L’Autonomia valdostana compie 65 anni. L’età della pensione, secondo coloro che sostengono la necessità di abolire o ridimensionare le regioni a statuto speciale. Come ogni anno l’anniversario è stato debitamente celebrato nella sala delle manifestazioni di place Deffeyes. I tre presidenti della Regione, del Consiglio regionale e del Celva hanno sottolineato nei loro corposi interventi l’importanza dell’Autonomia e dello Statuto Speciale per la Valle d’Aosta. Se l’anno scorso la chiusura era stata affidata all’ensemble Les voix de la Tour, quest’anno non ci sono state esibizioni musicali, e la cerimonia è terminata con il classico vin d’honneur. Tre le parole d’ordine sottolineate dai relatori, che, con la retorica tipica delle celebrazioni ufficiali, non hanno esattamente infiammato la platea: Responsabilità, dialogo e sacrificio.
Valle d’Aosta e Unità d’Italia
D’altra parte, il clima risente della crisi economica e politica generale, e l’austerità è d’obbligo. Sullo sfondo, è stato più volte evocato un altro importante anniversario, il centocinquantenario dell’unità d’Italia, che richiama immediatamente la questione del rapporto tra Regioni autonome e Stato centrale. Se qualcuno in questa occasione si aspettava un discorso più nello stile di Luis Durnwalder, presidente della Provincia autonoma di Bolzano, è rimasto deluso. Forse gli altoatesini, o sudtirolesi, come afferma il loro rappresentante istituzionale, non si sentono italiani, ma i valdostani sì. Secondo Alberto Cerise, presidente del Consiglio regionale, ragioni storiche e culturali ci hanno resi cittadini italiani di lingua francese, o francoprovenzale, almeno nel nostro stato originario. L’identità italiana dei valdostani, ha ribadito, è fuori discussione, ma si realizza nel costante dialogo con le radici francofone della popolazione, che 150 anni di appartenenza a una comune patria italiana non hanno soffocato. Insomma, siamo italiani speciali. Anche Augusto Rollandin ha reso omaggio, fin dalle sue prime parole, all’italianità dei valdostani, che – ha ricordato – come gli altri parteciparono al Risorgimento e alla Lotta di Liberazione. Piuttosto, ha aggiunto, il contributo essenziale dei valdostani andrebbe ricercato nel loro attaccamento al federalismo, di cui furono i primi teorici.
Il federalismo “chez nous”
L’esperienza autonoma valdostana andrebbe, secondo il presidente, studiata e presa a modello, ma così non è. “Oggi si discute di federalismo fiscale senza che ci sia un’impostazione federale della Repubblica, senza Senato Federale” ha affermato. “I progetti di legge presentati dai parlamentari valdostani e dal Consiglio regionale per l’istituzione di un bicameralismo perfetto non sono mai stati discussi. La soppressione dei ministeri che assumono competenze ormai chiaramente delle regioni, pur decisa con referendum abrogativi, non ha mai avuto esito”.
L’appello per il Nord Africa
I temi più caldi dell’attualità non sono stati tenuti del tutto fuori dalla porta. La situazione dell’Africa mediterranea, scossa da rivolte e da un vento di rinnovamento, ha offerto alcuni spunti di riflessione ad Alberto Cerise, che ha fatto appello alle istituzioni europee affinché si adoperino perfezionando le politiche dell’accoglienza e dell’integrazione, evitando lo scontro sociale.