era la sua forma espressiva principe – unita ad una competenza universalmente riconosciuta. Nel 2003, la fine della “Carrozzeria”, per criticità finanziarie. Ma l’auto e il suo mondo rapiscono Maggiora nella redazione della rivista “Auto & Design”, di cui fu fondatore con altri nel 1979, alla cui attività si dedica fino all’ultimo.
Una risposta
Conosciuto personalmente.
Grande personaggio del mondo dell’auto italiano con una leadership genuina sui sui collaboratori.
Quanto raduni fatti insieme a lui e alle sue maestranze.
Ricordo una bella persona, pratica, semplice e allo stesso tempo molto competente.
Ci mancherai.
Paolo Z.
Fondatore barchetta Club Italia