Sono un lavoratore che, come molti altri, è costretto a viaggiare a Torino ogni giorno per poter lavorare. É una situazione pesante, ma, la nostra Regione non garantisce più il lavoro a tutti (perché, diciamoci la verità, l’occupazione in Valle é diventata un optional) e pertanto mi faccio forza e, rapportandomi agli altri miei colleghi viaggiatori, me ne faccio una ragione.
Il problema nasce però dal fatto che non è più sostenibile la situazione: mentre vi scrivo mi trovo seduto sul treno di ritorno a Chivasso con 55 minuti di ritardo. Non è una novità il ritardo dei treni, è la quotidianità di questa malsana abitudine che mi tormenta. Ho una famiglia, i miei due bambini che vorrebbero salutare il loro papà ma che, pur cercando di stare svegli, crollano dal sonno perché arrivo sempre in ritardo.
Non so con chi prendermela, con Trenitalia? Eppure non è il rancore verso la triste compagnia di trasporto che mi logora: è la mia Regione che mi delude, siamo Valdostani e non abbiamo la dignità di un popolo fiero. Non ci tuteliamo se non per proteggere i nostri prati per le reine, per ipotizzare lavori inutili quali metropolitane che coprono un tratto di strada che corrisponde alla lunghezza della banchina del binario di Torino Porta Susa etc. Si parla ora dell’insegnamento del patois nelle scuole: vi assicuro che mio figlio avrebbe bisogno di vedere più spesso il padre, lo renderebbe sicuramente più felice.
Era la regione del welfare e ora è un piccolo angolo isolato d’Italia. Cara Regione, mi rivolgo a te e ti chiedo di preoccuparti dei seri problemi che riguardano i tuoi cittadini tutti, anche i non "dipendenti regionali", la nostra casta privilegiata. E’ vergognoso quello che sta succedendo ai pendolari. E’ vergognoso che la nostra Regione non combatta per garantirci i servizi essenziali come i trasporti! Non è una scelta di comodo viaggiare per lavoro, noi tutti preferiremmo lavorare vicino a casa. Eppure una casa l’abbiamo in Valle, dove paghiamo le tasse e vogliamo essere tutelati. So che molti si riconosceranno in questa mia riflessione.
Domenico