Una condanna a due anni di reclusione, per violenza sessuale, è stata inflitta oggi, mercoledì 23 aprile, dal Tribunale collegiale di Aosta ad un 55enne detenuto nel carcere di Brissogne. La sentenza include il risarcimento alla vittima delle molestie, un altro ristretto nello stesso penitenziario, costituitosi parte civile nel processo, per cui i giudici hanno stabilito una provvisionale di 3mila euro.
Secondo quanto emerso nel dibattimento (presidente Giuseppe Colazingari, giudici a latere Marco Tornatore e Maurizio D’Abrusco), i fatti, che risalgono all’autunno 2023, sono avvenuti nel locale docce della sezione in cui si trovavano entrambi i detenuti. Dopo aver brevemente dialogato, l’imputato avrebbe palpeggiato nelle parti intime l’altro recluso.
La parte offesa ha confidato l’accaduto alla madre in occasione di un colloquio e, in seguito, ad una psicologa operante nel carcere. Da tale segnalazione, “su richiesta del Direttore dell’istituto” – ha sottolineato il comandante della Polizia penitenziaria, il sostituto commissario Agrippino Renda, sentito come testimone – è iniziata l’attività investigativa.
All’imputato si è arrivati tramite due indicazioni dell’altro recluso: “che il detenuto che lo aveva molestato portava della biancheria intima femminile e un cappellino rosso”. In prima battuta, la vittima non aveva presentato denuncia, ma successivamente si è orientato in tal senso. A quel punto, “a giugno del 2024 abbiamo avuto la delega per le indagini” ed è stata svolta una perquisizione nella cella dell’odierno imputato, rinvenendo i capi intimi femminili.
“Abbiamo anche visto, dalle telecamere del sistema di videosorveglianza – ha aggiunto il comandante – che era uso portare un cappellino rosso”. In più, per gli investigatori, corrispondevano anche i periodi di permanenza dei due reclusi, nella stessa sezione, in cui “il locale docce è comune, i detenuti potevano accedere”.
Nella discussione, il pubblico ministero Manlio D’Ambrosi ha parlato di circostanze “suffragate dalla denuncia della persona offesa”, in assenza di “acredini tra i due detenuti, tali da far pensare che ci siano volontà calunnatorie”. In sostanza, “non vi è alcuna ragione per non credere a ciò che è stato dichiarato” dal recluso che ha denunciato, “che è stato acclarato durante il dibattimento”. Da qui, la richiesta di una condanna a due anni di carcere.
L’avvocato Oliviero Guichardaz, difensore dell’imputato, premettendo che “non si tratta di mettere in discussione la buona fede o l’onestà della persona offesa”, ha sostenuto l’ambiguità, almeno iniziale, della sua condotta: “quando gli è stato chiesto di abbassarsi i boxer lo ha fatto e non ha reagito quando è stato toccato”. Considerando che “la querela è stata presentata solo mesi dopo”, il dubbio sollevato dal legale “è che la persona offesa abbia avuto il tempo di rielaborare l’accaduto”.
Inoltre, “non è stata fatta una ricognizione fotografica” per giungere all’identificazione del responsabile e “il solo indossare biancheria femminile non supera il vaglio dell’assoluta certezza” necessaria per una condanna. Ragione per la quale il difensore ha chiesto l’assoluzione dell’imputato. Argomenti che, tuttavia, non hanno convinto il collegio giudicante, pronunciatosi per la responsabilità penale dell’uomo a giudizio. Le motivazioni della sentenza sono attese in 50 giorni.