Trattativa Stato-mafia, Brusca: ‘Riina me ne parlò dopo Capaci’

Era già stato ascoltato sulla trattativa
News Nazionali

Palermo, 10 ott. (Adnkronos) – "Totò Riina mi parlò della trattativa con lo Stato dopo la strage di Capaci e prima della strage di via D’Amelio". Lo ha detto il pentito Giovanni Brusca al processo a carico del generale Mario Mori e del colonnello Mauro Obinu, accusati di favoreggiamento aggravato a Cosa nostra per la mancata cattura del boss Bernardo Provenzano.

Brusca era già stato ascoltato sulla trattativa il 18 maggio scorso a Rebibbia. E in quell’occasione aveva parlato dell’incontro con Riina in cui il boss gli aveva riferito del ‘papello’, cioè le richieste avanzate dal capo mafia allo Stato per fare cessare la strategia stragista. Ma non aveva fornito la data dell’incontro con Riina e non era riuscito a ricordare se fosse avvenuto prima o dopo la strage del 19 luglio ’92 nella quale fu ucciso Borsellino.

Oggi, a inizio udienza, Brusca ha sottolineato: "Dopo l’audizione del 18 maggio sono tornato in cella e ho ricordato come sono andati i fatti. Incontrai Riina a casa di Girolamo Guddo e lì, dopo esserci appartati per una decina di minuti, mi disse: ‘finalmente si sono fatti sotto, gli ho consegnato il ‘papello’ con le richieste scritte (allo Stato ndr). In quella occasione me ne parlò per la prima volta. Sempre allora si vantava del fatto che erano stati mobilitati anche i servizi segreti anche se non era così".

E prosegue: "Ricordo adesso che l’incontro con Riina avvenne prima del 16 luglio quando andai a casa di Salvatore Biondino, il suo autista, per chiedere una cortesia. In quell’occasione Biondino mi disse: ‘siamo sotto lavoro’ e tre giorni dopo (dopo la strage di via D’Amelio ndr), capii di che cosa si trattava".

Brusca ricorda di avere incontrato Riina qualche giorno dopo a Mazara del Vallo per parlare dell’omicidio di Vincenzo Milazzo che sarebbe avvenuto da lì a poco. In quella circostanza, però, Riina non avrebbe parlato a Brusca del ‘papello’ con le richieste allo Stato. Il capo mafia avrebbe incontrato un’altra volta Brusca intorno al 20 agosto "alla presenza di Gioacchino La Barbera, Matteo Messina Denaro, Leoluca Bagarella". Parlando di stragi si era detto che "ci voleva un altro colpetto per fare tornare chi di competenza a trattare".

Il pentito racconta i retroscena dei falliti progetti di Cosa nostra. Poco prima della strage di via D’Amelio, in cui morirono il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti di scorta, Cosa nostra aveva stilato una lista di uomini politici da uccidere. Tra loro ci sarebbero stati i nomi di Calogero Mannino e Carlo Vizzini.

Il primo della lista sarebbe stato l’ex ministro Calogero Mannino, oggi senatore del Pid. E il boss aveva già ordinato ai ‘picciotti’, tra cui Brusca, di eseguire "dei sopralluoghi nei posti più frequentati dall’onorevole, come la segreteria in via Zandonai". Ma all’improvviso Riina decise di "sospendere l’uccisione di Mannino perché c’erano altre priorità. Tutto ciò accadde dopo la strage di Capaci".

"Fino a giugno del 1992 – ha detto collegato in videoconferenza – facevamo dei sopralluoghi per seguire gli spostamenti e le abitudini di Mannino. Ma poi è arrivato il ‘fermo’ e non ne seppi più nulla".

Brusca, deponendo per la terza volta, è tornato poi a parlare del fallito attentato all’Olimpico. "Io non avevo saputo nulla dell’attentato allo stadio Olimpico di Roma che la mafia voleva organizzare fino a quando Gaspare Spatuzza – ha raccontato – non mi disse che era in preparazione una ‘vendetta contro i carabinieri’. Non so il motivo. Non ricordo altro".

Già in passato Brusca aveva parlato del fallito attentato ma solo oggi ricorda che era stato il collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza a parlargli della bomba che avrebbe dovuto uccidere decine di carabinieri in servizio allo stadio. In altri processi Brusca aveva ribadito che l’attentato all’Olimpico si sarebbe dovuto eseguire "contro i carabinieri", perché era "una vendetta per chi non aveva mantenuto le promesse". Oggi ha spiegato di avere appreso da Spatuzza "del particolare della vendetta contro i carabinieri".

Al termine dell’udienza, il pm Antonino Di Matteo ha chiesto l’acquisizione di numerose circolari riservate del ministero dell’Interno scritte tra il 14 gennaio e il 31 marzo 1992 su "intensi allarmi per una campagna terroristica contro esponenti politici" dell’epoca.

In particolare, il pm ha chiesto al Tribunale di acquisire le circolari, tra cui telegrammi, fonogrammi e altri documenti sulla "possibile campagna di destabilizzazione con attentati nei confronti di esponenti politici".

Nel 1996 Brusca, dopo avere deciso di collaborare con i magistrati, disse ai pm che tra gli obiettivi di Cosa nostra c’erano anche esponenti politici, tra cui esponenti del governo, "come Calogero Mannino e Carlo Vizzini". Il pm parla, quindi, di esponenti politici nel mirino tra cui "personaggi dell’allora Dc, Psi e Ds". Sempre oggi il pm ha chiesto di produrre diversi articoli di stampa "successivi all’entrata in vigore del decreto del 41 bis", cioè il carcere duro per i boss, scritti tra l’8 giugno e i primi di luglio del ’92.

Vuoi rimanere aggiornato sulle ultime novità di Aosta Sera? Iscriviti alla nostra newsletter.

Articoli Correlati

Fai già parte
della community di Aostasera?

oppure scopri come farne parte