Testolin verso la riconferma alla presidenza? “La legge è da verificare. Dipenderà anche dalla politica’”

L'intervista al presidente della Regione Renzo Testolin, che sulla mancata coalizione con gli Autonomisti di Centro e il premio di maggioranza sfumato dice: "Qualcuno ha guardato più ai propri bisogni che a quelli della comunità. Le conseguenze bisognerà ora metterle sul piatto delle decisioni."
Renzo Testolin
Politica

A urne chiuse e con in mano un record personale di preferenze, Renzo Testolin torna sulla possibilità di ricoprire anche nella prossima legislatura il ruolo di Presidente della Regione. Nell’intervista anche una valutazione sulla mancata coalizione con gli Autonomisti di Centro e le possibili alleanze per garantire stabilità all’azione di governo.

 

Presidente Testolin, cominciamo con il suo risultato personale. È riuscito a triplicare le preferenze, da 1.393 nel 2020 a 3.808. Come commenta questo successo?

La soddisfazione è complessiva, in primis per il risultato del movimento, che è stato rilanciato da queste elezioni, anche grazie a quei passaggi che hanno creato di nuovo un’unità all’interno dello stesso e nuovo entusiasmo. La presenza anche in lista di molte professionalità diverse, l’hanno sicuramente arricchita. La soddisfazione è anche personale ed è coronata dai risultati della Giunta nel suo insieme. Il lavoro fatto in questi ultimi anni è stato apprezzato, soprattutto quello di cercare di dare delle risposte al territorio e essere un punto di riferimento per la comunità. 

E’ il candidato con il maggior numero di preferenze all’interno del partito più votato in Valle d’Aosta. Il suo nome sarà al centro delle trattative. Tuttavia, lei ha già ricoperto incarichi in Giunta per due mandati e mezzo: pensa davvero di poter tornare alla Presidenza della Regione nonostante la legge non lo preveda?

Quello che prevede la legge è ancora da verificare. Dire che si può o non si può,  fa parte di un percorso di approfondimento, che da parte mia è stato svolto, con la richiesta di un parere autorevole che possa giustificare la possibile presenza all’interno de prossimo Esecutivo regionale, sia per me che per l’assessore Bertschy. A monte di questo dovrà evidentemente esserci prima una valutazione a livello politico e in primis all’interno dell’Uv per capire se c’è la possibilità e la volontà di andare avanti in questa direzione. Dopodiché si faranno gli approfondimenti amministrativi, che partiranno da questo parere, che sinceramente si considera attendibile. Tutte le istanze portate a favore di questo percorso rimangono legate a una lettura il più vicino possibile alle volontà del legislatore. Per questo considero molto attendibile quello che è stato scritto nel parere e non di parte.

Non c’è comunque il rischio di esporsi a ricorsi?

Questi sono percorsi che saranno da valutare a suo tempo e non prima. C’era qualcuno che voleva analizzarli già otto mesi fa, e non era opportuno.

Torniamo a qualche mese fa e alla mancata coalizione con gli Autonomisti di Centro. Alla luce del risultato di lunedì 29 settembre e al premio di maggioranza sfumato non rimangono dei rammarichi?

Rammarico è una parola forte. Sono state fatte delle proposte e ognuno aveva un proprio punto di vista, che in alcuni casi ha guardato più ai propri bisogni che a quelli della comunità. Le conseguenze bisognerà ora metterle sul piatto delle decisioni.

La coalizione uscente ha visto l’UV governare con il PD. Alla luce dei risultati elettorali, guarda con più favore alla continuità con il Partito Democratico o a un possibile avvicinamento a Forza Italia e al centrodestra o parte di adesso?

Non bisogna partire prevenuti. Intanto bisogna analizzare, avere la lucidità per valutare tutte le situazioni che favorevoli a una stabilità di governo e a una capacità dello stesso di essere incisivo, anche su tematiche che escono dai confini regionali. Credo che l’Union Valdôtaine saprà indicare il percorso più equilibrato e favorevole all’amministrazione della Regione.

Se l’alleanza con il centrodestra dovesse prendere piede, perché la base dell’UV, che in passato ha rifiutato questa opzione, dovrebbe ora accettarla?

Il movimento credo che sia in grado di fare delle analisi che non sono e non devono essere preconcette, ma attuali e utili. Questo è il mio punto di vista, poi come sempre si è uomini di squadra e si lavora per gli indirizzi condivisi, come deve essere in democrazia.

Quanto e se inciderà il risultato di domenica 12 ottobre, quindi il ballottaggio al Comune di Aosta, sulle alleanze?

Può incidere, ma penso che non siano degli aspetti vincolanti, soprattutto nel momento in cui il Governo sarà a traino unionista. Quindi l’interlocutore principale rimarrebbe comunque lo stesso e questo penso sia motivo di garanzia a prescindere da altri tipi di scelte.

Nel 2013 l’Union Valdôtaine ottenne 13 seggi, ma fu un anno segnato da forte instabilità politica e ben quattro cambi di giunta. Oggi siete a quota 12, con la possibilità di arrivare a 13: questo parallelismo con il passato è motivo di preoccupazione? E quanto peseranno i malumori interni sui risultati elettorali personali e le aspirazioni venute meno?

C’è una differenza di fondo rispetto al 2013: l’Union Valdôtaine era divisa, con una componente importante all’opposizione, ovvero l’Uvp. Un processo totalmente inverso rispetto a quello che viviamo oggi, di riunificazione e coesione, che ha determinato la centralità del movimento in queste elezioni e l’ampio consenso da parte dell’opinione pubblica. Il passato può essere di monito e indicarci scelte molto diverse rispetto a quelle prese per la comunità, che in quel periodo aveva perso ogni tipo di riferimento a livello politico.

Vede quindi le prossime settimane come un percorso in salita o in discesa?

Un percorso da fare.

Si attende fibrillazioni in maggioranza? L’Union Valdôtaine può garantire quella stabilità necessaria a questa Regione per i prossimi cinque anni?

Ci saranno dei confronti che necessariamente porteranno ognuno a perorare la propria causa e le proprie aspettative, ma con un obiettivo che è ben chiaro: poter governare i prossimi cinque anni nella maniera più equilibrata possibile, come tutti si aspettano.  

Se alla fine non dovesse esserci la possibilità concreta per lei di ricoprire nuovamente il ruolo di presidente della Regione, accetterebbe l’eventuale proposta di guidare il Consiglio regionale?

Non metterei il carro davanti ai buoi. Essere a disposizione è la cosa più importante che si possa mettere sul piatto in questo momento. Le prossime settimane ci diranno che cosa si può e cosa non si può fare.

Se alla fine non dovesse esser lei il Presidente quale speranza ripone sul suo successore?

E’ una valutazione difficile da fare e non sarebbe neppure corretto che fossi io a farla. Ci sono sicuramente delle personalità in grado di poter svolgere questo ruolo nel migliore dei modi. Via un Papa, se ne fa sempre un altro. Non ci deve essere nessun pregiudizio nei confronti di un cambiamento. E’ chiaro che da parte mia ci sarebbe un po’ di rincrescimento, se non potessi esser io a svolgere questo ruolo, ma come tutte le cose si va avanti sempre.

Quali sono le caratteristiche ideali di un presidente della Regione?

Un presidente della Regione deve conoscere bene la macchina amministrativa, avere equilibrio nelle scelte, e saper rispondere ai bisogni del territorio. Deve essere lungimirante e capace di condividere le scelte con i collaboratori. Poi ognuno ha il suo modo di costruirsi questo percorso e non ci sono delle indicazioni che vanno bene per tutte le stagioni. 

La sfida più importante per la Valle d’Aosta nei prossimi cinque anni?

Le sfide sono molte, ma la più importante è quella di riportare le persone in montagna a vivere e far crescere i propri figli, presidiare il territorio e per questo bisogna creare delle opportunità di lavoro, che possono arrivare attraverso dei grandi investimenti e delle piccole iniziative. Poi bisogna guardare con attenzione ai bisogni delle categorie più deboli, cercando però di alzare l’asticella per avvicinare tutti verso l’alto e  non verso il basso.

4 risposte

  1. Caro Mario Bal, in Francia (ove rarissimamente vado) parlo inglese o italiano, spiegando che in Valle d’Aosta nessuno parla francese ma c’è l’obbligo talebano del suo studio che va invece lasciato alla libera scelta personale in alternativa all’inglese, senza così rubare nulla a nessuno.
    Atterrando in Australia o Corea del Sud o Brasile, e così via, tutti parlano inglese.
    Sono stato 7 volte in Vietnam definito già in parte francofono, ma oggi c’è la corsa all’inglese, di cui esistono più scuole che bar in ogni città.
    In Valle lorsignori la smenano col Quebec ove però tutti parlano inglese e non tutti il francese.
    Il buon senso comporta la libera scelta tra francese e inglese che persone giramondo legittimamete pretendono.
    Sappi che, poco dopo arrivato in Valle d’Aosta, ho superato il test di francese perchè avrei potuto insegnare storia dell’arte: non l’ho mai studiato, ma imparato giocoforza su guide turistiche e orecchiandolo in Francia, è una lingua facilissima e non merita perderci tempo.
    Caro Marco Bal, è preoccupante la tua chiusura mentale verso il mondo e le libere scelte delle persone, rifletti e aggiornati, nonchè viaggia anzichè attribuire a me il difetto che solo a te compete, cioè una chiusura mentale che non mi appartiene essendo cittadino del mondo disinteressato a finzioni politiche.

    1. Monsieur Borluzzi, je gardais encore un mince espoir : celui de voir votre pensée évoluer, vous qui vivez en Vallée d’Aoste. Mais non, vous persistez à refuser d’ouvrir les yeux et de reconnaître que vous habitez une région avec une histoire linguistique et culturelle qu’il faut respecter, qu’elle vous plaise ou non.
      Ce n’est pas notte faute si, à une certaine époque, on a tenté d’effacer volontairement la langue française de ce territoire. Vous feriez bien d’ouvrir quelques livres d’histoire : cela vous aiderait peut-être à comprendre.
      Si aujourd’hui “plus personne ne parle français”, comme vous le dites, c’est justement parce que nous sommes une minorité. Et dans toute société civilisée, une minorité se protège, se respecte et se soutient.
      Vous, au contraire, semblez vouloir que cette minorité disparaisse. Nous pensions que ce genre de pensée, héritée de périodes sombres, était dépassée. Mais apparemment non. Vous les ravivez, confondant unité avec uniformité.
      L’anglais est utile, bien sûr. Personne ne le nie. Mais cela ne signifie pas qu’on doive sacrifier notre langue locale. Ce serait comme vouloir manger du fast-food partout dans le monde, en oubliant la richesse des plats traditionnels. Chaque langue, chaque culture locale est une recette vivante qu’il faut transmettre, préserver.
      Quand on arrive quelque part, on respecte ce qu’on trouve, on ne méprise pas. Vous qui avez tant voyagé, vous devriez savoir que le voyage sert à découvrir, non à imposer.
      Le jour où plus personne ne parlera ni français ni francoprovençal en Vallée d’Aoste, c’est un pan entier de notre identité qui s’effacera.
      Alors continuez à voyager si cela vous plaît. Mais ici, laissez-nous vivre nos langues, notre culture, notre histoire.
      Nous n’avons pas besoin de colonisateurs.

  2. Ragionier Testolin, l’importante è che i genitori vedano che ai propri figli a scuola viene concessa la facoltà di scelta relativamente alla lingua da affiancare in modo paritetico all’italiano tra l’inglese (indispensabile nel mondo e in ogni contatto con gli aspetti caratterizzanti il 2025) e il francese ( quasi inutile all’estero e spazzaturato nel quotidiano valdostano).
    Sono stato in 98 – novantotto – paesi esteri di ogni continente viaggiando sempre in modo autonomo e non ho mai detto una sola parola in francese.
    Ragionier Testolin, pensa in primis a rottamare l’anacronismo e l’integralismo del tuo “partito”, non all’aria fritta che in questa intervista hai privilegiato.

    1. Tua opinione sul francese, pensare che studiare una lingua di un Paese confinante sia inutile denota una chiusura mentale preoccupante.

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