Ieri, giovedì 28 febbraio 2013, ha chiuso la comunità per disabili psichici di Donnas. Con essa si chiude anche un pezzo di storia della psichiatria valdostana e una grossa fetta della mia vita professionale e non.
Era il 15 novembre 1988 quando un gruppo di operatori, dopo un corso di formazione organizzato dalla Cooperativa Via Antica Zecca e tenuto da psicologi, psichiatri e operatori sociali, apriva a Plan Felinaz, in convenzione con l’assessorato regionale alla Sanità, una comunità con 5 posti letto. Era la prima comunità riabilitativa residenziale che apriva in Valle d’Aosta, ed io, laureato da un anno e mezzo in psicologia, mi cimentavo per la prima volta con persone valdostane dimesse dal reparto psichiatrico dell’ospedale regionale o da altre strutture di fuori Valle.
Dopo un’iniziale diffidenza con il territorio, la comunità era riuscita a ben integrarsi, al punto da organizzare, anche con collaborazioni esterne, la “Festa dell’estate” per 5 anni consecutivi: un’occasione di gioco, di scambio con la gente del posto.
Nel 1995 la convenzione venne interrotta e la gestione della comunità, trasferita a Pont Suaz, presso locali pubblici fu affidata per 6 mesi, in forma diretta da parte dell’Assessorato regionale alla Sanità. La successiva gara d’appalto fu vinta dal Trait d’Union, che ne affidò la gestione alla Cooperativa L’Esprit à l’Envers, nata da una costola della Via Antica Zecca e composta dagli operatori che lavoravano a Plan Felinaz. E qui, non avendo più a disposizione il bel prato che circondava la comunità, si intensificarono le collaborazioni con la biblioteca di Charvensod per l’organizzazione delle feste patronali.
Nel 2005, essendosi resi disponibili altri locali di proprietà dell’azienda USL a Donnas, la comunità fu trasferita presso il poliambulatorio del distretto 4, non senza disagi per l’utenza e gli operatori. La gestione proseguì con la Cooperativa L’Esprit à l’Envers, dopo una controversa gara d’appalto espletata dall’azienda USL.
Ogni volta iniziare da capo, farsi conoscere dal territorio, incontrare le associazioni, le istituzioni, dialogare per costruire insieme, per inserire gli ospiti della comunità all’interno del nuovo contesto e della vita associativa locale.
Nel 2013 la chiusura: cosa rimarrà di quasi 25 anni di questa esperienza caratterizzata, di fatto, da una continuità gestionale? Mi piacerebbero che ci fossero altre reazioni alla mia domanda. Da parte mia posso vedere che rimane un sapere che rischia di disperdersi, che rimane un territorio (distretto 4) scoperto di servizi residenziali o semiresidenziali per la salute mentale, rimangono persone collocate in fretta e furia (4 settimane di tempo) in altre strutture o presso abitazioni autonome, rimangono 8 posti letto in meno in VdA a favore di persone con problemi psichiatrici, rimangono le famiglie più sole, rimangono meno opportunità di reinserimento sociale e lavorativo, rimane un vuoto culturale sul territorio, rimangono anni di investimento professionale e umano buttati al vento.
Massimo Giugler
(ex) psicologo comunità terapeutica Donnas