Classificazione alberghiera: manca uniformità

Non sempre la categoria delle imprese ricettive rappresenta un univoco e veritiero contrassegno di qualità dei servizi. Viaggio nella classificazione alberghiera italiana ed europea, confusa e contraddittoria.
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Economia

Raccogliendo le sollecitazioni di alcuni lettori della nostra rubrica trattiamo in questo pezzo il tema della classificazione alberghiera. Causa una regolamentazione nazionale lacunosa e tutt’ora frammentata che prevede autonomia legislativa nelle varie regioni, la classificazione delle imprese ricettive rappresenta un tema annoso che stenta a trovare soluzioni adeguate. In effetti le normative vigenti a livello locale appaiono talvolta molto lontane tra loro e non sempre, a parità di categoria, riescono a garantire una qualità di servizi analoga.

Capita quindi che prenotare un hotel due stelle in città possa non avere nulla a che vedere con l’esperienza di un hotel due stelle di montagna o che in talune regioni esistano categorie (es. 3 stelle superior oppure 5 stelle lusso) altrove non contemplate. In realtà un passo verso un’uniformità era stato fatto attraverso il DPCM 21/10/2008 “Italy Stars and Rating” che avrebbe dovuto introdurre requisiti minimi comuni a tutte le regioni, ma il decreto non sembra aver prodotto ad oggi significativi miglioramenti. Le normative peraltro differiscono anche nei criteri di assegnazione delle categorie.

In Valle d’Aosta si utilizza un sistema a punteggio che classifica le strutture in base ai requisiti posseduti. L’attribuzione del livello di classificazione del conseguente numero di stelle è effettuata sulla base del punteggio ricavato dalla somma dei coefficienti numerici corrispondenti ai singoli requisiti posseduti. Le categorie consentite in Valle d’Aosta sono una, due, tre, tre superior, quattro, quattro superior e cinque stelle (sono 5 stelle lusso le strutture che rispettano gli standard degli esercizi di classe internazionale).

Risultato di queste difformità? Gli utenti comunicano tra loro sui media per scambiarsi messaggi, consigli sulle loro esperienze di vacanza, tra l’altro attribuendo anch’essi inevitabilmente un sistema di valutazione basato su stelle (vedi tripadvisor o booking). Infatti quando tutti questi fattori eterogenei si traducono in classificazione alberghiera, il risultato è spesso di difficile lettura per il consumatore, che anziché orientarsi tra standard omogenei finisce per cimentarsi in una improba caccia al tesoro. La situazione si complica con un improprio utilizzo delle diciture giuridiche che contraddistinguono le strutture ricettive, ecco che alberghi diventano B&B, affittacamere diventa meublé, motel o Chambre d’Hotes, RTA diventano CAV e alloggi si camuffano da agriturismi.

La discussione andrebbe poi ampliata a livello europeo dove, analogamente a quanto accade in Italia, la situazione è confusa: le stelle, i diamanti o altri simboli sono i “linguaggi” scelti per rafforzare la riconoscibilità e la trasparenza dell’offerta alberghiera nel mondo, vengono assegnate nei diversi paesi da organi con funzioni differenti e che soprattutto non seguono, nel processo di assegnazione, gli stessi criteri.
Purtroppo sebbene il processo di armonizzazione sia all’ordine del giorno da diverso tempo la situazione sembra lontana dall’essere definitivamente risolta eppure è chiaro a tutti che in un mercato su scala globale si tratta di leggerezze e contraddizioni che mal si sposano con i nuovi viaggiatori. Modalità di valutazione, segnali convenzionali, categorie di base, modalità di assegnazione e soprattutto di controllo devono trovare maggiore uniformità a tutela di tutto il settore.
 

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