“Il mio mestiere è quello di regista ma in realtà nasco come fotografa. Sono cresciuta avendo come riferimento mio padre che faceva il giornalista e fotoreporter di guerra. Lo aiutavo a selezionare le foto ed ho imparato con lui ad editarle”. Elettra Gallone, classe 1993, è una regista e fotografa milanese residente a Courmayeur, laureata in Media Design e Arti Multimediali alla NABA di Milano e con un Master in Antropologia Sociale alla SOAS di Londra. Fa parte di quelle persone che pur non essendoci nate, hanno scoperto la Valle d’Aosta e se ne sono innamorate.
“Arrivo da Milano e sono cresciuta con l’idea che la Valle fosse una piccola dimensione racchiusa tra l’autostrada e Courmayeur, dove da piccola venivo nella seconda casa di famiglia. Il mio trasferimento qui, in Valle d’Aosta, è avvenuto per caso. La pandemia ha stravolto i miei piani mentre stavo girando il film “Incontrando Samir la Sera” ed essendo stata selezionata nello stesso periodo per un workshop di cinema con Werner Herzog in Colombia, per non rimanere bloccata a Milano, decido di partire per Courmayeur. Sono arrivata con la mia attrezzatura, il mio cane ed il mio gatto, sola e senza conoscere praticamente nessuno se non mio fratello che nel frattempo era rimasto bloccato nella nostra seconda casa. Passato il primo lockdown, torno a Milano, ma inizia a crescere in me l’idea di vivere in Valle, quindi decido di tornarci durante il secondo lockdown, anche a causa di questioni personali. Essendo tutto chiuso ho capito che non avrei potuto socializzare facilmente. Un giorno, entrando in un negozio del paese, ho sentito dei ragazzi che parlavano di montagna e mi sono messa a chiacchierare con loro, dicendo che non conoscevo nessuno con cui andare a fare escursioni e se volevano accompagnarmi. In questo modo ho iniziato a conoscere un po’ di gente e ho trovato anche un’occupazione. Piano piano, il mio gruppo di amici si è allargato e la vita è diventata un po’ più completa”.
Durante il secondo lockdown Elettra capisce che la montagna è il posto dove si sente realmente bene e che la vita in città non le appartiene. “La mia famiglia ha criticato la mia scelta chiedendomi che cosa andassi a fare in Valle d’Aosta, che avrei buttato i miei studi perché lì non avrei potuto fare carriera, cosa che si è rivelata non vera perché qui ho conosciuto persone molto interessanti a livello lavorativo che forse neanche a Milano avrei incontrato. Bisogna poi guardare il lato positivo in ogni cosa e nella nostra professione se si è in pochi, chi è bravo emerge subito ed è più facile farsi notare. Certamente questo può essere un’arma a doppio taglio ma io qui mi trovo bene e c’è un buon rapporto tra chi fa il nostro mestiere”.
“Vivo in una comunità in cui ci si conosce tutti e questo crea un legame tangibile. In caso di bisogno qui trovo aiuto più facilmente. Un esempio banale: è capitato di dover lasciare il cane ed il gatto da soli e doverli fare accudire da qualcuno. A Milano non sarebbe stato altrettanto facile perché è più difficile creare legami in un ambiente del genere. Qui, invece, trovo che ci siano relazioni di amicizia più forti, quasi come in una famiglia. Non è una famiglia che ti trovi o che erediti, ma una che ti costruisci.”
Allo stereotipo della mentalità chiusa degli abitanti di montagna contrappone un’altra visione ”Ho notato che la vera chiusura si trova spesso in pianura. Per me, la pianura è piatta, mentre qui in montagna c’è una dimensione più profonda e complessa: è come vivere in 3D rispetto ad una vita in 2D.”
“Alcune persone vivono in una sorta di bolla, chiuse nelle loro piccole realtà, ma questa condizione di chiusura è spesso una forma di protezione. Penso che, quando un luogo è invaso dal turismo, le persone che ci vivono possono sentirsi in qualche modo minacciate. Ho lavorato nel settore turistico e ho vissuto sulla pelle come alcuni si sentano proprietari del luogo, come se avessero diritto solo a pretendere. Alcuni di loro si integrano bene, tornano e si integrano bene mentre altri si comportano come se fossero al di sopra delle regole. L’integrazione richiede un percorso, un impegno e soprattutto rispetto”.
Recentemente ha rilasciato un reel sulla sua pagina Instagram che ha catturato l’attenzione: è alla ricerca di filmati di montagna girati nella nostra regione da videomaker locali o semplici appassionati, per la realizzazione di un progetto corale, un videoclip di un brano che riguarda tutta la Valle d’Aosta.
“Tutti i filmati verranno utilizzati per creare un videoclip per la canzone “Revîre” composta da Neda Groove (Raffaele Neda D’Anello) e cantata da una giovane artista del posto, Nat (Natalia Crema). Si tratta di una rivisitazione di un brano della tradizione valdostana ma non posso svelare ancora quale sia prima del 14 dicembre, data in cui la presenteremo a Courmayeur da 4810 a Dolonne alle 18h30. Si tratta della colonna sonora del mio ultimo film “Courma et Courmayeur” che ho girato lo scorso inverno e che molto sinteticamente vuole contrapporre la visione di Courmayeur come località turistica alla dimensione di paese di montagna. Abbiamo scelto questo titolo per richiamare il concetto di rinascita legandolo alla tradizione ed al patois. Arrivando da fuori mi sono accorta delle molteplici tradizioni di cui la Valle d’Aosta è ricca e che spesso queste non vengono più apprezzate soprattutto da chi è più giovane e personalmente trovo sia un peccato. La tradizione è un aspetto identitario ed è importante avere una propria identità, anche se, e sono la prima a dirlo, basandomi sulla mia esperienza, c’è sempre bisogno di uscire nel mondo e scoprire nuove culture e non essere chiusi. È bello vedere quante tradizioni ci siano, ma è altrettanto importante non chiudersi in esse. Dobbiamo essere aperti al mondo e tornare con nuove idee anche per saper apprezzare maggiormente quelle che ci sono state insegnate” La sua visione è chiara: la cultura è un ponte tra il passato e il futuro, e ogni nuova esperienza è utile per arricchire il tessuto sociale.
In un’epoca in cui turismo, social e anche industria cinematografica si intrecciano, la Valle d’Aosta che potenziale può avere?
“Ha un potenziale inespresso enorme, a mio parere si sta sfruttando soltanto una minima parte”, afferma con convinzione. “Ho da poco aperto una mia casa di produzione la Emerald Mountain Films e ho numerosi progetti in mente da realizzare sia in Valle che fuori”.
La sua visione per il futuro è chiara: unire tradizione e innovazione, creando un ambiente in cui le storie locali possano emergere e fiorire.
La storia di Elettra è un esempio di come, anche nei momenti di crisi, si possano trovare opportunità di crescita e rinascita. Con il suo sguardo attento e la sua passione per il racconto, è pronta a scrivere il prossimo capitolo della sua vita, tra le montagne che l’hanno accolta e che ora rappresentano la sua casa. “Le montagne spesso vengono viste come barriere ma se provi a salirci, non le vedi più come ostacoli, ma come traguardi da raggiungere e da cui vedere il mondo con occhi nuovi”
Per contribuire al progetto inviare un’email a info@emeraldmountainfilms.com, verrà in seguito inviato il link dove caricare i video in formato 4K.
All’evento verrà presentato il trailer del film Courma et Courmayeur e la canzone Revîre di Neda Groove.