Toy Story 3
regia: Lee Unkrich; sceneggiatura: Michael Arndt da un soggetto di John Lasseter, Andrew Stanton, Lee Unkrich; musica: Randy Newman; anno: 2010; durata: 103'.
Il piccolo Andy è cresciuto. Alla vigilia della sua partenza per il college Woody, Buzz e i loro amici della scatola dei giochi vengono dati in dono a un asilo dove saranno accolti dalla selvaggia ferocia dei lattanti. Minacciati anche dagli altri giocattoli, non resta loro che la fuga.
Capolavoro o quasi, la terza puntata della serie che ha fatto la fortuna della Pixar è un film nel quale scorrono in parallelo due filoni di effetti speciali: da un lato l'animazione e il 3D, dall'altro i fuochi artificiali di una storia sostenuta da una fiducia cieca nella capacità dell'audiovisivo di essere, anche al di fuori dei confini di un racconto, di una narrazione compiuta, portatore di divertimento, emozione, piacere della visione. Un "integralismo" dell'immagine, e dell'immagine animata, che aggiunge elementi nuovi alla riflessione su cosa vediamo, oggi, quando dirigiamo il nostro sguardo verso lo schermo di una sala o del nostro computer. Da vedere e rivedere la sequenza dell'evasione dall'asilo. Per i bambini di oggi e quelli di ieri – si diceva una volta dei cartoni animati. In questo caso anche per quelli di domani.
Tra le nuvole
Titolo originale: "Up in the air"; regia: Jason Reitman; sceneggiatura: Jason Reitman, Sheldon Turner da un romanzo di Walter Kirn; fotografia: Eric Steelberg; montaggio: Dana E. Glauberman; scene: Steve Sakland; costumi: Danny Glicker; interpreti: George Clooney, Vera Farmiga; anno: 2009; durata: 109'.
Ryan Bingham (George Clooney) viaggia attraverso la vita senza farsi sfiorare da nessuno fino al giorno in cui incontra Alex (Vera Farmiga). La sua routine fatta di lavoro e voli aerei sembra arrivata al punto di rottura.
Jason Reitman ("Thank you for smoking", "Juno") ha trovato con questo film il segreto dell'equilibrio tra profondità e rapidità del racconto, combinato con una cura dei dialoghi sospesa tra i classici hollywoodiani e il cinema di oggi. E allora nessuno meglio di George Clooney, che ha fatto dello stile anni Settanta ("Michael Clayton", "Syriana") e Cinquanta (la serie degli "Ocean's eleven", "Good night and good luck") il suo marchio di fabbrica, per interpretare un personaggio cucito sulle misure dei belli potenzialmente senz'anima alla William Holden.
Da notare all'inizio l'autopresentazione in voce off del personaggio interpretato da Clooney: una variazione sul tema del monologo introduttivo de "L'appartamento" di Billy Wilder, una delle matrici maggiormente ripetute del cinema americano ("Elizabethtown" di Cameron Crowe, tra le rivisitazioni più recenti)
Un mondo perfetto
titolo originale: "A perfect world"; regia: Clint Eastwood; sceneggiatura: John Lee Hancock; fotografia: Tom Stern; montaggio: Joel Cox, Ron Spang; scene: Henry Bumstead; costumi: Erica Hedell Phillips; musica: Lennie Niehaus; interpreti: Kevin Costner, Clint Eastwood, Laura Dern; anno: 1993; durata: 135'.
Il galeotto Butch Haynes (Kevin Costner), in fuga dal carcere, rapisce un bambino di sei anni (T.J. Lowther). A inseguirlo una squadra di Texas Rangers guidata dal capitano Red Garnett (Clint Eastwood).
Dopo la consacrazione de "Gli spietati", Eastwood approfitta di questa doppia narrazione (l'evaso in fuga, lo sceriffo che lo insegue) per ritagliarsi un ruolo da comprimario, abituando il pubblico a vederlo sempre meno sullo schermo e a riconoscerne la mano sempre più libera dietro la macchina da presa. Straordinaria la parte finale, con Eastwood che scompone i movimenti dei protagonisti trasformando quello che sulla carta era il climax di un thriller nell'elegia dell'innocenza violata