Pierre Lexert: un “omaggio tardivo” al cantore della francofonia

Ieri, nell'ambito delle Journées de la Francophonie, al Café Librairie di Aosta, appuntamento con Pierre Lexert, redattore capo dei Cahiers du Ru, autore in lingua francese premiato dall'Académie Française.
Pierre Lexert
Cultura

“Dopo questo bel ditirambo, posso morire tranquillo!” E’ con una certa dose di ironia che Pierre Lexert, 91 anni portati in modo invidiabile, ha accolto il discorso fortemente elogiativo con cui Rosanna Gorris Camos, professore titolare di letteratura francese all’Università di Verona, ha introdotto la serata di ieri al Café-Librairie di piazza Roncas, intitolata “Hommage à Pierre Lexert” e inserita nel calendario di appuntamenti delle Journées de la Francophonie. Con verve e vivacità Pierre Lexert, incalzato da Joseph Rivolin, ha raccontato aneddoti della propria vita e ha chiarito alcuni punti della propria poetica. Autore di racconti, poesie, articoli su argomenti di ogni tipo, e perfino di opere di design, Lexert è uno scrittore poliedrico e cosmopolita. “Penso che la piena maturità espressiva, per uno scrittore, arrivi tardivamente, credo di non avere mai scritto così bene come dopo gli 80 anni” ha raccontato al pubblico. “La scrittura è gioco e divertimento, una continua partita a scacchi. Sono sempre stato curioso di tutto, invecchiando però devo rinunciare alla possibilità di sperimentare molte vite, ho sempre meno bivi di fronte a me. Me ne andrò rimpiangendo il fatto di non potere più conoscere qualcosa di nuovo”.
Partito a Parigi da bambino, è sempre stato molto legato alla Valle d’Aosta, ed è tornato a viverci nel 1974, abbandonando la Francia ma non il francese: già accanito sostenitore dell’uso del francese in Valle d’Aosta all’epoca del fascismo e dopo la guerra, filo-annessionista, ha proseguito indefessamente su questa strada. Direttore dell’Ivac, istituto valdostano della cultura, e redattore in capo dei Cahiers du Ru – una delle sue creature più famose, considerata forse la migliore rivista letteraria di area francofona – Pierre Lexert ha ricevuto tantissimi riconoscimenti, compreso il Grand Prix de la langue et de la Littérature de l’Académie Française. “Ma in Valle d’Aosta ho trovato tanto ostracismo” ha affermato lo scrittore. “L’economia, e in generale il potere economico valdostano, si fondano sulla tesi del bilinguismo, anche se oramai i valdostani che parlano realmente francese sono pochissimi. Un autore che scrive in francese dovrebbe essere valorizzato, proprio perché incarna il bilinguismo tanto osannato. Eppure i miei ultimi libri non si trovano in nessuna libreria. In tanti anni questa è la prima volta che vengo invitato a una serata pubblica organizzata dalle autorità, non ho mai avuto nessun tipo di riconoscimento ufficiale, sono stato apertamente boicottato dai capricci di un assessore. Questo tardivo gesto di riparazione mi lascia stupefatto”.
All’indomani della seconda guerra mondiale, Lexert ha avuto un ruolo importante durante l’insurrezione filofrancese del 26 marzo 1946, come membro del Comité d’Action Valdôtaine di Parigi, ad Aosta per documentare quella che inizialmente doveva essere una pacifica dimostrazione. “Noi giornalisti francesi siamo stati arrestati, fatto che ha scatenato la furia popolare, accorsa davanti alla caserma di piazza Roncas. A Roma hanno avuto paura, per la prima volta i valdostani si sono mostrati violenti. Mi hanno fatto salire sul balcone dell’Hotel de Ville per arringare la folla, ma senza megafono ho potuto solo gesticolare con enfasi, prendendo a modello i grandi oratori dei film, suscitando comunque grandi ovazioni”. Un episodio ricordato con orgoglio da Lexert, ma che in realtà ancora divide le coscienze: a fare le spese dell’insurrezione fu Federico Chabod, l’allora presidente della Regione, schierato contro l’annessionismo, che venne malmenato e quasi defenestrato. Un mese dopo diede le dimissioni e si auto-esiliò dalla Valle d’Aosta, anche se la politica anti-annessionista risulto infine vincitrice.
Oggi il francese è parlato da meno dell’1% della popolazione, fatta eccezione per la “quota francese” dei programmi Rai regionali e per la curiosa francofonia a corrente alternata –una frase sì e una frase no – dei discorsi ufficiali dei politici regionali, al governo quanto all’opposizione. “Se entro in una boutique e parlo in francese mi chiedono da dove vengo, dando per scontato che se sono francofono non posso essere valdostano” ha concluso Pierre Lexert. “Oramai la mia patria mi sembra una terra straniera. L’unica cosa che possiamo fare, ormai, è cercare di preservare un nocciolo francofono, un’enclave all’interno della Valle d’Aosta”.
 

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