Ci sono due giorni l’anno in cui la cortina di montagne che circonda la Valle d’Aosta, così imponente e a tratti insormontabile, diventa più porosa e improvvisamente più facile da valicare. È la due giorni di Sant’Orso, che attira ogni anno visitatori e visitatrici dalle vallate valdostane più lontane da Aosta, dal resto d’Italia, dalla Svizzera, dalla Francia e dal resto del mondo — quest’anno persino dal Giappone.
In quest’occasione, anche alcuni francesi si sentono a casa, tanto che Brigitte, 64 anni di La Roche-sur-Foron, quando le si chiede se viene da fuori Valle risponde che in realtà lei è di qua. Come se all’improvviso il Monte Bianco non fosse che un intralcio tra Courmayeur e Chamonix e come se il tunnel, se non fosse per i costi, si potesse attraversare anche ogni giorno. “Vengo alla Fiera sicuramente da quando ho 35/40 anni, ma mi sembra di venirci da sempre. Ora che ci penso, è incredibile che ci venga da tutti questi anni”.
Anni in cui, nonostante l’apparente immutabilità, qualcosa è cambiato. “Ogni anno c’è un tema diverso, ci sono novità accanto alle cose che si vedono sempre. Quest’anno ho notato soprattutto molti giovani artisti: c’è novità e anche continuità, in un certo senso”. Brigitte racconta quello che forse i valdostani non si immaginano neanche: nelle valli francesi oltre il Monte Bianco quasi tutti conoscono la fiera, che per alcuni è un appuntamento immancabile.
Tanto che Brigitte quest’anno era rammaricata di doversela perdere. “Sarei dovuta essere in Vietnam ma martedì, quando sono andata in aeroporto, non sono potuta partire perché il mio passaporto era scaduto da qualche giorno. Allora ho deciso di venire alla Fiera: sembra che sia stato tutto scritto dal destino”.

Se per molti stranieri d’oltralpe la Saint-Ours è un appuntamento conosciuto, per altri è una piacevole scoperta che promette un ritorno negli anni futuri. È il caso di Priska e Johann, che hanno preso ferie insieme ad alcuni loro colleghi carpentieri per partire questa mattina da Ginevra. “Ho scoperto della Fiera grazie a un annuncio sull’autobus”, spiega Priska. “Sicuramente ci tornerò in futuro, ma con la famiglia: è proprio un posto dove portare i bambini”.
Magari sarà anche l’occasione per arrivare la sera prima e vivere la Veillà, che è il momento prediletto da chi all’artigianato preferisce la festa. È il caso dei coscritti reduci dalla sera prima, che si incamminano verso la stazione per tornare a casa. Tra questi, ci sono anche alcuni coscritti di Valtournenche, che si sono organizzati per passare la notte fuori casa. “Questo è l’anno dei coscritti 2007, ma viene anche chi è più grande o più piccolo. È una specie di ritrovo di tutti i coscritti della Valle. Per alcuni di noi non è la prima volta, ma per altri sì, perché non è sempre facile scendere. Di solito scendiamo in auto e se riusciamo dormiamo fuori, altrimenti in macchina. Quest’anno per fortuna avevamo una casa ad Aosta dove dormire”. Tra di loro, c’è anche qualcuno che conosce l’altro aspetto della Fiera, quello delle giornate passate fuori al freddo ad esporre i prodotti. “Ho parenti che espongono e quand’ero piccolo non potevo fare a meno di accompagnarli. Adesso preferisco fare solo la Veillà, ma magari un giorno sarò io a esporre al posto loro”.
Di tutt’altro tipo è l’interesse di un giornalista giapponese venuto in Italia per seguire alcuni eventi legati a Don Bosco. Per lui è già la terza volta ad Aosta, ma la prima alla Fiera e spiega che a incuriosirlo è, più che l’artigianato, la figura di Sant’Orso, particolarmente interessante per chi come lui è interessato allo studio dei santi e delle sante.
Da molto più vicino vengono invece Alda e Anna, arrivate in treno rispettivamente da Cuneo e da Sestri Levante. “Anche da noi è molto conosciuta la Fiera e organizzano perfino dei pullman. Noi però siamo organizzate venute in treno e non è stato complicato, nonostante il cambio. Sarà perché l’abbiamo preso il 29: questo pomeriggio speriamo di andare via presto per non incontrare troppa ressa”.