Caro Direttore,
i recenti fatti giudiziari che coinvolgono il mondo della zootecnia e della sanità valdostane dovrebbero, a mio avviso, aprire una qualche riflessione politica. Dai numeri degli indagati e dal coinvolgimento di numerosi amministratori pubblici, ai quali auguro di poter chiarire con nettezza la loro posizione, emergono alcuni fatti che dovrebbero interrogarci e suscitare una qualche azione da parte di chi ha la responsabilità del governo della cosa pubblica. Premetto che ho sempre odiato la semplificazione che, quando accadono queste cose, si applica contrapponendo garantisti e giustizialisti. Lo trovo un modo per sfuggire alle responsabilità della politica e per non fare niente. L’accertamento della verità è affidata alla magistratura e il principio di innocenza fino a prova contraria è un caposaldo della convivenza civile. Detto questo il numero degli indagati sia sul versante dell’inchiesta sulle fontine che su quello del Day Hospital sono rilevanti e legittimano l’ipotesi che, se malaffare cè stato, si tratta di un comportamento collettivo e diffuso. Provate a pensare se scoppiasse un caso del genere in Lombardia che coinvolgesse, fatte le debite proporzioni, 5600 tra allevatori e amministratori locali o uno nella sanità Piemontese che mettesse sotto accusa 500 fra medici e personale amministrativo dei propri ospedali. Scoppierebbe, giustamente, il finimondo. Ci sarebbero dibattiti politici e crisi fortissime e, forse, anche modifiche alle regole, nuovi controlli, assunzioni di responsabilità. In Valle d’Aosta questo non accade e la percezione della gravità dei fatti è smorzata dalla relatività dei numeri che non suggerisce immediatamente il rischio che corriamo. Se un sistema sociale ed economico come il nostro, fortemente incentrato sulla presenza istituzionale, comincia a presentare i sintomi di comportamenti e condotte che non sono più semplicemente individuali ma che sembrano prefigurare strutture e consorterie, al di là degli esiti giudiziari, credo che occorrerebbe correre ai ripari. Occorrerebbe che la politica si interrogasse sull’efficienza e sull’efficacia delle proprie procedure di controllo, sull’equilibrio tra regole, capacità decisionale e discrezionalità dell’amministrazione pubblica, sul concetto di trasparenza e sulle forme e i modi in cui si può esercitare il controllo democratico dell’azione di governo da parte dell’opposizione e della società civile. Non si tratta di strapparsi le vesti o di agitare bandiere moraliste. Si tratta di prendere in mano la situazione e, con determinazione e prudenza, provare a chiedersi se possiamo fare di più per dare ai cittadini la garanzia che i nostri soldi sono amministrati con correttezza. C’è poi una responsabilità che non appartiene solo alla politica ma a tutti: investire su una etica pubblica più forte e visibile non serve solo per fare qualche convegno ma per vivere tutti meglio. Non elimineremo mai del tutto i furbi e gli approfittatori ma ne parleremo al singolare.
Fabio Protasoni
Presidente Assemblea Regionale PD