Aosta, la città che non sa di essere turistica

Grandi potenzialità, ma qualche problema di autostima oltre che di organizzazione turistica per una potenziale “star” delle nostre Alpi.
Marché Vert Noel 2010
Economia, Società

Queenstown, Nuova Zelanda. Bariloche, Argentina. Lillehammer, Norvegia. Innsbruck, Austria. Cosa hanno in comune queste località? Le prime due sicuramente il fatto di trovarsi in scenari molto simili, entrambe sulle sponde di un lago circondato da montagne. Le altre due sono state entrambe sede dei Giochi Olimpici Invernali. Tutte sono cittadine di medie dimensioni (Queenstown ha meno di 10000 abitanti ma per la media neozelandese è comunque una cittadina di dimensioni rispettabili). Ma soprattutto, tutte sono mete turistiche note a livello internazionale. Sono tra loro molto diverse, ma tutte hanno un minimo comune denominatore. Sono città che non sono nate da e per il turismo ma che ne fanno da molti anni una delle attività cardine della propria economia. Queenstown e Bariloche sono considerate vere e proprie capitali dell’outdoor a livello mondiale, ed anche Lillehammer e Innsbruck sono fortemente identificate con gli sport, soprattutto invernali.

Il collegamento tra queste realtà e la nostra può non essere immediatamente chiaro, ma lo diventerà subito se pensiamo a quali sono le caratteristiche del nostro capoluogo. Aosta è infatti una cittadina di medie dimensioni, nata prima della diffusione del fenomeno turistico, situata in un ambiente naturale di grande interesse, circondata dalle montagne e a poca distanza da centri sciistici e sportivi di richiamo. Aosta, al contrario delle realtà citate, non è una meta turistica di rilevanza internazionale ed anche a livello nazionale non è sempre percepita come un luogo di vacanza. In effetti basta guardare l’offerta ricettiva del capoluogo per rendersi conto di quanto sia poco sviluppata. Oltretutto diverse strutture hanno chiuso in tempi recenti, vittima di un costante calo nelle presenze negli ultimi 10 anni.

Non si tratta qui di muovere una critica fine a se stessa, ma anzi di sottolineare le grandi potenzialità a livello turistico di una destinazione come Aosta. Agli atout ambientali appena citati, Aosta abbina infatti un’indiscussa valenza artistico-culturale che la proietterebbe in una dimensione addirittura superiore rispetto agli esempi portati in apertura (forse la sola Innsbruck vanta un interesse pari o superiore da questo punto di vista). Inoltre, rispetto ad altre città “alpine” d’Italia come Trento e Bolzano, vanta una dimensione ben più “montana”. E’ infatti molto più vicina alle principali località della Valle d’Aosta (Courmayeur, La Thuile, Cogne e Cervinia sono tutte a meno di un’ora di auto) ed è addirittura collegata da un impianto di risalita a Pila, così che d’inverno si trasforma nell’unica città sci ai piedi d’Italia.

Va detto che negli ultimi anni l’Amministrazione ha lavorato per promuovere l’aspetto turistico e si sono moltiplicate le iniziative e gli eventi di interesse, che attraggono sempre più turisti (anche se la maggior parte delle volte si tratta in realtà di escursionisti ovvero di chi viene in giornata senza pernottare): oltre alla storica Fiera di Sant’Orso vanno citati, tra gli altri, i Mercatini di Natale, festival come Aosta Classica ed Aosta Blues&Soul, Expo Vini e diversi altri eventi.


Cosa manca quindi per fare il salto di qualità?
La prima cosa, come detto, è l’offerta ricettiva, ma certo è ovvio che se la domanda latita l’offerta fatica a svilupparsi, creando quindi un circolo vizioso. Sicuramente poi c’è un discorso di trasporti (punto dolente in particolare i collegamenti ferroviari) di infrastrutture turistiche, di animazione (locali notturni, apres-ski) e via dicendo. Una chiave di lettura interessante però potrebbe risiedere in un termine usato in precedenza, ovvero “percepita”. La percezione turistica di Aosta da parte del pubblico, ovvero il suo brand turistico è poco sviluppato, così come debole appare il suo posizionamento sul mercato. Il brand è quell’insieme di valori e caratteristiche con cui una destinazione si propone sul mercato, ma è soprattutto la percezione che il mercato ha di essa. Aosta dunque, forte delle sue caratteristiche naturali e culturali, potrebbe attivare una strategia aggressiva di branding, con la possibilità –portiamo un esempio- di posizionarsi come “capitale italiana dell’outdoor” , ma proponendosi anche come un’alternativa “culturale” a chi non vive si solo sport.

Certo, per fare questo non basta una campagna di comunicazione ben fatta, perché come sappiamo la comunicazione parte dal prodotto e lo stesso brand si basa prima di tutto su quella che è l’offerta reale. I prodotti chiave, in questo caso, potrebbero essere outdoor/avventura (trekking, sport acquatici e bici), sci e freeride, natura e tradizione (attività naturalistiche e “slow”, agriturismo ed enogastronomia a km 0). Sono naturalmente delle riflessioni teoriche, ma che hanno una solida base concreta, soprattutto data dalla valutazione delle risorse e dei competitor sul mercato. In questo caso si tratta solo di dare uno stimolo di riflessione, immaginare un traguardo sicuramente distante ma forse non inaccessibile come sembra.
 

 

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