Sfidare l’estremo: uno studio scientifico svela le strategie dei Giganti del Tor des Glaciers

Quello che emerge dallo studio è il fatto che molti atleti sono in grado di sviluppare nel tempo la capacità di apprendere e di elaborare strategie efficaci per affrontare difficoltà enormi: dalla deprivazione da sonno alla gestione del dolore fisico, dal calo cognitivo all’accettazione di emozioni destabilizzanti. Non solo. Maggiore è l’esperienza dell’atleta, più funzionali ed efficaci si rivelano le strategie escogitate.
TORX ZZAM Agency Stefano Coletta DSC
Società

Gli atleti degli ultra-trail vivono in maniera uguale le difficoltà che affrontano? Oppure problematiche uguali hanno un impatto diverso su ciascun individuo? E – in fin dei conti – si può apprendere e diventare sempre più bravi nell’affrontare gli ostacoli che la vita ci pone davanti? A queste domande risponde una ricerca appena pubblicata su Plos One, la più importante rivista scientifica open source a livello mondiale. Lo studio è stato condotto dal Centro di ricerca dell’Università di Verona e Trento CERISM e ha coinvolto anche l’Università Cattolica di Milano e l’Università di Padova, grazie al lavoro di Pietro Trabucchi, Barbara Pellegrini, Aldo Savoldelli, Gianandrea Giacoma, Ilaria Vergine, Carlo Galimberti, Sara Garofalo e Federico Schena.

La ricerca ha preso in esame sette atleti partecipanti al TOR450 – Tor des Glaciers, un percorso di 450 km con 32.000 metri di dislivello positivo, tra passi sopra i 3.000 metri e assenza di segnali di orientamento. L’obiettivo dello studio, appena pubblicato, è stato duplice: identificare e classificare in tassonomie specifiche sia gli stressor – i fattori di stress incontrati durante la gara – sia le strategie di coping utilizzate dagli atleti per affrontarli. Tramite focus group, analisi tematica applicata e interviste quotidiane durante la competizione, i ricercatori hanno mappato come gli atleti gestiscono sonno, fatica, dolore e stress emotivo, distinguendo tra strategie funzionali, disfunzionali e nuove forme di coping legate all’esperienza.

Dallo studio emerge chiaramente che l’esperienza gioca un ruolo centrale: gli atleti più navigati sviluppano strategie più efficaci, capaci di modulare il ritmo di corsa, l’alimentazione e il sonno in modo consapevole. La categoria più frequente identificata è stata “Flessibilità e consapevolezza nella gestione di ritmo, sonno e alimentazione”, seguita da “Gestione emotiva efficace di eventi inaspettati” e “Avere procedure comprovate per affrontare le difficoltà più frequenti”. Al contrario, solo una minima parte delle strategie è risultata disfunzionale, confermando come la competenza maturata negli anni consenta di affrontare con successo anche le sfide più estreme.

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Questo dato evidenzia quanto la capacità di adattarsi costantemente alle esigenze del proprio corpo sia ritenuta cruciale dagli sportivi impegnati in discipline di endurance come l’ultra-trail. La flessibilità nel modulare il ritmo di corsa in base ai livelli di stanchezza percepita si rivela fondamentale per evitare situazioni di esaurimento fisico o, al contrario, il rischio di rallentamenti eccessivi che possono compromettere il passaggio alle barriere orarie. Gli atleti sottolineano l’importanza di ascoltare i segnali del proprio corpo, modificando l’intensità dell’impegno per mantenere una gestione energetica efficace e sostenibile lungo tutto il percorso. Anche sul piano alimentare, la capacità di trovare un equilibrio tra il fabbisogno energetico e la naturale tendenza al rifiuto del cibo dovuto alla fatica si dimostra essenziale. La gestione del sonno richiede un approccio altrettanto consapevole: non è possibile affidarsi a schemi rigidi o pause predefinite. L’atleta deve essere in grado di riconoscere quando il bisogno di riposo è diventato improrogabile, così come comprendere quando sia invece possibile proseguire ancora senza rischi. La lucidità nel valutare queste situazioni rappresenta un elemento chiave per mantenere la prestazione e la sicurezza durante gare particolarmente lunghe e impegnative.

I ricercatori hanno inoltre sottolineato l’importanza della gestione esperta degli stati interni: la capacità di monitorare e interpretare le proprie sensazioni corporee ed emotive, distinguendo tra segnali di reale pericolo e normale affaticamento, è fondamentale per mantenere lucidità e sicurezza in condizioni di estrema fatica e isolamento.

L’analisi dei punteggi di coping funzionale ha confermato che tutti gli atleti che hanno completato più del 50% del percorso hanno utilizzato prevalentemente strategie efficaci, con punteggi medi elevati. Questa osservazione suggerisce che la capacità di sviluppare coping funzionali si apprende soprattutto attraverso l’esperienza, consolidando competenze che possono risultare preziose non solo nella gara, ma anche nella vita quotidiana.

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I risultati dello studio offrono quindi un primo modello di tassonomie specifiche per l’ultra-trail estremo, aprendo la strada a ricerche future che potrebbero confrontare principianti ed esperti o sviluppare strumenti di formazione e consapevolezza per runner di tutte le discipline di endurance.

Questo confronto continuo con le proprie difficoltà permette agli sportivi di migliorare progressivamente la capacità di affrontare gli ostacoli, sia durante la gara che nella vita quotidiana. L’esperienza maturata nelle situazioni estreme della montagna offre così strumenti utili per gestire anche le sfide che si presentano al di fuori dell’ambito sportivo. In questo modo, la montagna si trasforma davvero in un laboratorio, in cui il contatto con i propri limiti e con le difficoltà si rivela, per molti, un’occasione di crescita personale e di evoluzione interiore. Questo non riesce a tutti ovviamente. La ricerca sottolinea come alcune persone facciano fatica ad apprendere dalle difficoltà, sviluppando strategie inefficaci invece che funzionali: ad esempio lamentarsi invece di tentare di risolvere i problemi, cercare alibi, attendere passivamente l’aiuto degli altri, catastrofizzare gli eventi o rinunciare a gestirli.

Lo studio è scaricabile gratuitamente a questo indirizzo: https://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0332058

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